Cancelleria degli Ordini Dinastici della Real Casa di Epiro

La Cancelleria degli Ordini Dinastici della Real Casa d'Epiro, con il presente vuole rendere edotti tutti coloro che volessero presentare domanda di ammissione nell'Ordine Costantiniano di Epiro di contattare gentilmente il seguente indirizzo di posta elettronica : ordinessgeddiepiro@libero.it

Sperando di avere fatto opera gradita, la Cancelleria degli Ordini Dinastici della Real Casa d'Epiro, coglie l'occasione per porgere cavallereschi saluti.



venerdì 17 dicembre 2010

Feria propria del 17 Dicembre - Vangelo del giorno

Vangelo

Mt 1,1-17
Genealogia di Gesù Cristo, figlio di Davide.

+ Dal Vangelo secondo Matteo

Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo.
Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuda e i suoi fratelli, Giuda generò Fares e Zara da Tamar, Fares generò Esrom, Esrom generò Aram, Aram generò Aminadàb, Aminadàb generò Naassòn, Naassòn generò Salmon, Salmon generò Booz da Racab, Booz generò Obed da Rut, Obed generò Iesse, Iesse generò il re Davide.
Davide generò Salomone da quella che era stata la moglie di Urìa, Salomone generò Roboamo, Roboamo generò Abìa, Abìa generò Asaf, Asaf generò Giòsafat, Giòsafat generò Ioram, Ioram generò Ozìa, Ozìa generò Ioatàm, Ioatàm generò Àcaz, Àcaz generò Ezechìa, Ezechìa generò Manasse, Manasse generò Amos, Amos generò Giosìa, Giosìa generò Ieconìa e i suoi fratelli, al tempo della deportazione in Babilonia.
Dopo la deportazione in Babilonia, Ieconìa generò Salatièl, Salatièl generò Zorobabele, Zorobabele generò Abiùd, Abiùd generò Eliachìm, Eliachìm generò Azor, Azor generò Sadoc, Sadoc generò Achim, Achim generò Eliùd, Eliùd generò Eleàzar, Eleàzar generò Mattan, Mattan generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo.
In tal modo, tutte le generazioni da Abramo a Davide sono quattordici, da Davide fino alla deportazione in Babilonia quattordici, dalla deportazione in Babilonia a Cristo quattordici.

Parola del Signore


giovedì 16 dicembre 2010

Giovedì della III settimana di Avvento - Vangelo del Giorno

Vangelo

Lc 7,24-30
Giovanni è il messaggero che prepara la via al Signore.

+ Dal Vangelo secondo Luca

Quando gli inviati di Giovanni furono partiti, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle:
«Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che portano vesti sontuose e vivono nel lusso stanno nei palazzi dei re. Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto:
“Ecco, dinanzi a te mando il mio messaggero,
davanti a te egli preparerà la tua via”.
Io vi dico: fra i nati da donna non vi è alcuno più grande di Giovanni, ma il più piccolo nel regno di Dio è più grande di lui.
Tutto il popolo che lo ascoltava, e anche i pubblicani, ricevendo il battesimo di Giovanni, hanno riconosciuto che Dio è giusto. Ma i farisei e i dottori della Legge, non facendosi battezzare da lui, hanno reso vano il disegno di Dio su di loro».

Parola del Signore


giovedì 2 dicembre 2010

Giovedì della I settimana di Avvento - Vangelo del giorno

Vangelo

Mt 7,21.24-27
Chi fa la volontà del Padre mio, entrerà nel regno dei cieli.

+ Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli.
Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia.
Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, sarà simile a un uomo stolto, che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde e la sua rovina fu grande».

Parola del Signore


domenica 28 novembre 2010

DOMENICA DI AVVENTO (ANNO A) - Vangelo del Giorno

Vangelo

Mt 24,37-44
Vegliate, per essere pronti al suo arrivo.

+ Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata.
Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».

Parola del Signore


sabato 27 novembre 2010

Padre Nostro della liturgia Caldea

Padre nostro invisibile che sei nei cieli
sia santificato in noi il tuo Nome
perché tu ci hai santificato
attraverso il tuo Spirito Santo.
Venga su di noi il tuo regno,
regno promesso agli amanti del tuo Amore.
La tua forza e le tue benevolenze
risposino sui tuoi servi
qui nel mistero e là nella tua misericordia.
Dalla tua tavola inesauribile
dona il cibo alla nostra indigenza
e accordaci la remissione delle colpe
perché tu conosci la nostra debolezza.
Noi ti preghiamo:
salva coloro che hai plