Cancelleria degli Ordini Dinastici della Real Casa di Epiro

La Cancelleria degli Ordini Dinastici della Real Casa d'Epiro, con il presente vuole rendere edotti tutti coloro che volessero presentare domanda di ammissione nell'Ordine Costantiniano di Epiro di contattare gentilmente il seguente indirizzo di posta elettronica : ordinessgeddiepiro@libero.it

Sperando di avere fatto opera gradita, la Cancelleria degli Ordini Dinastici della Real Casa d'Epiro, coglie l'occasione per porgere cavallereschi saluti.



venerdì 30 ottobre 2009

Domenica 1 Novembre TUTTI I SANTI

Festeggiare tutti i santi è guardare coloro che già posseggono l’eredità della gloria eterna. Quelli che hanno voluto vivere della loro grazia di figli adottivi, che hanno lasciato che la misericordia del Padre vivificasse ogni istante della loro vita, ogni fibra del loro cuore. I santi contemplano il volto di Dio e gioiscono appieno di questa visione. Sono i fratelli maggiori che la Chiesa ci propone come modelli perché, peccatori come ognuno di noi, tutti hanno accettato di lasciarsi incontrare da Gesù, attraverso i loro desideri, le loro debolezze, le loro sofferenze, e anche le loro tristezze. Questa beatitudine che dà loro il condividere in questo momento la vita stessa della Santa Trinità è un frutto di sovrabbondanza che il sangue di Cristo ha loro acquistato. Nonostante le notti, attraverso le purificazioni costanti che l’amore esige per essere vero amore, e a volte al di là di ogni speranza umana, tutti hanno voluto lasciarsi bruciare dall’amore e scomparire affinché Gesù fosse progressivamente tutto in loro. È Maria, la Regina di tutti i Santi, che li ha instancabilmente riportati a questa via di povertà, è al suo seguito che essi hanno imparato a ricevere tutto come un dono gratuito del Figlio; è con lei che essi vivono attualmente, nascosti nel segreto del Padre.

Prima lettura
Ap 7,2-4.9-14
Dopo queste cose vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua.

Dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo
Io, Giovanni, vidi salire dall’oriente un altro angelo, con il sigillo del Dio vivente. E gridò a gran voce ai quattro angeli, ai quali era stato concesso di devastare la terra e il mare: «Non devastate la terra né il mare né le piante, finché non avremo impresso il sigillo sulla fronte dei servi del nostro Dio».E udii il numero di coloro che furono segnati con il sigillo: centoquarantaquattromila segnati, provenienti da ogni tribù dei figli d’Israele.Dopo queste cose vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani. E gridavano a gran voce: «La salvezza appartiene al nostro Dio, seduto sul trono, e all’Agnello».E tutti gli angeli stavano attorno al trono e agli anziani e ai quattro esseri viventi, e si inchinarono con la faccia a terra davanti al trono e adorarono Dio dicendo: «Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen».Uno degli anziani allora si rivolse a me e disse: «Questi, che sono vestiti di bianco, chi sono e da dove vengono?». Gli risposi: «Signore mio, tu lo sai». E lui: «Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello».
Parola di Dio

Salmo responsoriale
Sal 23

Ecco la generazione che cerca il tuo volto, Signore.
Del Signore è la terra e quanto contiene:il mondo, con i suoi abitanti.È lui che l’ha fondato sui marie sui fiumi l’ha stabilito.
Chi potrà salire il monte del Signore?
Chi potrà stare nel suo luogo santo?Chi ha mani innocenti e cuore puro,chi non si rivolge agli idoli.
Egli otterrà benedizione dal Signore,giustizia da Dio sua salvezza.Ecco la generazione che lo cerca,che cerca il tuo volto, Dio di Giacobbe.

Seconda lettura
1Gv 3,1-3
Vedremo Dio così come egli è.

Dalla prima lettera di san Giovanni apostolo
Carissimi, vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! Per questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto lui. Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è.Chiunque ha questa speranza in lui, purifica se stesso, come egli è puro.
Parola di Dio
Canto al Vangelo (Mt 11,28)
Alleluia, alleluia.
Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro.
Alleluia.

Vangelo
Mt 5,1-12a
Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli.

+ Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito,perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto,perché saranno consolati.
Beati i miti,perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi,perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore,perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace,perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia,perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».
Parola del Signore
Fonte: www.lachiesa.it

Sabato della XXX settimana del Tempo Ordinario - Vangelo del Giorno

Vangelo
Lc 14,1.7-11
Chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato.

+ Dal Vangelo secondo Luca
Un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo.Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cédigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».

Parola del Signore

Venerdì della XXX settimana del Tempo Ordinario - Vangelo del Giorno

Vangelo
Lc 14,1-6
Chi di voi, se un figlio o un bue gli cade nel pozzo, non lo tirerà fuori subito in giorno di sabato?

+ Dal Vangelo secondo Luca
Un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo. Ed ecco, davanti a lui vi era un uomo malato di idropisìa. Rivolgendosi ai dottori della Legge e ai farisei, Gesù disse: «È lecito o no guarire di sabato?». Ma essi tacquero. Egli lo prese per mano, lo guarì e lo congedò. Poi disse loro: «Chi di voi, se un figlio o un bue gli cade nel pozzo, non lo tirerà fuori subito in giorno di sabato?». E non potevano rispondere nulla a queste parole.
Parola del Signore

giovedì 29 ottobre 2009

Giovedì della XXX settimana del Tempo Ordinario - Vangelo del Giorno

Vangelo
Lc 13,31-35
Non è possibile che un profeta muoia fuori di Gerusalemme.

+ Dal Vangelo secondo Luca
In quel momento si avvicinarono a Gesù alcuni farisei a dirgli: «Parti e vattene via di qui, perché Erode ti vuole uccidere». Egli rispose loro: «Andate a dire a quella volpe: “Ecco, io scaccio demòni e compio guarigioni oggi e domani; e il terzo giorno la mia opera è compiuta. Però è necessario che oggi, domani e il giorno seguente io prosegua nel cammino, perché non è possibile che un profeta muoia fuori di Gerusalemme”.Gerusalemme, Gerusalemme, tu che uccidi i profeti e lapidi quelli che sono stati mandati a te: quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una chioccia i suoi pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto! Ecco, la vostra casa è abbandonata a voi! Vi dico infatti che non mi vedrete, finché verrà il tempo in cui direte: “Benedetto colui che viene nel nome del Signore!”».

Parola del Signore

mercoledì 28 ottobre 2009

Cavaliere - uomo nuovo

Nel corso del Medioevo si sviluppò un complesso rituale che variava per magnificenza a seconda del grado del cavaliere. I cavalieri , che diventarono una realtà importante e distinta dai semplici soldati a partire dal sec.X , entravano a far parte di una casta di guerrieri a cui toccava rispettare un rigido codice d'onore. La cerimonia d'investitura di un cavaliere, , molto semplice all'inizio ( i cavalieri venivano toccati sul capo con il piatto della spada) divenne nel corso dei secoli sempre più articolata e ricca di atti simbolici. In una della forme più complesse, al termine di una notte di veglia in solitudine - lo spazio della notte, del silenzio ha di per sè un valore sacro- il cavaliere veniva ammesso all'atto di investitura in cui gli era consegnata l'armatura e riceveva uno schiaffo da parte di chi compiva la cerimonia: l'unico schiaffo a cui egli, non avrebbe dovuto ricambiare con la vendetta. Trattavasi di un atto di sottomissione , di disciplina davanti all'ordine costituito , di riconoscimento di una gerarchia di cui il nuovo cavaliere diventava difensore , seguendo un codice di regole molto precise a cui era stato educato . il motto tipico del cavaliere era : " La mia anima a Dio, la mia vita al re , il mio cuore alla mia dama , l'onore a me". A differenza del vassallo ( feudatario)che è tenuto alla fedeltà verso il suo signore , il cavaliere deve essere fedele a questi ideali : l'onore,la fede, la difesa dei deboli e degli oppressi, delle donne,della chiesa. Nel corso del sec. XII la cavalleria diventò l'espressione di un modo di comportarsi e dell'adesione ad una serie di valori. Non di rado i cavalieri provenivano da svariate classi sociali , sebbene la grande maggioranza era costituita da nobili. Se proveniva dai ceti umili, il cavaliere arrivava all'investitura dopo un lungo percorso iniziatico : da bambino veniva inviato a servire presso i nobili perchè ne assimilasse i modi e veniva detto "paggio"; dopo i 14 anni diventava scudiero e serviva il suo signore prenendosi cura di armi e cavalli , sinchè arrivava il momento in cui era ritenuto degno dell'investitura.In questo caso , non era necessario scomodare un grande signore : a nominare cavaliere bastava un altro semplice cavaliere , che ne aveva diritto in quanto depositario di quel codice d'onore in cui consisteva l'essenza della cavalleria ( tout chevalier a le droit de faire des chevaliers) ogni cavaliere ha il dirito di nominare altri cavalieri. L'atto dell'investitura era ed è ancora come un grande spettacolo che deve ben imprimersi nella mente di tutti ed essere conservato nella memoria collettiva e ancor di più agli ideali a cui si è trasportati.
Fonte: Cav. Rosario La Rosa

La Cavalleria Cristiana nei tempi odierni

La parola Cavalleria, e l'aggettivo Cristiano in modo particolare, nei tempi odierni sono divenuti termini desueti.Voci contrastanti si alzano in discussioni infinite per il pro ed il contro, la libertà dell’individuo cozza contro la morale dello stesso, una autarchia imperante ha buttato alle ortiche tutte le nostre tradizioni e i nostri costumi. Oggi la morale si basa sulla lunghezza delle gonne, sul conto in banca e sulla matrice della sessualità. La cavalleria era nata per la difesa dei più deboli, con uno stile di vita austero e parco nei costumi. La cristianità ha aggiunto una missione nella missione: la carità! Ma ciò non significa la sottomissione ad altre culture o costumi. “Sono Cavaliere per lo stile di vita e sono Cristiano per la fede in Dio”. Il cavaliere cristiano una sola volta s’inginocchia e pronuncia due giuramenti: uno di fedeltà a quello stile di vita e l’altro di credere in quel Dio che per la suprema carità, salì sul calvario per noi tutti.

Mercoledì della XXX settimana del Tempo Ordinario - Vangelo del giorno

Vangelo
Lc 6,12-19
Ne scelse dodici ai quali diede anche il nome di apostoli.

+ Dal Vangelo secondo Luca
In quei giorni, Gesù se ne andò sul monte a pregare e passò tutta la notte pregando Dio. Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede anche il nome di apostoli: Simone, al quale diede anche il nome di Pietro; Andrea, suo fratello; Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso; Giacomo, figlio di Alfeo; Simone, detto Zelota; Giuda, figlio di Giacomo; e Giuda Iscariota, che divenne il traditore.Disceso con loro, si fermò in un luogo pianeggiante. C’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidòne, che erano venuti per ascoltarlo ed essere guariti dalle loro malattie; anche quelli che erano tormentati da spiriti impuri venivano guariti. Tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che guariva tutti.
Parola del Signore

martedì 27 ottobre 2009

BOLLA EPISCOPALE

In Nomine Sanctissimae Trinitatis. Amen !
Omnibus et Singules has Litteran

Inspecturis: Salutem, Pacem, Benedictionem !

Nós, Revmo Dr. Dom Ricardo Lorite de Lima, por Mercê de Deus e da Santa Madre Igreja, Una, Católica e Apostólica, Bispo da Igreja de Cristo, Primaz Metropolitano da Igreja Anglicana do Brasil, Arcebispo da Arquidiocese Thomas Cranmer da Province of Saint Peter da The Communion of Evangelical Episcopal Churches.

“Sacra Bula de Consagração, Elevação e Confirmação”

Pelo teor das Presentes Letras, em exercício de Nossas Prerrogativas Arquiepiscopais, imprescritíveis e inalienáveis, reconhecidas por Nossos Pares e Semelhantes em seu valor histórico, na qualidade e direito respectivo, de motu próprio, com espírito esclarecido e certo, suplicando na medida do necessário o consentimento de quem tenha ou considera ter algum interesse próprio na matéria, escutando e convalidando o decidido pela Câmara Episcopal desta Santa Igreja, por ser justa, reunido na Santa terra Protegida de Deus do Brasil, no mês de Outubro, de acordo com os Sagrados Cânones que dirige os destinos da Cristandade, em virtude de Nossas Prerrogativas que provem por direito de Sagração, por Investidura e Reconhecimento de Nossos Predecessores Apostólicos, Reverendíssimos e Augustíssimos Padres, Decidindo, Decretando e Promulgando, Elevamos e Consagramos, Reconhecemos e Confirmamos, querendo dar testemunho de distinguida estima e apreço a Nosso Caríssimo filho:

Dom Davide Pozzi Sacchi di Santa Sofia

Rei de Epiro, Cristianíssimo Gran Príncipe,Chefe Jurídico e Nome e de Armas da Dinastia Epirota.

Nós, achamos certo e justo, depois de madura reflexão e atenta análise histórico-genealógico Nomear, Reconhecer e Confirmar Como efetivamente Nomeamos, Reconhecemos e Confirmamos a:

Sua Alteza Real

Gran Príncipe

Dom Davide Pozzi Sacchi di Santa Sofia

Como:

Legítimo Pretendente e Chefe Jurídico da Soberana Casa Real de Epiro

Dei Gratia :

Sua Magestade Real

Davide di Santa Sofia

Rei de Epiro no Exílio, Gran Príncipe do Reino de Epiro, Príncipe di Santa Sofia, Duque de Forcheim, Marqués de Tornese, Conde de Santa Maura, Conde de Caorso, Barão de San Fiorano, Barão do Sacro Palácio Lateranense e Senhor de Azzanello e Acqualunga, Gran Maestro Soberano das Ordens da Casa Real de Epiro: la Orden Ecuestre del Águila de Epiro, la Orden al Mérito del Águila de Epiro, la Orden Costantiniana de San Jorge e San Demetrio de Epiro, la Orden al Mérito Civil e la Cruz al Mérito.

Conferir poder, tão amplo e bastante como em direito for necessário a favor de Dom Davide Pozzi Sacchi di Santa Sofia, legítimo sucessor da Dinastia Epirota, Consagrado e Elevado Gran Príncipe, segundo o Direito Internacional Público e segundo o Direito Nobiliário para selar um Tratado Bilateral de Cooperação e Perpétua Fraternidade entre as Casas Nobiliárias, Nomear Ministros e Embaixadores Extraordinários ou Plenipotenciários, Cônsules, Agregados Culturais e outros Oficiais dos Serviços Diplomáticos. Intercambiar e Outorgar Títulos de Nobreza entre Casas Nobres e Nomear Cavaleiros paras as Grandes Ordens da Cara Real de Epiro. Dentro destas prerrogativas dadas, está também a de Derrogar, aquelas Concessões e Direitos Nobiliários emanados dele mesmo.

Afirmamos e Reconhecemos na pessoa de Sua Alteza Real Gran Príncipe Dom Davide Pozzi Sacchi di Santa Sofia o “Ius Maiestatis” e o “Ius Honorum”, permanecem efetivos e ativos, perpétuos e para sempre.

Afirmamos a Genealogia da Augustíssima Casa Real de Epiro e Suas Linhas Sucessórias com designação Oficial e Dinástica investida com Regência Hereditária e Perpétua, com Direito Inalienável e Imprescritível

Assim a Soberana Casa Real de Epiro ostenta ademais os Direitos de Sangue, procedente das Linhagens, Direitos Soberanos Inerentes das Igrejas Ortodoxas Históricas. Por isso e como Legítimo Herdeiro será considerado Custódio da Tradição Cristã Ortodoxa, como Guardião das Tradições de Seu Povo, sendo em especial “Grand Protecteur de la Sainte Eglise Orthodoxe d'Epire”.

De agora em diante esta Santa Igreja Anglicana reconhece a Sua Alteza Real Gran Príncipe Dom Davide Pozzi Sacchi di Santa Sofia como, Legítimo Soberano do Estado de seus Antepassados.

Por tanto, queremos e consentimos por Nós mesmos e por Nosso Sucessores que sejam válidos e considerados este Reconhecimento e Confirmação como Gran Príncipe e Representante Apto como Perpétua, Irrevogável e Inalienável, sem permitir nem consentir que se vá ou se venha contra ele, direta ou indiretamente, em toda parte, investido com as prerrogativas irrevogáveis e próprias do Jus Majestats, Jure Sanguinis, Fons Honrum, Jus Soleil, Jus Diom plena independência soberana, para todos os efeitos do Direito Nobiliário Internacional e Comparado, com todos os Privilégios, Potestades e Honras inerentes aos Títulos de Nobreza com Insígnia Próprias, hereditária e transmitíveis “In Perpetuum ad Infinitud” até a consumação dos séculos para o Pretendente e para Seus Descendentes diretos e indiretos, por linhas masculina e feminina, seja Firme, Estável, Válida e Irrevogável perpetuamente.

E por ser toda Augusta decisão, Aceitamos, Confirmamos e Assumimos, com confiança e, Jesus Cristo, e em Deus Pai, e por amor a Sua Verdadeira Igreja, a livre e augusta Decisão e Soberana Vontade e firmamos de próprio punho e Selamos em testemunho Perpétuo.

Dado e passado no Gabinete do Arcebispo Primaz Metropolitano, na Cidade de Ribeirão Preto, Estado de São Paulo, aos 18 dias do mês de Outubro de 2009, 29º Domingo do Tempo Comum, Quarto Ano de Nossa Sagração Episcopal. Segue assinado, aposto o Brasão de Armas e o Selo Episcopal.


WW Revmo Dr. Dom Ricardo Lorite de Lima

Arcebispo Primaz Metropolitano da Igreja Anglicana do Brasil

Arquidiocese Thomas Cranmer da Province of Saint Peter

The Communion of Evangelical Episcopal Churches.

Martedì della XXX settimana del Tempo Ordinario-Vangelo del giorno

Vangelo
Lc 13,18-21
Il granello crebbe e divenne un albero.

+ Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, diceva Gesù: «A che cosa è simile il regno di Dio, e a che cosa lo posso paragonare? È simile a un granello di senape, che un uomo prese e gettò nel suo giardino; crebbe, divenne un albero e gli uccelli del cielo vennero a fare il nido fra i suoi rami».E disse ancora: «A che cosa posso paragonare il regno di Dio? È simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata».

Parola del Signore

venerdì 23 ottobre 2009

XXX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

L’evangelista Marco che ascoltiamo quest’anno ci presenta le azioni e le parole di Gesù durante il suo viaggio a Gerusalemme. Viaggio sicuramente topografico, ma anche e soprattutto simbolico. Questa strada che Gesù percorre con entusiasmo - “Gesù li precedeva” - e dove i discepoli lo seguono con diffidenza o inquietudine - “essi erano spaventati, e coloro che seguivano erano anche timorosi” (Mc 10,32) - qui arriva al termine. Ecco il contesto della lettura sulla quale meditiamo oggi. Al termine del cammino, oggi incontriamo un cieco. Un cieco, che, in più, è un mendicante. In lui c’è oscurità, tenebre, e assenza. E attorno a lui c’è soltanto il rigetto: “Molti lo sgridavano per farlo tacere”. Gesù chiama il cieco, ascolta la sua preghiera, e la esaudisce. Anche oggi, qui, tra coloro che il Signore ha riunito, “ci sono il cieco e lo zoppo” (prima lettura) - quello che noi siamo -; ed è per questo che le azioni di Gesù, che ci vengono raccontate, devono renderci più pieni di speranza. È nel momento in cui termina il viaggio di Gesù a Gerusalemme (e dove termina il ciclo liturgico), che un mendicante cieco celebra Gesù e lo riconosce come “Figlio di Davide”, o Messia; e questo mendicante riacquista la vista e “segue Gesù per la strada”. È un simbolo, un invito. Chiediamo al Signore che ci accordi la luce della fede e ci dia vigore, affinché lo seguiamo come il cieco di Gerico, fino a che non avremo raggiunto la Gerusalemme definitiva.

Prima lettura
Ger 31,7-9
Riporterò tra le consolazioni il cieco e lo zoppo.

Dal libro del profeta Geremìa
Così dice il Signore: «Innalzate canti di gioia per Giacobbe,esultate per la prima delle nazioni,fate udire la vostra lode e dite:“Il Signore ha salvato il suo popolo,il resto d’Israele”.Ecco, li riconduco dalla terra del settentrionee li raduno dalle estremità della terra;fra loro sono il cieco e lo zoppo,la donna incinta e la partoriente:ritorneranno qui in gran folla.Erano partiti nel pianto,io li riporterò tra le consolazioni;li ricondurrò a fiumi ricchi d’acquaper una strada dritta in cui non inciamperanno,perché io sono un padre per Israele,Èfraim è il mio primogenito».
Parola di Dio

Salmo responsoriale
Sal 125


Grandi cose ha fatto il Signore per noi.

Quando il Signore ristabilì la sorte di Sion,ci sembrava di sognare.Allora la nostra bocca si riempì di sorriso,la nostra lingua di gioia.
Allora si diceva tra le genti:«Il Signore ha fatto grandi cose per loro».Grandi cose ha fatto il Signore per noi:eravamo pieni di gioia.
Ristabilisci, Signore, la nostra sorte,come i torrenti del Negheb.Chi semina nelle lacrimemieterà nella gioia.
Nell’andare, se ne va piangendo,portando la semente da gettare,ma nel tornare, viene con gioia,portando i suoi covoni.

Seconda lettura
Eb 5,1-6Tu
sei sacerdote per sempre, secondo l’ordine di Melchìsedek.

Dalla lettera agli Ebrei
Ogni sommo sacerdote è scelto fra gli uomini e per gli uomini viene costituito tale nelle cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati. Egli è in grado di sentire giusta compassione per quelli che sono nell’ignoranza e nell’errore, essendo anche lui rivestito di debolezza. A causa di questa egli deve offrire sacrifici per i peccati anche per se stesso, come fa per il popolo.Nessuno attribuisce a se stesso questo onore, se non chi è chiamato da Dio, come Aronne. Nello stesso modo Cristo non attribuì a se stesso la gloria di sommo sacerdote, ma colui che gli disse: «Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato», gliela conferì come è detto in un altro passo:«Tu sei sacerdote per sempre,secondo l’ordine di Melchìsedek».
Parola di Dio
Canto al Vangelo (Cf 2Tm 1,10)
Alleluia, alleluia.
Il salvatore nostro Cristo Gesù ha vinto la mortee ha fatto risplendere la vita per mezzo del Vangelo.
Alleluia.

Vangelo
Mc 10,46-52
Rabbunì, che io veda di nuovo!

+ Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, mentre Gesù partiva da Gèrico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!». Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!». Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!». Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Va’, la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada.
Parola del Signore
Fonte:www.lachiesa.it

mercoledì 21 ottobre 2009

Mercoledì della XXIX settimana del Tempo Ordinario - Vangelo del Giorno

Vangelo
Lc 12,39-48
A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto.

+ Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».Allora Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?». Il Signore rispose: «Chi è dunque l’amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così. Davvero io vi dico che lo metterà a capo di tutti i suoi averi. Ma se quel servo dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda a venire”, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli infedeli. Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche. A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più».
Parola del Signore

martedì 20 ottobre 2009

Martedì della XXIX settimana del Tempo Ordinario - Vangelo del Giorno

Vangelo
Lc 12,35-38
Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli.

+ Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito. Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro!».

Parola del Signore

venerdì 16 ottobre 2009

XXIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Gesù reagisce vivamente di fronte alla minaccia che pesa ancora una volta sulla sua comunità a causa dell’ambizione sfrenata di avere i primi posti, di conquistare il potere. La sua lezione è molto severa, quasi solenne. Egli propone in compenso una nuova economia sociale: quella di una comunità senza potere la cui sola regola è servire, fino a offrire la propria vita per i fratelli, bevendo il calice fino all’ultima goccia. E per tutti i suoi membri, perché tutti sono fratelli. All’immagine del capo che comanda si oppone quella del capo che serve. Ed ecco che i capi avranno paradossalmente un solo compito: servire. Il suo prototipo è il Messia, diventato piuttosto il Figlio dell’uomo, schiavo di tutti gli schiavi, per il riscatto dei quali egli offre quello che possiede e quello che è: tutto. Perché egli applica una tecnica poco impiegata per guarire la società umana, l’omeopatia: la schiavitù di Gesù e la nostra guariranno giustamente tutta l’umanità dalla sua schiavitù endemica. Egli ha appena formulato il suo progetto di comunità, la sua carta “costituzionale”, alla quale tutti i partecipanti devono aderire: ognuno è servitore di tutti.

Prima lettura
Is 53,10-11
Quando offrirà se stesso in sacrificio di riparazione, vedrà una discendenza.

Dal libro del profeta Isaìa
Al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori.Quando offrirà se stesso in sacrificio di riparazione,vedrà una discendenza, vivrà a lungo,si compirà per mezzo suo la volontà del Signore.Dopo il suo intimo tormento vedrà la lucee si sazierà della sua conoscenza;il giusto mio servo giustificherà molti,egli si addosserà le loro iniquità.
Parola di Dio

Salmo responsoriale
Sal 32

Donaci, Signore, il tuo amore: in te speriamo.

Retta è la parola del Signoree fedele ogni sua opera.Egli ama la giustizia e il diritto;dell’amore del Signore è piena la terra.
Ecco, l’occhio del Signore è su chi lo teme,su chi spera nel suo amore,per liberarlo dalla mortee nutrirlo in tempo di fame.
L’anima nostra attende il Signore:egli è nostro aiuto e nostro scudo.Su di noi sia il tuo amore, Signore,come da te noi speriamo.

Seconda lettura
Eb 4,14-16
Accostiamoci con piena fiducia al trono della grazia.

Dalla lettera agli Ebrei
Fratelli, poiché abbiamo un sommo sacerdote grande, che è passato attraverso i cieli, Gesù il Figlio di Dio, manteniamo ferma la professione della fede. Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia prendere parte alle nostre debolezze: egli stesso è stato messo alla prova in ogni cosa come noi, escluso il peccato. Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia per ricevere misericordia e trovare grazia, così da essere aiutati al momento opportuno.
Parola di Dio

Canto al Vangelo (Mc 10,45)
Alleluia, alleluia.
Il Figlio dell’uomo è venuto per servire e dare la propria vita in riscatto per molti.
Alleluia.

Vangelo
Mc 10,35-45
Il Figlio dell’uomo è venuto per dare la propria vita in riscatto per molti.

+ Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: «Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo». Egli disse loro: «Che cosa volete che io faccia per voi?». Gli risposero: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra». Gesù disse loro: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?». Gli risposero: «Lo possiamo». E Gesù disse loro: «Il calice che io bevo, anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato».Gli altri dieci, avendo sentito, cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni. Allora Gesù li chiamò a sé e disse loro: «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».
Parola del Signore.
Forma breve (Mc 10, 42-45):
Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, Gesù chiamò a sé i Dodici e disse loro: «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».
Parola del Signore
Fonte:www.lachiesa.it

Sabato 17 Ottobre Sant'Ignazio di Antiochia

Sant'Ignazio di Antiochia

Nelle tre virtù teologali la speranza si trova tra la fede e la carità: si appoggia alla fede e dà slancio alla carità. Avere molta speranza è come orientarsi verso la cima di una montagna: chi vuoi raggiungerla desidera superare tutti gli ostacoli per poter contemplare il meraviglioso panorama che si gode dall'alto. Sant'Ignazio d'Antiochia era colmo di un'immensa speranza; non assomigliava a quelli che san Paolo descrive nella lettera ai Filippesi, privi di speranza perché sono "tutti intenti alle cose della terra". Nella lettera agli Efesini san Paolo attribuisce alla mancanza di speranza tutta l'immoralità del mondo pagano: non avendo speranza, si sono abbandonati ai loro desideri impuri, che li trascinano in basso. I cristiani invece sono uomini e donne ricchi di una grande speranza, sanno di essere cittadini del cielo "e di là aspettano come Salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso". Anche il Signore, nel Vangelo di oggi, ci anima a una grande speranza: la speranza di conservare la nostra vita per la vita eterna, di essere con lui dove egli e, cioè nella gloria del Padre, di essere onorati dal Padre: "Se uno mi serve, il Padre lo onorerà". "Chi ha questa speranza dice san Giovanni si conserva puro". E la speranza a dare la forza di resistere alle tentazioni, a dare il coraggio di resistere nelle difficoltà. Nella Colletta della messa di oggi chiediamo a Dio che la passione di sant'Ignazio di Antiochia sia per noi fonte di fortezza nella fede. Perché possiamo pregare cosi? Perché essa è una manifestazione di grande speranza. Sant'Ignazio ha avuto il coraggio di perdere la vita per guadagnarla. Scrivendo ai Romani egli dice: "C'è in me un'acqua viva che mi sussurra: Vieni al Padre!". E l'espressione della sua speranza: la parola di Cristo è diventata in lui come una sorgente che vuol zampillare fino al Padre. Egli ardeva dal desiderio di guadagnare Cristo e per questo vedeva la necessità di essere simile a lui nella passione, di essere macinato dai denti delle belve per diventare frumento di Cristo. "Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto", leggiamo nel Vangelo. Nella sua grande speranza egli corre incontro al martirio, con un coraggio intrepido; scrive ai Romani di non intervenire per allontanare da lui quelle sofferenze che sono la ragione della sua speranza, perché grazie ad esse potrà ricevere la più grande grazia di Dio, la vittoria del martirio e infine la gloria di essere accanto a Cristo. Ed ora Ignazio splende ai nostri occhi come un santo ardente di fervore e di amore, che ci fa vergognare dei nostri atteggiamenti di fronte alle piccole difficoltà della nostra vita. Il Signore vuol darci molto; per questo ci manda qualche sofferenza, che dovrebbe non diminuire ma far crescere la nostra speranza. Come san Paolo scrive ripetutamente, dovremmo poter dire: "Noi ci vantiamo anche nelle tribolazioni, ben sapendo che la tribolazione produce la pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza". Ed è una speranza che non delude.

Vangelo
Lc 12,8-12
Lo Spirito Santo vi insegnerà in quel momento ciò che bisogna dire.

+ Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io vi dico: chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anche il Figlio dell’uomo lo riconoscerà davanti agli angeli di Dio; ma chi mi rinnegherà davanti agli uomini, sarà rinnegato davanti agli angeli di Dio.Chiunque parlerà contro il Figlio dell’uomo, gli sarà perdonato; ma a chi bestemmierà lo Spirito Santo, non sarà perdonato.Quando vi porteranno davanti alle sinagoghe, ai magistrati e alle autorità, non preoccupatevi di come o di che cosa discolparvi, o di che cosa dire, perché lo Spirito Santo vi insegnerà in quel momento ciò che bisogna dire».
Parola del Signore
Fonte:www.lachiesa.it

Venerdì della XXVIII settimana del Tempo Ordinario - Vangelo del Giorno

Vangelo
Lc 12,1-7
Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati.

+ Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, si erano radunate migliaia di persone, al punto che si calpestavano a vicenda, e Gesù cominciò a dire anzitutto ai suoi discepoli: «Guardatevi bene dal lievito dei farisei, che è l’ipocrisia. Non c’è nulla di nascosto che non sarà svelato, né di segreto che non sarà conosciuto. Quindi ciò che avrete detto nelle tenebre sarà udito in piena luce, e ciò che avrete detto all’orecchio nelle stanze più interne sarà annunciato dalle terrazze.Dico a voi, amici miei: non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo e dopo questo non possono fare più nulla. Vi mostrerò invece di chi dovete aver paura: temete colui che, dopo aver ucciso, ha il potere di gettare nella Geènna. Sì, ve lo dico, temete costui. Cinque passeri non si vendono forse per due soldi? Eppure nemmeno uno di essi è dimenticato davanti a Dio. Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate paura: valete più di molti passeri!».
Parola del Signore

Fonte: www.lachiesa.it

giovedì 15 ottobre 2009

Santa Teresa d'Avila - Vangelo del Giorno

Santa Teresa è stata riconosciuta dottore della Chiesa perché nei suoi scritti ha saputo esprimere i segreti della vita spirituale e spiegarli agli altri, parlando veramente dall'abbondanza del cuore. E un piacere leggere i suoi scritti, per la spontaneità dello stile che li fa assomigliare non a dei trattati di teologia, ma ad una viva conversazione con una donna colma di Dio e che appunto racconta come ha incontrato Dio su tutte le sue strade, come ha lavorato con Dio per fondare ovunque carmeli che fossero centri di intensa vita spirituale. Il passo della lettera ai Romani evoca la fecondità interiore della santa e capiamo che tutta la sua dottrina veniva proprio da un cuore formato dallo Spirito Santo. Ella stessa parla della forza delle sue aspirazioni spirituali, della loro profondità; si tratta veramente di gemiti, come dice san Paolo: "Lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, intercede per noi con gemiti inesprimibili". "Salvàti nella speranza", noi gemiamo verso Dio. Questa vita "spirituale" nel senso più forte del termine, unisce santa Teresa alle tre Persone divine, e lo si comprende meglio leggendo i versetti successivi a quelli riportati, che già parlano dello Spirito di Dio che prega in noi con gemiti inesprimibili. La nostra preghiera è in noi stessi l'attività di Dio, del suo Spirito, se è preghiera autentica, se è preghiera cristiana. Non sono parole di sapienza umana, non sono un'invenzione umana: è l'attività dello Spirito in noi, che cerca di penetrare il nostro essere, di trasformarlo per slanciarci in Dio, per approfondire in noi il desiderio di Dio, per dare uno slancio fortissimo verso il Pa dre. Questo grido dello Spirito in noi è espresso nel salmo di ingresso: "L'anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente", anela a Dio, perché già abbiamo gustato la vita di Dio, perché siamo abitati da Dio. "E Dio che scruta i cuori sa quali sono i desideri dello Spirito": c'è una corrispondenza tra ciò che Dio vuole per noi e ciò che in noi lo Spirito realizza secondo la volontà di Dio. Ora tutto questo continua la lettera di Paolo – è affinché diventiamo simili al Figlio, perché "quelli che egli da sempre ha conosciuto li ha anche predestinati ad essere conformi all'immagine del Figlio suo". Lo Spirito ci è dato per mezzo del Figlio. È per la parola del Figlio che possiamo ricevere in noi lo Spirito; è per il sacrificio del Figlio che otteniamo in noi la vita di Dio, che è vita dello Spirito: l'acqua viva, simbolo dello Spirito Santo, è ormai unita al sangue uscito dal fianco di Cristo; è dunque attraverso Cristo che riceviamo lo Spirito che ci slancia verso il Padre, trasformandoci a immagine del Figlio. E il nostro cuore diventa un cuore buono perché in esso vive la Trinità. Dice un passo del Vangelo che l'uomo buono estrae cose buone dal suo cuore. Noi non possiamo pretendere che il nostro cuore sia buono: è lo Spirito che venendo vi porta la vita di Dio e lo trasforma, in modo che possiamo estrarre dal suo tesoro cose buone per coloro che avviciniamo. E ciò che ha fatto Teresa d'Avila. Ha spalancato il suo cuore a tutta la forza della vita divina che veniva a lei da Cristo e dallo Spirito e che la lanciava verso Dio e da questo cuore colmo di Dio ha estratto tesori di vita spirituale per tutti quelli che le erano affidati e per le generazioni successive. Domandiamo al Signore la stessa fiducia di santa Teresa e di aprire il nostro cuore all'azione dello Spirito Santo che ci viene da Gesù e ci conduce al Padre.

Vangelo
Lc 11,47-54
Sarà chiesto conto del sangue di tutti i profeti: dal sangue di Abele fino al sangue di Zaccarìa.

+ Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, il Signore disse: «Guai a voi, che costruite i sepolcri dei profeti, e i vostri padri li hanno uccisi. Così voi testimoniate e approvate le opere dei vostri padri: essi li uccisero e voi costruite. Per questo la sapienza di Dio ha detto: “Manderò loro profeti e apostoli ed essi li uccideranno e perseguiteranno”, perché a questa generazione sia chiesto conto del sangue di tutti i profeti, versato fin dall’inizio del mondo: dal sangue di Abele fino al sangue di Zaccarìa, che fu ucciso tra l’altare e il santuario. Sì, io vi dico, ne sarà chiesto conto a questa generazione. Guai a voi, dottori della Legge, che avete portato via la chiave della conoscenza; voi non siete entrati, e a quelli che volevano entrare voi l’avete impedito».Quando fu uscito di là, gli scribi e i farisei cominciarono a trattarlo in modo ostile e a farlo parlare su molti argomenti, tendendogli insidie, per sorprenderlo in qualche parola uscita dalla sua stessa bocca.
Parola del Signore

La Casa Imperiale Etiope e i suoi Ordini Cavallereschi

La Casa Imperiale d’Etiopia è la più antica Casa Sovrana del mondo, secondo la tradizione risalirebbe a Re Salomone ed alla Regina di Saba. Dispone di numerosi ordini cavallereschi con una storia decisamente interessante. L’ultimo ad essere stato fondato, in ordine di tempo, è stato l’Ordine Imperiale Etiopico di S. Maria di Zion, questa è la sua esatta denominazione. Consta di cinque classi, dalla più bassa, quella di Cavaliere, a quella più alta di Gran Collare; è aperto, come ormai avviene per tutti gli ordini, sia ad uomini che a donne. La fondazione risale al 2001 quando S.A.I. il Principe Zere Yacob Asfa Wossen Haile Selassie, che ha di diritto il titolo, l’autorità e la dignità di Capo Imperiale di tutti gli Ordini, prese la decisione di procedere alla sua erezione. Nella primavera del 2003, poi, Egli nominò suo cugino S.A.I. il Principe Philip Makonnen Haile Selassie primo Gran Maestro dell’Ordine e procedette alla nomina di S.A.I. il Principe Stefanos Mengesha Seyoum come Cancelleriere Imperiale dell’ordine stesso. Per quel che riguarda S.A.I. il Principe Philip egli è nato il 18 marzo 1954 ad Addis Abeba, è figlio del Duca di Harrar ed è nipote di S.M.I. Haile Selassie. Numerosi sono i discendenti di S.M.I. Haile Selassie e tutti fanno parte del Consiglio della Corona; la linea di successione al Trono è descritta nella prima sezione della Costituzione del 1955. La Casa Imperiale, dal 1974, risiede all’estero a seguito del colpo di stato effettuato dal Derg che operò una rivoluzione comunista nel paese. Dopo il colpo di stato il paese fu trasformato in una repubblica nell’orbita, allora, della Unione Sovietica. Verso la fine degli anni Novanta, caduto il comunismo il paese divenne una repubblica federale. Oggi solo Stephanos vive in Etiopia, tutti gli altri membri della Casa Imperiale, tuttavia, pur dall’esilio, seguono le vicende etiopiche. Gli altri ordini della Casa Imperiale sono l’Ordine del Sigillo di Salomone, l’Ordine di Salomone, l’Ordine della Regina di Saba, l’Ordine della Trinità, l’Ordine di Menelik II, l’Ordine della Stella d’Onore dell’Impero Etiopico ed il Salomonico Ordine di Merito. L’Ordine del Sigillo di Salomone fu creato dal Negus Giovanni IV nel 1874 ed in origine si chiamava Croce di Salomone; era in tre classi e si dice che fu il Consigliere italiano Naretti a spingere il sovrano ad istituire tale ordine. Sotto il regno di Menelik divenne in cinque classi più una categoria speciale. Ras Tafari Makonnen, sotto la Reggenza dell’Imperatrice Zauditu, nel 1922, istituì il collare riservato a Sovrani stranieri, non risulta però che tale collare sia mai stato concesso prima che lo stesso fosse incoronato Imperatore nel 1930. In seguito il collare divenne ordine a se stante col nome Ordine di Salomone e la concessione fu molto rara. L’Ordine della Regina di Saba fu istituito nel 1922, era solo per donne di sangue reale e non fu conferito prima del 1930. L’Ordine della Trinità fu istituto dopo l’ascesa al trono di Haile Selassie, è conferito per servizi prestati al trono sia in campo civile che militare e fu concesso a diversi reggimenti etiopi nella guerra italo-etiopica e nella guerra successiva contro gli italiani nel periodo 1936-1941. L’Ordine di Menelik II fu fondato nel 1924 da Ras Tafari Makonnen, è uno degli ordini etiopi più prestigiosi ed è citato talvolta anche come Ordine del Leone di Giuda o Ordine del Leone d’ Etiopia. Nel 1996 il Consiglio della Corona stabilì di trarne due ordini diversi con diverse decorazioni e differente nastro. Le decorazioni dei vari ordini etiopici furono solitamente prodotte da Arthus-Bertrand di Parigi, mentre le decorazioni dell’ Ordine del Leone furono e sono prodotte da Spink a Londra. L’Ordine della Stella d’Onore dell’Impero Etiopico fu invece fondato da Menelik II nel 1884-85 come Negus dello Scioà; egli diventò Imperatore 26 anni dopo, nel 1889. È in cinque classi e, una curiosità, il titolo dell’investito della Gran Croce è Negus, perchè tale rango è conferito solo a sovrani. Vi è poi un gran numero di medaglie per benemerenze militari e civili. Per quel che riguarda i titoli nobiliari essi non erano conferiti solo dall’ Imperatore, ma anche dai re delle differenti regioni etiopiche: il sistema dei titoli era molto più complesso di quello europeo ed erano circa una trentina, oggi si tende a cercare di riportarli al modello europeo.

mercoledì 14 ottobre 2009

Mercoledì della XXVIII settimana del Tempo Ordinario - Vangelo del giorno

Vangelo
Lc 11,42-46
Guai a voi, farisei; guai a voi dottori della legge.

+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, il Signore disse: «Guai a voi, farisei, che pagate la decima sulla menta, sulla ruta e su tutte le erbe, e lasciate da parte la giustizia e l’amore di Dio. Queste invece erano le cose da fare, senza trascurare quelle. Guai a voi, farisei, che amate i primi posti nelle sinagoghe e i saluti sulle piazze. Guai a voi, perché siete come quei sepolcri che non si vedono e la gente vi passa sopra senza saperlo».Intervenne uno dei dottori della Legge e gli disse: «Maestro, dicendo questo, tu offendi anche noi». Egli rispose: «Guai anche a voi, dottori della Legge, che caricate gli uomini di pesi insopportabili, e quei pesi voi non li toccate nemmeno con un dito!».

Parola del Signore

Fonte: www.lachiesa.it

martedì 13 ottobre 2009

Martedì della XXVIII settimana del Tempo Ordinario - Vangelo del giorno

Vangelo
Lc 11,37-41
Date in elemosina, ed ecco, per voi tutto sarà puro.

+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, mentre Gesù stava parlando, un fariseo lo invitò a pranzo. Egli andò e si mise a tavola. Il fariseo vide e si meravigliò che non avesse fatto le abluzioni prima del pranzo. Allora il Signore gli disse: «Voi farisei pulite l’esterno del bicchiere e del piatto, ma il vostro interno è pieno di avidità e di cattiveria. Stolti! Colui che ha fatto l’esterno non ha forse fatto anche l’interno? Date piuttosto in elemosina quello che c’è dentro, ed ecco, per voi tutto sarà puro».
Parola del Signore

Fonte: www.lachiesa.it

lunedì 12 ottobre 2009

Lunedì della XXVIII settimana del Tempo Ordinario - Vangelo del Giorno

Vangelo
Lc 11,29-32
Non sarà dato alcun segno a questa generazione, se non il segno di Giona.

+ Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, mentre le folle si accalcavano, Gesù cominciò a dire:«Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona. Poiché, come Giona fu un segno per quelli di Nìnive, così anche il Figlio dell’uomo lo sarà per questa generazione. Nel giorno del giudizio, la regina del Sud si alzerà contro gli uomini di questa generazione e li condannerà, perché ella venne dagli estremi confini della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Salomone. Nel giorno del giudizio, gli abitanti di Nìnive si alzeranno contro questa generazione e la condanneranno, perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Giona».
Parola del Signore

Fonte: www.lachiesa.it

Guido Dettoni della Grazia, artista e cavaliere

Fra gli appartenenti all’ Ordine Equestre dell’Aquila d’Epiro si segnala il noto artista internazionale Guido Dettoni della Grazia. Sue opere sono esposte nei più grandi musei di arte moderna del mondo e, fin dal 2000, ad Assisi, in occasione del Giubileo, è stata aperta una sua mostra d'arte permanente dedicata alla Vergine Maria presso la chiesa di S. Maria delle Rose. L’ ingresso è libero e la mostra d'arte religiosa è visitabile tutti i giorni dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 15.00 alle 18.00 (da novembre a febbraio apre dal venerdì alla domenica, dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 14.30 alle 17.30). Per informazioni contattare NESHER Associazione Culturale tel. 335.6311674 http://www.nesher.org/
I Principi d’Epiro, alcuni anni fa, ebbero modo di conoscere l’arte del maestro che fu investito per i suoi meriti culturali cavaliere dell’ Ordine Equestre dell’Aquila d’Epiro ed il maestro donò una sua preziosa scultura al Principe ed alla Principessa.

Petizione contro la condanna a morte di Mohammad-Reza Ali-Zamani

Sosteniamo insieme Mohammad-Reza Ali-Zamani contro la dittatura della Repubblica islamica dell' Iran.
Mohammad-Reza Ali-Zamani (37 anni) è un militante monarchico, membro della Associazione della Monarchia dell'Iran, un movimento con sede negli Stati Uniti, ma fuori legge nella Repubblica islamica. Egli l' 8 agosto scorso è comparso innanzi al tribunale rivoluzionario di Teheran. Mohammad Reza Ali Zamani è stato appena condannato a morte per il suo ruolo nel movimento di protesta che ha scosso la Repubblica islamica, dopo l'elezione presidenziale di giugno su ci grava il sospetto di essere stata viziata da grossi brogli. Si tratta della prima pena capitale pronunciata dalla giustizia iraniana contro uno dei partecipanti alle manifestazioni che hanno fatto seguito alla contestata rielezione di Mahmoud Ahmadinejad alla presidenza della Repubblica, elezioni tenutesi il 12 giugno scorso. Mohammad Zamani fa parte delle 140 persone processate dopo i disordini di inizio estate.Il verdetto è stato pronunciato lunedì, dopo il trasferimento del giovane monarchicodella prigione di Évin al nord di Teheran al tribunale rivoluzionario. La Conferenza Internazionale Monarchica (CIM) invita tutti i partiti, movimenti, gruppi ed organizzazioni politici monarchici, tutti i giornali, riviste, siti Internet e blog monarchici a mobilitarsi per salvare Mohammad-Reza Ali-Zamani.Ma, oltre all'impegno politico di Mohammad-Reza Ali-Zamani, è tutta la Comunità internazionale che deve oggi mobilitarsi per salvare la vita di un prigioniero politico condannato a morte per il semplice fatto della sua opposizione ad una dittatura islamista illegittima e teocratica.
Insieme, salviamo Mohammad-Reza Ali-Zamani!
Libertà per Mohammad-Reza Ali-Zamani!
Libertà per il popolo iraniano!
Libertà per la nazione iraniana!
Conferenza Internazionale Monarchica
Collettivo per la liberazione di Mohammad-Reza Ali-Zamani.freezamani@monarchiste.com
Sg. Sylvain ROUSSILLON Segretario generale del CIMhttp://internationale.monarchiste.com

venerdì 9 ottobre 2009

XXVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Quest’uomo sembrava avere tutto. Egli era ricco e, in più, obbediva ai comandamenti divini. Si è rivolto a Gesù perché voleva anche la vita eterna, che desiderava fosse come una assicurazione a lunga scadenza, come quella che si ottiene da una grande ricchezza. Gesù aveva già annunciato che per salvare la propria vita bisognava essere disposti a perderla, cioè che per seguirlo occorreva rinnegare se stessi e portare la propria croce (Mc 8,34-35). L’uomo era sincero e si guadagnò uno sguardo pieno d’amore da parte di Gesù: “Una sola cosa ti manca, decisiva per te. Rinuncia a possedere, investi nel tesoro del cielo, e il tuo cuore sarà libero e potrà seguirmi”. Ma né lo sguardo né le parole di Gesù ebbero effetto. Quest’uomo, rattristato, certo, ha tuttavia preferito ritornare alla sicurezza che gli procurava la propria ricchezza. Non ha potuto o voluto capire che gli veniva offerto un bene incomparabilmente più prezioso e duraturo: l’amore di Cristo che comunica la pienezza di Dio (Ef 3,18-19). Paolo lo aveva capito bene quando scrisse: “Tutto ormai io reputo spazzatura, al fine di guadagnare Cristo... si tratta di conoscerlo e di provare la potenza della sua risurrezione...” (Fil 3,8-10).

Prima lettura
Sap 7,7-11Al
confronto della sapienza stimai un nulla la ricchezza.

Dal libro della Sapienza
Pregai e mi fu elargita la prudenza,implorai e venne in me lo spirito di sapienza.La preferii a scettri e a troni,stimai un nulla la ricchezza al suo confronto,non la paragonai neppure a una gemma inestimabile,perché tutto l’oro al suo confronto è come un po’ di sabbiae come fango sarà valutato di fronte a lei l’argento.L’ho amata più della salute e della bellezza,ho preferito avere lei piuttosto che la luce,perché lo splendore che viene da lei non tramonta.Insieme a lei mi sono venuti tutti i beni;nelle sue mani è una ricchezza incalcolabile.
Parola di Dio

Salmo responsoriale
Sal 89

Saziaci, Signore, con il tuo amore: gioiremo per sempre.
Insegnaci a contare i nostri giornie acquisteremo un cuore saggio.Ritorna, Signore: fino a quando?Abbi pietà dei tuoi servi!
Saziaci al mattino con il tuo amore:esulteremo e gioiremo per tutti i nostri giorni.Rendici la gioia per i giorni in cui ci hai afflitti,per gli anni in cui abbiamo visto il male.
Si manifesti ai tuoi servi la tua operae il tuo splendore ai loro figli.Sia su di noi la dolcezza del Signore, nostro Dio:rendi salda per noi l’opera delle nostre mani,l’opera delle nostre mani rendi salda.

Seconda lettura
Eb 4,12-13
La parola di Dio discerne i sentimenti e i pensieri del cuore.

Dalla lettera agli Ebrei
La parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, fino alle giunture e alle midolla, e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore. Non vi è creatura che possa nascondersi davanti a Dio, ma tutto è nudo e scoperto agli occhi di colui al quale noi dobbiamo rendere conto.
Parola di Dio
Canto al Vangelo (Mt 5, 3)
Alleluia, alleluia.
Beati i poveri in spirito,perché di essi è il regno dei cieli.
Alleluia.

Vangelo
Mc 10,17-30
Vendi quello che hai e seguimi.

+ Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre”». Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni.Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?». Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio».Pietro allora prese a dirgli: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà».
Parola del Signore.
Forma breve (Mc 10, 17-27):
Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre”». Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni.Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?». Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio».
Parola del Signore
Tratto da: www.lachiesa.it

Sabato della XXVII settimana del Tempo Ordinario - Vangelo del giorno

Vangelo
Lc 11,27-28
Beato il grembo che ti ha portato! Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio.

+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, mentre Gesù parlava, una donna dalla folla alzò la voce e gli disse: «Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato!». Ma egli disse: «Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!».

Parola del Signore

Tratto da: www.lachiesa.it

Venerdì della XXVII settimana del Tempo Ordinario - Vangelo del Giorno

Vangelo
Lc 11,15-26
Se io scaccio i demòni con il dito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio.

+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, [dopo che Gesù ebbe scacciato un demonio,] alcuni dissero: «È per mezzo di Beelzebùl, capo dei demòni, che egli scaccia i demòni». Altri poi, per metterlo alla prova, gli domandavano un segno dal cielo. Egli, conoscendo le loro intenzioni, disse: «Ogni regno diviso in se stesso va in rovina e una casa cade sull’altra. Ora, se anche Satana è diviso in se stesso, come potrà stare in piedi il suo regno? Voi dite che io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl. Ma se io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl, i vostri figli per mezzo di chi li scacciano? Per questo saranno loro i vostri giudici. Se invece io scaccio i demòni con il dito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio.Quando un uomo forte, bene armato, fa la guardia al suo palazzo, ciò che possiede è al sicuro. Ma se arriva uno più forte di lui e lo vince, gli strappa via le armi nelle quali confidava e ne spartisce il bottino. Chi non è con me, è contro di me, e chi non raccoglie con me, disperde.Quando lo spirito impuro esce dall’uomo, si aggira per luoghi deserti cercando sollievo e, non trovandone, dice: “Ritornerò nella mia casa, da cui sono uscito”. Venuto, la trova spazzata e adorna. Allora va, prende altri sette spiriti peggiori di lui, vi entrano e vi prendono dimora. E l’ultima condizione di quell’uomo diventa peggiore della prima».

Parola del Signore

Tratto da: www.lachiesa.it

giovedì 8 ottobre 2009

Giovedì della XXVII settimana del tempo Ordinario - Vangelo del Giorno

Vangelo
Lc 11,5-13
Chiedete e vi sarà dato.

+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse ai discepoli: «Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: “Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli”, e se quello dall’interno gli risponde: “Non m’importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani”, vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono.Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!».

Parola del Signore

Fonte: www.lachiesa.it

mercoledì 7 ottobre 2009

Beata Maria Vergine del Rosario

E’ chiaro il motivo che ha ispirato per la festa del Rosario la scelta di questo Vangelo: contiene le prime parole dell'Ave Maria: "Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te", che ripetiamo tante volte quando preghiamo il Rosario. E un modo di metterci alla presenza di Maria e nello stesso tempo alla presenza del Signore, perché "il Signore è con lei", di rimanere in maniera semplice con la Madonna, rivivendo con lei tutti i misteri della vita di Gesù, tutti i misteri della nostra salvezza. Il Vangelo dell'annunciazione a prima vista ci presenta un solo mistero, ma se guardiamo bene vi si trovano tutti i misteri del Rosario: l'annunciazione, ma anche la visitazione, perché vi si nomina Elisabetta, e il Natale di Gesù: "Concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù". Anche i misteri gloriosi sono annunciati: "Sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore gli darà il trono di Davide suo padre... e il suo regno non avrà fine". E nella risurrezione e ascensione che Gesù riceve la dignità di re messianico, la gloria eterna nel regno del Padre. Dunque, misteri gaudiosi e misteri gloriosi. Sembra che manchino quelli dolorosi, ma troviamo anche quelli, non descritti, ma nel loro principio. Pensiamo alla risposta di Maria all'annuncio dell'Angelo: non è un grido di trionfo, ma una parola di umiltà: "Eccomi, sono la serva del Signore", che la mette in profonda consonanza con il Servo del Signore annunciato da Isaia, il Servo che sarà glorificato, ma prima umiliato, condannato, ucciso, "trafitto per i nostri delitti". Maria sa, per ispirazione dello Spirito Santo, che i misteri gloriosi non possono avvenire senza passaggio attraverso l'obbedienza fiduciosa e dolorosa al disegno divino. I misteri del Rosario sono una sola unità, ed è importante sapere che in ogni mistero gaudioso ci sono in radice tutti i misteri gloriosi e anche i dolorosi, come via per giungere alla gloria. Chiediamo alla Madonna di aiutarci a capire profondamente l'unità del mistero di Cristo, perché esso si possa attuare nei suoi diversi aspetti in tutti gli eventi della nostra vita. Mi piace riportare, a proposito della preghiera del Rosario, un piccolo testo che trovai anni fa in una rivista benedettina: "Dì il tuo Rosario dice Dio e non fermarti ad ascoltare gli sciocchi che dicono che è una devozione sorpassata e destinata a morire. Io so che cos'è la pietà, nessuno può dire che non me ne intendo, e ti dico che il Rosario mi piace, quando è recitato bene. I Padre Nostro, le Avemarie, i misteri di mio Figlio che meditate, sono Io che ve li ho dati. Questa preghiera te lo dico io è come un raggio di Vangelo, nessuno me la cambierà. Il Rosario mi piace dice Dio semplice e umile, come furono mio Figlio e sua Madre...". Rinnoviamo, se è necessario, la nostra stima per il Rosario. Certo, bisogna pregarlo con rispetto, ed è meglio dirne due decine senza fretta che cinque di corsa. Ma detto con tranquillità è un modo di essere in compagnia di Maria alla presenza di Gesù.

Vangelo
Lc 11,1-4
Signore, insegnaci a pregare.

+ Dal Vangelo secondo Luca
Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite:Padre,sia santificato il tuo nome,venga il tuo regno;dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano,e perdona a noi i nostri peccati,anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore,e non abbandonarci alla tentazione».
Parola del Signore
Tratto da:www.lachiesa.it

martedì 6 ottobre 2009

Martedì della XXVII settimana del Tempo Ordinario - Vangelo del Giorno

Vangelo
Lc 10,38-42
Marta lo ospitò. Maria ha scelto la parte migliore.

+ Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò. Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi. Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».
Parola del Signore

Casa di Candia


"La Casa d´Epiro intrattiene rapporti di amicizia con la Casa di Candia, ilcui capo è il Principe Sovrano di Tessalonica, Principe Reale di Cipro e diGerusalemme e legittimo erede di tutti i Titoli della sua Dinastia; dettititoli sono internazionalmente riconosciuti in virtù delle Bolle di UrbanoIII, Urbano VIII ed Inocenzo X, emanate dalla Santa Sede. Il Principe è pureGran Maestro dell'Ordine di Sant'Eulalia, Conte del Sacro Romano Impero edAccademico della Pontificia Accademia Tiberina in Roma come membroeffettivo. Il Principe ha accettato da tempo di rappresentare la Casad´Epiro in Portogallo e Spagna. http://www.tesalonica.es.tl/ "

lunedì 5 ottobre 2009

COMUNICATO

Real Casa d'Epiro
Cancelleria degli Ordini Dinastici
La Cancelleria degli Ordini Dinastici della Real Casa d'Epiro, con il presente vuole rendere edotti tutti coloro che volessero presentare domanda di ammissione nell'Ordine Equestre dell'Aquila d'Epiro o nell'Ordine Costantiniano di San Giorgio e San Demetrio d'Epiro di contattare gentilmente il seguente indirizzo di posta elettronica : ordinessgeddiepiro@libero.it
Sperando di avere fatto opera gradita, la Cancelleria degli Ordini Dinastici della Real Casa d'Epiro, coglie l'occasione per porgere cavallereschi saluti.

Lunedì della XXVII settimana del Tempo Ordinario Vangelo del Giorno

Vangelo
Lc 10,25-37
Chi è il mio prossimo?

+ Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, un dottore della Legge si alzò per mettere alla prova Gesù e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». Gli disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai».Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gèrico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levìta, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».
Parola del Signore

Ecumenismo della Casa d'Epiro


Dom Ricardo Lorite de Lima è il Vescovo al centro


La Casa d'Epiro, poichè il Gran Principe è Capo della Santa Chiesa Ortodossa Autocefala d'Epiro, si occupa di ecumenismo ed ha rapporti di amicizia con la Santa Chiesa Anglicana del Brasile, presieduta da S.E. l'Arcivescovo Dom Ricardo Lorite de Lima. Il Gran Principe lavora incessantemente affinchè le Chiese cristiane collaborino in spirito di fraternità per promuovere la dignità dell' uomo e la realizzazione di una società veramente cristiana. Delle Chiese nate dalla cosiddetta riforma la Chiesa Anglicana è quella che ha maggior punti di contatto, a livello di dottrina, con il cattolicesimo e con l' ortodossia e, fra le Chiese della riforma è l' unica ad avere successione apostolica. Ivi il sito di detta Chiesa http://www.igrejaanglicana.com/

Principe Philip Tafari Makonnen


S.A.I. il Principe Philip Tafari Makonnen

Fra i membri illustri dell’Ordine Equestre dell’Aquila d’Epiro vi è S.A.I. il Principe Philip Tafari Makonnen, nipote di Hailè Selassiè, ultimo imperatore d’Etiopia. Egli è figlio di S.A.I il Duca di Harrar, è nato il 18 Marzo 1954 ad Addis Abeba e fa parte del Consiglio della Corona etiopica. Dopo il colpo di stato del 1974 la famiglia imperiale d’Etiopia si è trasferita all’ estero. Il Principe Philip vive ora negli Stati Uniti ed è Gran Maestro dell’ Ordine Imperiale di Santa Maria di Zion. Il 1 Novembre 2004 S.A.I. il Principe Philip, in segno di stima, nominò il Gran Principe d’Epiro Davide Pozzi Sacchi di Santa Sofia Cavaliere di Gran Croce dell’ Ordine Imperiale di Santa Maria di Zion ed il 2 Marzo 2005 lo nominò Cugino onorifico col diritto a fregiarsi del titolo di Sua Altezza Imperiale e rappresentante in Italia di tale ordine cavalleresco. Il Gran Principe d’Epiro ricambiò nominando S.A.I. il Principe Philip Tafari Makonnen Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine Equestre dell’Aquila d’Epiro.

Ecumenismo degli Ordini dinastici della Casa d’Epiro


Padre Ramiro Anzit Guerrero
Cavaliere dell’ Ordine Equestre dell’Aquila d’Epiro

Gli ordini dinastici della Casa d’Epiro sono aperti a tutte le persone di buona volontà e di integra condotta, indipendentemente dalla loro religione. Fra i nostri cavalieri merita di essere menzionato padre Ramiro Anzit Guerrero, cittadino argentino. Prima di accedere alla carriera ecclesiastica si è laureato in legge presso l’ Università del Salvador, ha poi conseguito due specializzazioni, una in diritto penale, presso la stessa Università, l’ altra in studi strategici presso l’ Istituto Universitario della marina argentina. Parla quattro lingue, fra cui l’arabo. Nonostante la giovane età ha già insegnato alla Sorbona di Parigi ed è stato professore associato alla sapienza di Roma. E’ diacono della Chiesa Anglicana e responsabile della Missione anglicana “San Paolo” a Buenos Aires. E’ pure membro della commissione ecumenica dell’ Anglican Independent Communion (AIC). E’ stato insignito del cavalierato dell’ Ordine Equestre dell’Aquila d’Epiro nel 2003.

venerdì 2 ottobre 2009

Delegazione russa della Real Casa d'Epiro


Barone Commendator Valery Yegorov, presidente del CHR


La Casa d'Epiro ha un proprio delegato in Russia, si tratta del Barone Commendator Valery Yegorov, presidente del CHR Collegium Heraldicum Russiae http://www.armorial.ru/index_it.htm Il Commendator Yegorov, già collaboratore del Capo di Casa Romanov, è attualmente, fra l' altro, l'araldista della Casa d'Epiro e dei suoi ordini dinastici Il Collegio Araldico Russo fu ricostituito nel 1991, dopo la caduta del comunismo, sotto l'Alto Patronato di Sua Altezza Imperiale il Granduca Vladimir Kirillovich (1917 – 1992), nella sua veste di Capo della Casa Imperiale Russa dei Romanov e registrato secondo le leggi della Federazione russa come associazione senza fini di lucro nel Maggio 1995 (Reg. No. 2757). Il Collegio Araldico russo realizza eccellenti opere araldiche, Diplomi Armoriali in stile russo e registrazione nella Matricula Armorum (Sezione Speciale), come servizio araldico a livello mondiale. Essendo stato registrato a norma di legge presso il Ministero Russo della Giustizia, il CHR è ora il solo corpo non governativo che può legittimamente, in quella nazione, in accordo coi suoi Statuti: – "Creare, produrre, registrare, e pubblicare stemmi per individui ed enti". Il Gran Principe d' Epiro, membro del CHR, ha curato la traduzione italiana del sito ed ha curato pure la traduzione della blasonatura dello stemma imperiale russo.

Cantico delle Creature

Altissimo, onnipotente, bon Signore
Tue so' le laude, la gloria et l'honore
et onne benedictione.
A te solo, Altissimo, se konfanno
Et nullo homo ene digno te mentovare.
Laudato si', mi' Signore, cum tucte le tue creature,
specialmente messer lo frate sole
lo quale è iorno et allumini noi per lui,
et ellu è bellu e radiante, cum grande splendore:
de te, Altissimo, porta significatione.
Laudato si', mi' Signore, per sora luna e le stelle:
in celu l'ài formate clarite et pretiose et belle.
Laudato si', mi' Signore, per frate vento
et per aere et nubilo et sereno et onne tempo,
per lo quale alle tue creature dai sostentamento.
Laudato si', mi' Signore, per sora acqua,
la quale è molto utile et humileet pretiosa et casta.
Laudato si', mi' Signore, per frate focu
per lo quale enallumini la nocte
ed ello è bello et iocundo et robustoso et forte.
Laudato si', mi' Signore, per sora nostra madre terra,l
a quale ne sustenta et governa,
et produce diversi fructi con coloriti fiori et herba.
Laudato si', mi' Signore, per quelli ke perdonano
per lo tuo amore,
et sostengo' infirmitate et tribolatione.
Beati quelli ke le sosterranno in pace
ka da te, Altissimo, sirano incoronati.
Laudato si', mi' Signore, per sora nostra morte corporale
da la quale nullo homo vivente po' skappare.
Guai a quelli ke morranno ne le peccata mortali;
beati quelli ke trovarà
ne le sue sanctissime volutati,
ka la morte secunda nol farrà male.
Laudate et benedicete mi' Signore,et rengratiate et serviteli
cum grande humilitate.
(S. Francesco d'Assisi)

4 Ottobre: San Francesco d'Assisi Patrono d'Italia

Assisi, 1182 - Assisi, la sera del 3 ottobre 1226
Da una vita giovanile spensierata e mondana, dopo aver usato misericordia ai lebbrosi (Testamento), si convertì al Vangelo e lo visse con estrema coerenza, in povertà e letizia, seguendo il Cristo umile, povero e casto, secondo lo spirito delle beatitudini. Insieme ai primi fratelli che lo seguirono, attratti dalla forza del suo esempio, predicò per tutte le contrade l'amore del Signore, contribuendo al rinnovamento della Chiesa. Innamorato del Cristo, incentrò nella contemplazione del Presepe e del Calvario la sua esperienza spirituale. Portò nel suo corpo i segni della Passione. Il lui come nei più grandi mistici si reintegrò l'armonia con il cosmo, di cui si fece interprete nel cantico delle creature. Fu ispiratore e padre delle famiglie religiose maschili e femminili che da lui prendono il nome. Pio XII lo proclamò patrono d'Italia il 18 giugno 1939. (Mess. Rom.)
Patronato: Italia, Ecologisti, Animali, Uccelli, Commercianti, Lupetti/Coccin. AGESCI
Etimologia: Francesco = libero, dall'antico tedesco
Emblema: Lupo, Uccelli
Martirologio Romano: Memoria di san Francesco, che, dopo una spensierata gioventù, ad Assisi in Umbria si convertì ad una vita evangelica, per servire Gesù Cristo che aveva incontrato in particolare nei poveri e nei diseredati, facendosi egli stesso povero. Unì a sé in comunità i Frati Minori. A tutti, itinerando, predicò l’amore di Dio, fino anche in Terra Santa, cercando nelle sue parole come nelle azioni la perfetta sequela di Cristo, e volle morire sulla nuda terra.
Nel suo 'Testamento' scritto poco prima di morire, Francesco annotò: “Nessuno mi insegnava quel che io dovevo fare; ma lo stesso Altissimo mi rivelò che dovevo vivere secondo il Santo Vangelo”.Per questo è considerato il più grande santo della fine del Medioevo; egli fu una figura sbocciata completamente dalla grazia e dalla sua interiorità, non spiegabile per niente con l'ambiente spirituale da cui proveniva.Ma proprio a lui toccò in un modo provvidenziale, di dare la risposta agli interrogativi più profondi del suo tempo.Avendo messo in chiara luce con la sua vita i principi universali del Vangelo, con una semplicità e amabilità stupefacenti, senza imporre mai nulla a nessuno, ebbe un influsso straordinario, che dura tuttora, non solo nel mondo cristiano ma anche al di fuori di esso.
Origini e gioventù
Francesco, l'apostolo della povertà, in effetti era figlio di ricchi, nacque ad Assisi nei primi del 1182 da Pietro di Bernardone, agiato mercante di panni e dalla nobile Giovanna detta “la Pica”, di origine provenzale. In omaggio alla nascita di Gesù, la religiosissima madonna Pica, volle partorire il bambino in una stalla improvvisata al pianterreno della casa paterna, in seguito detta “la stalletta” o “Oratorio di s. Francesco piccolino”, ubicata presso la piazza principale della città umbra.La madre in assenza del marito Pietro, impegnato in un viaggio di affari in Provenza, lo battezzò con il nome di Giovanni, in onore del Battista; ma ritornato il padre, questi volle aggiungergli il nome di Francesco che prevarrà poi sul primo. Questo nome era l'equivalente medioevale di 'francese' e fu posto in omaggio alla Francia, meta dei suoi frequenti viaggi e occasioni di mercato; disse s. Bonaventura suo biografo: “per destinarlo a continuare il suo commercio di panni franceschi”; ma forse anche in omaggio alla moglie francese, ciò spiega la familiarità con questa lingua da parte di Francesco, che l'aveva imparata dalla madre.Crebbe tra gli agi della sua famiglia, che come tutti i ricchi assisiani godeva dei tanti privilegi imperiali, concessi loro dal governatore della città, il duca di Spoleto Corrado di Lützen.Come istruzione aveva appreso le nozioni essenziali presso la scuola parrocchiale di San Giorgio e le sue cognizioni letterarie erano limitate; ad ogni modo conosceva il provenzale ed era abile nel mercanteggiare le stoffe dietro gli insegnamenti del padre, che vedeva in lui un valido collaboratore e l'erede dell'attività di famiglia.Non alto di statura, magrolino, i capelli e la barbetta scura, Francesco era estroso ed elegante, primeggiava fra i giovani, amava le allegre brigate, spendendo con una certa prodigalità il denaro paterno, tanto da essere acclamato “rex iuvenum” (re dei conviti) che lo poneva alla direzione delle feste.
Combattente e sua conversione
Con la morte dell'imperatore di Germania Enrico IV (1165-1197) e l'elezione a papa del card. Lotario di Segni, che prese il nome di Innocenzo III (1198-1216), gli scenari politici cambiarono; il nuovo papa sostenitore del potere universale della Chiesa, prese sotto la sua sovranità il ducato di Spoleto compresa Assisi, togliendolo al duca Corrado di Lützen.Ciò portò ad una rivolta del popolo contro i nobili della città, asserviti all'imperatore e sfruttatori dei loro concittadini, essi furono cacciati dalla rocca di Assisi e si rifugiarono a Perugia; poi con l'aiuto dei perugini mossero guerra ad Assisi (1202-1203).Francesco, con lo spirito dell'avventura che l'aveva sempre infiammato, si buttò nella lotta fra le due città così vicine e così nemiche.Dopo la disfatta subita dagli assisiani a Ponte San Giovanni, egli fu fatto prigioniero dai perugini a fine 1203 e restò in carcere per un lungo terribile anno; dopo che i suoi familiari ebbero pagato un consistente riscatto, Francesco ritornò in famiglia con la salute ormai compromessa.La madre lo curò amorevolmente durante la lunga malattia; ma una volta guarito egli non era più quello di prima, la sofferenza aveva scavato nel suo animo un'indelebile solco, non sentiva più nessuna attrattiva per la vita spensierata e i suoi antichi amici non potevano più stimolarlo.Come ogni animo nobile del suo tempo, pensò di arruolarsi nella cavalleria del conte Gualtiero di Brenne, che in Puglia combatteva per il papa; ma giunto a Spoleto cadde in preda ad uno strano malessere e la notte ebbe un sogno rivelatore con una voce misteriosa che lo invitava a “servire il padrone invece che il servo” e quindi di ritornare ad Assisi.Colpito dalla rivelazione, tornò alla sua città, accolto con preoccupazione dal padre e con una certa disapprovazione di buona parte dei concittadini.Lasciò definitivamente le allegre brigate per dedicarsi ad una vita d'intensa meditazione e pietà, avvertendo nel suo cuore il desiderio di servire il gran Re, ma non sapendo come; andò anche in pellegrinaggio a San Pietro in Roma con la speranza di trovare chiarezza.Ritornato deluso ad Assisi, continuò nelle opere di carità verso i poveri ed i lebbrosi, ma fu solo nell'autunno 1205 che Dio gli parlò; era assorto in preghiera nella chiesetta campestre di San Damiano e mentre fissava un crocifisso bizantino, udì per tre volte questo invito: “Francesco va' e ripara la mia chiesa, che come vedi, cade tutta in rovina”. Pieno di stupore, Francesco interpretò il comando come riferendosi alla cadente chiesetta di San Damiano, pertanto si mise a ripararla con il lavoro delle sue mani, utilizzando anche il denaro paterno.A questo punto il padre, considerandolo ormai irrecuperabile, anzi pericoloso per sé e per gli altri, lo denunziò al tribunale del vescovo come dilapidatore dei beni di famiglia; notissima è la scena in cui Francesco denudatosi dai vestiti, li restituì al padre mentre il vescovo di Assisi Guido II, lo copriva con il mantello, a significare la sua protezione.Il giovane fu affidato ai benedettini con la speranza che potesse trovare nel monastero la soddisfazione alle sue esigenze spirituali; i rapporti con i monaci furono buoni, ma non era quella la sua strada e ben presto riprese la sua vita di “araldo di Gesù re”, indossò i panni del penitente e prese a girare per le strade di Assisi e dei paesi vicini, pregando, servendo i più poveri, consolando i lebbrosi e ricostruendo oltre San Damiano, le chiesette diroccate di San Pietro alla Spira e della Porziuncola.
La vocazione alla povertà e l'inizio della sua missione
Nell'aprile del 1208, durante la celebrazione della Messa alla Porziuncola, ascoltando dal celebrante la lettura del Vangelo sulla missione degli Apostoli, Francesco comprese che le parole di Gesù riportate da Matteo (10, 9-10) si riferivano a lui: “Non procuratevi oro, né argento, né moneta di rame nelle vostre cinture, né bisaccia da viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone, perché l'operaio ha diritto al suo nutrimento. E in qualunque città o villaggio entriate, fatevi indicare se ci sia qualche persona degna, e lì rimanete fino alla vostra partenza”.Era la risposta alle sue preghiere e domande che da tempo attendeva; comprese allora che le parole del Crocifisso a San Damiano non si riferivano alla ricostruzione del piccolo tempio, ma al rinnovamento della Chiesa nei suoi membri; depose allora i panni del penitente e prese la veste “minoritica”, cingendosi i fianchi con una rude corda e coprendosi il capo con il cappuccio in uso presso i contadini del tempo e camminando a piedi scalzi.Iniziò così la vita e missione apostolica, sposando “madonna Povertà” tanto da essere poi definito “il Poverello di Assisi”, predicando con l'esempio e la parola il Vangelo come i primi apostoli.Francesco apparve in un momento particolarmente difficile per la vita della Chiesa, travagliata da continue crisi provocate dal sorgere di movimenti di riforma ereticali e lotte di natura politica, in cui il papato era allora uno dei massimi protagonisti.In un ambiente corrotto da ecclesiastici indegni e dalle violenze della società feudale, egli non prese alcuna posizione critica, né aspirò al ruolo di riformatore dei costumi morali della Chiesa, ma ad essa si rivolse sempre con animo di figlio devoto e obbediente.Rendendosi interprete di sentimenti diffusi nel suo tempo, prese a predicare la pace, l'uguaglianza fra gli uomini, il distacco dalle ricchezze e la dignità della povertà, l'amore per tutte le creature di Dio e al disopra di ogni cosa, la venuta del regno di Dio.
Inizio dell'Ordine dei Frati Minori
Ben presto attirati dalla sua predicazione, si affiancarono a Francesco, quelli che sarebbero diventati suoi inseparabili compagni nella nuova vita: Bernardo di Quintavalle un ricco mercante, Pietro Cattani dottore in legge, Egidio contadino e poco dopo anche Leone, Rufino, Elia, Ginepro ed altri fino al numero di dodici, proprio come gli Apostoli, formanti una specie di 'fraternità' di chierici e laici, che vivevano alla luce di un semplice proposito di ispirazione evangelica.Il loro era un vivere alla lettera il Vangelo, senza preoccupazioni teologiche e senza ambizioni riformatrici o contestazioni morali, indicando così una nuova vita a chi voleva vivere in carità e povertà all'interno della Chiesa; per la loro obbedienza alla gerarchia ecclesiastica, il vescovo di Assisi Guido prese a proteggerli, seguendoli con interesse e permettendo loro di predicare.Ai primi del 1209 il gruppo si riuniva in una capanna nella località di Rivotorto, nella pianura sottostante la città di Assisi, presso la Porziuncola, iniziando così la “prima scuola” di formazione, dove durante un intero anno Francesco trasmise ai compagni il suo carisma, alternando alla preghiera, l'assistenza ai lebbrosi, la questua per sostenersi e per riparare le chiese danneggiate.Giacché ormai essi sconfinavano fuori dalla competenza della diocesi, e ciò poteva procurare problemi, il vescovo Guido consigliò Francesco e il suo gruppo di recarsi a Roma dal papa Innocenzo III per farsi approvare la prima breve Proto-Regola del nuovo Ordine dei Frati Minori. Regola che fu approvata oralmente dal papa, dopo un suggestivo incontro con il gruppetto, vestito dalla rozza tunica e scalzo, colpito fra l'altro da “quel giovane piccolo dagli occhi ardenti”; nacque così ufficialmente l'Ordine dei Frati Minori, che riceveva la tonsura entrando a far parte del clero; sembra che in quest'occasione Francesco abbia ricevuto il diaconato.
Chiara e le clarisse
Tutta Assisi parlava delle 'bizzarie' del giovane Francesco, che viveva in povertà con i compagni laggiù nella pianura e che spesso saliva in città a predicare il Vangelo con il permesso del vescovo, augurando a tutti “pace e bene”; nella primavera del 1209 aveva predicato perfino nella cattedrale di S. Rufino, dove nell'attigua piazza abitava la nobile famiglia degli Affreduccio e sicuramente in quell'occasione, fra i fedeli che ascoltavano, c'era la giovanissima figlia Chiara.Colpita dalle sue parole, prese ad innamorarsi dei suoi ideali di povertà evangelica e cominciò a contattarlo, accompagnata dall'amica Bona di Guelfuccio e inviandogli spesso un poco di denaro.Nella notte seguente la Domenica delle Palme del 1211, abbandonò di nascosto il suo palazzo e correndo al buio attraverso i campi, giunse fino alla Porziuncola dove chiese a Francesco di dargli Dio, quel Dio che lui aveva trovato e col quale conviveva.Francesco, davanti all'altare della Vergine, le tagliò la bionda e lunga capigliatura (ancora oggi conservata) consacrandola al Signore.Poi l'accompagnò al monastero delle benedettine a Bastia, per sottrarla all'ira dei parenti, i quali dopo un colloquio con Chiara che mostrò loro il capo senza capelli, si convinsero a lasciarla andare.Successivamente Chiara e le compagne che l'avevano raggiunta, si spostò dopo alterne vicende, nel piccolo convento annesso alla chiesetta di San Damiano, dove nel 1215 a 22 anni Chiara fu nominata badessa; Francesco dettò alle “Povere donne recluse di S. Damiano” (il nome 'Clarisse' fu preso dopo la morte di s. Chiara) una prima Regola di vita, sostituita più tardi da quella della stessa santa. Chiara con le compagne, sarà l'incarnazione al femminile dell'ideale francescano, a cui si assoceranno tante successive Congregazioni di religiose.
L'ideale missionarioFrancesco
non desiderò solo per sé e i suoi frati, l'evangelizzazione del mondo cristiano deviato dagli originari principi evangelici, ma anche raggiungere i non credenti, specie i saraceni, come venivano chiamati allora i musulmani.Se in quell'epoca i rapporti fra il mondo cristiano e quello musulmano erano tipicamente di lotta, Francesco volle capovolgere questa mentalità, vedendo per primo in loro dei fratelli a cui annunciare il Vangelo, non con le armi ma offrendolo con amore e se necessario subire anche il martirio.Mandò per questo i suoi frati prima dai Mori in Spagna, dove vennero condannati a morte e poi graziati dal Sultano e dopo in Marocco, dove il gruppo di frati composti da Berardo, Pietro, Accursio, Adiuto, Ottone, mentre predicavano, furono arrestati, imprigionati, flagellati e infine decapitati il 16 gennaio 1220.Il ritorno in Portogallo dei corpi dei protomartiri, suscitò la vocazione francescana nell'allora canonico regolare di S. Agostino, il dotto portoghese e futuro santo, Antonio da Padova.Francesco non si scoraggiò, nel 1219-1220 volle tentare personalmente l'impresa missionaria diretto in Marocco, ma una tempesta spinse la nave sulla costa dalmata, il secondo tentativo lo fece arrivare in Spagna, occupata dai musulmani, ma si ammalò e dovette tornare indietro, infine un terzo tentativo lo fece approdare in Palestina, dove si presentò al sultano egiziano Al-Malik al Kamil nei pressi del fiume Nilo, che lo ricevette con onore, ascoltandolo con interesse; il sultano non si convertì, ma Francesco poté dimostrare che il dialogo dell'amore poteva essere possibile fra le due grandi religioni monoteiste, dalle comuni origini in Abramo.
La seconda Regola
Verso la metà del 1220, Francesco dovette ritornare in Italia per rimettere ordine fra i suoi frati, cresciuti ormai in numero considerevole, per cui l'originaria breve Regola era diventata insufficiente con la sua rigidità.Il Poverello non aveva inteso fondare conventi ma solo delle 'fraternità', piccoli gruppi di fratelli che vivessero in mezzo al mondo, mostrando che la felicità non era nel possedere le cose ma nel vivere in perfetta armonia secondo i comandamenti di Dio.Ma la folla di frati ormai sparsi per tutta l'Italia, poneva dei problemi di organizzazione, di formazione, di studio, di adattamento alle necessità dell'apostolato in un mondo sempre in evoluzione; quindi il vivere in povertà non poteva condizionare gli altri aspetti del vivere nel mondo.Nell'affollato “capitolo delle stuoia”, tenutosi ad Assisi nel 1221, Francesco autorizzò il dotto Antonio venuto da Lisbona, d'insegnare ai frati la sacra teologia a Bologna, specie a quelli addetti alla predicazione e alle confessioni.La nuova Regola fu dettata da Francesco a frate Leone, accolta con soddisfazione dal cardinale protettore dell'Ordine, Ugolino de' Conti, futuro papa Gregorio IX e da tutti i frati; venne approvata il 29 novembre 1223 da papa Onorio III.In essa si ribadiva la povertà, il lavoro manuale, la predicazione, la missione tra gl'infedeli e l'equilibrio tra azione e contemplazione; si permetteva ai frati di avere delle Case di formazione per i novizi, si stemperò un poco il concetto di divieto della proprietà.
Il presepe vivente di Greccio
La notte del 24 dicembre 1223, Francesco si sentì invadere il cuore di tenerezza e di slancio volle rivivere nella selva di Greccio, vicino Rieti, l'umile nascita di Gesù Bambino con figure viventi.Nacque così la bella e suggestiva tradizione del Presepio nel mondo cristiano, che sarà ripresa dall'arte e dalla devozione popolare lungo i secoli successivi, con l'apporto dell'opera di grandi artisti, tale da costituire un filone dell'arte a sé stante, comprendenti orafi, scenografi, pittori, scultori, costumisti, architetti; il cui apice per magnificenza, realismo, suggestività, si ammira nel Presepe settecentesco napoletano.
Il suo Calvario personale
Ormai minato nel fisico per le malattie, per le fatiche, i continui spostamenti e digiuni, Francesco fu costretto a distaccarsi dal mondo e dal governo dell'Ordine, che aveva creato pur non avendone l'intenzione.Nell'estate del 1224 si ritirò sul Monte della Verna (Alverna) nel Casentino, insieme ad alcuni dei suoi primi compagni, per celebrare con il digiuno e intensa partecipazione alla Passione di Cristo, la “Quaresima di San Michele Arcangelo”.La mattina del 14 settembre, festa della Esaltazione della Santa Croce, mentre pregava su un fianco del monte, vide scendere dal cielo un serafino con sei ali di fiamma e di luce, che gli si avvicinò in volo rimanendo sospeso nell'aria.Fra le ali del serafino, Francesco vide lampeggiare la figura di un uomo con mani e piedi distesi e inchiodati ad una croce; quando la visione scomparve lasciò nel cuore di Francesco un ammirabile ardore e nella carne i segni della crocifissione; per la prima volta nella storia della santità cattolica, si era verificato il miracolo delle stimmate.Disceso dalla Verna, visibilmente dolorante e trasformato, volle ritornare ad Assisi; era anche prostrato da varie malattie, allo stomaco, alla milza e al fegato, con frequenti emottisi, inoltre la vista lo stava lasciando, a causa di un tracoma contratto durante il suo viaggio in Oriente.
Il lungo declino fisico, il “Cantico delle creature”, la morte
Dopo le ultime prediche all'inizio del 1225, Francesco si rifugiò a San Damiano, nel piccolo convento annesso alla chiesetta da lui restaurata tanti anni prima e dove viveva Chiara e le sue suore.E in questo suggestivo e spirituale luogo di preghiera, egli compose il famoso “Cantico di frate Sole” o “Cantico delle Creature”, sublime poesia, ove si comprende quanto Francesco fosse penetrato nella più intima realtà della natura, contemplando sotto ogni creatura l'adorabile presenza di Dio.Se la fede gli aveva fatto riscoprire la fratellanza universale degli uomini, tutti figli dello stesso Padre, nel 'Cantico' egli coglieva il legame d'amore che lega tutte le creature, animate ed inanimate, tra loro e con l'uomo, in un abbraccio planetario di fratelli e sorelle che hanno un solo scopo, dare gloria a Dio.In questo periodo, ospite per un certo tempo nel palazzo vescovile, dettò anche il suo famoso 'Testamento', l'ultimo messaggio d'amore del Poverello ai suoi figli, affinché rimanessero fedeli a madonna Povertà.Poi per l'interessamento del cardinale Ugolino e di frate Elia, Francesco accettò di sottoporsi alle cure dei medici della corte papale a Rieti; poi ancora a Fabriano, Siena e Cortona, ma nell'estate del 1226 non solo non era migliorato, ma si fece sempre più evidente il sorgere di un'altra grave malattia, l'idropisia.Dopo un'altra sosta a Bagnara sulle montagne vicino a Nocera Umbra, perché potesse avere un po' di refrigerio, i frati visto l'aggravarsi delle sue condizioni, decisero di trasportarlo ad Assisi e su sua richiesta all'amata Porziuncola, dove a tarda sera del 3 ottobre 1226, Francesco morì recitando il salmo 141, adagiato sulla nuda terra, aveva circa 45 anni.Le allodole, amanti della luce e timorose del buio, nonostante che fosse già sera, vennero a roteare sul tetto dell'infermeria, a salutare con gioia il santo, che un giorno (fra Camara e Bevagna), aveva invitato gli uccelli a cantare lodando il Signore; e in altra occasione in un campo verso Montefalco aveva tenuto loro una predica, che gli uccelli immobili ascoltarono, esplodendo poi in cinguetii e voli di gioia.La mattina del 4 ottobre, il suo corpo fu traslato con una solenne processione dalla Porziuncola alla chiesa parrocchiale di S. Giorgio ad Assisi, dove era stato battezzato e dove aveva cominciato nel 1208 la predicazione.Lungo il percorso il corteo si fermò a San Damiano, dove la cassa fu aperta, affinché santa Chiara e le sue “povere donne” potessero baciargli le stimmate.Nella chiesa di San Giorgio rimase tumulato fino al 1230, quando venne portato nella Basilica inferiore, costruita da frate Elia, diventato Ministro Generale dell'Ordine.Intanto il 16 luglio 1228, papa Gregorio IX a meno di due anni dalla morte, proclamò santo il Poverello d'Assisi, alla presenza della madre madonna Pica, del fratello Angelo e altri parenti, del vescovo Guido di Assisi, di numerosi cardinali e vescovi e di una folla di popolo mai vista, fissandone la festa al 4 ottobre.
Il culto, Patronati
Gli episodi della sua vita e dei suoi primi seguaci, furono raccolti e narrati nei “Fioretti di San Francesco”, opera di anonimo trecentesco, che contribuì nel tempo alla larga diffusione del suo culto, unitamente alla prima e seconda 'Vita', scritte dal suo discepolo Tommaso da Celano (1190-1260), su richiesta di papa Gregorio IX.Alcuni episodi sono entrati nell'iconografia del santo e riprodotti dall'arte, come la predica agli uccelli, il roseto in cui si rotolò per sfuggire alla tentazione, il lupo che ammansì a Gubbio, il ricevimento delle Stimmate, ecc.È patrono dell'Umbria e di molte città, fra le quali San Francisco negli USA che da lui prese il nome; innumerevoli sono le chiese, le parrocchie, i conventi, i luoghi pubblici che portano il suo nome; come pure tanti altri santi e beati, venuti dopo di lui, che ebbero al battesimo o adottarono nella vita religiosa il suo nome.Il grande santo di Assisi, che lo storico e scrittore, don Enrico Pepe definisce “Patrimonio dell'umanità”, fu riconosciuto da papa Pio XII, come il “più italiano dei santi e più santo degli italiani” e il 18 giugno 1939, lo proclamò Patrono principale d'Italia.
Il cammino dei suoi 'Frati Minori'
La Regola composta da s. Francesco su istanza del cardinale Ugolino de' Conti, futuro papa Gregorio IX e approvata solennemente da Onorio III nel 1223, era formata da 12 capitoli, essa prescriveva una rigida e assoluta povertà, il lavoro per procurasi il cibo e l'elemosina come mezzo sussidiario di sostentamento.Capo dell'Ordine, che si propagò rapidamente al punto che, vivente ancora il fondatore, annoverava già 13 Province, fu un Ministro Generale. Le costituzioni furono redatte da San Bonaventura da Bagnoregio. Mentre ancora l'organizzazione del nuovo Movimento religioso si stava consolidando, scoppiarono i primi contrasti. I membri dell'Ordine si divisero in due fazioni: la prima intendeva adottare forme meno severe di vita comunitaria e prescindere dall'obbligo assoluto della povertà, al fine di rendere meno difficile lo sviluppo dell'Ordine stesso; la seconda al contrario, si proponeva di uniformarsi alla lettera e allo spirito delle norme lasciate dal fondatore.I numerosi tentativi per placare i dissensi non ebbero effetto, anzi questi si acuirono di più quando Gregorio IX con la bolla “Quo elongati” (1230), concesse ai frati, che presero in seguito il nome di 'Conventuali', la possibilità di ricevere beni e di amministrarli per le loro esigenze.Nel campo opposto, correnti definite ereticali, come quelle degli spirituali e dei fraticelli, rappresentarono l'ala estrema del francescanesimo e agitarono un programma di rinnovamento religioso misto ad un'auspicabile rinascita politico-sociale, che sarebbe dovuto sfociare nell'avvento del regno dello Spirito, ma si attirarono scomuniche e persecuzioni dalle autorità ecclesiastiche e feudali.La divisione in due Movimenti, Osservanti e Conventuali, fu sanzionata nel 1517 da papa Leone X; nel 1525 papa Clemente VII approvò il nuovo ramo dei frati Cappuccini, guidato dal frate Minore Osservante Matteo da Bascio della Marca d'Ancona, dediti ad una più austera disciplina, povertà assoluta e vita eremitica; altre famiglie francescane riformate sorsero nei secoli (Alcantarini, Riformati, Amadeiti) in seno o a fianco degli Osservanti, ma tutti obbedivano al Ministro Generale dell'Osservanza. L'Ordine francescano comprende anche il ramo femminile, le Clarisse e il Terz'Ordine dei laici o Terziari francescani, fondati dallo stesso s. Francesco nel 1221, per raccogliere i numerosi seguaci già sposati e di ogni ordine sociale.L'Ordine, ai cui membri dei diversi rami, Leone XIII nel 1897, ingiunse di prendere il nome comune di Frati Minori, è tra i più importanti della Chiesa. Oltre alle pratiche religiose e ascetiche, essi furono e sono dediti alla predicazione, ad un apostolato di tipo sociale in luoghi di cura, e soprattutto all'opera missionaria.
Fonte: www.santiebeati.it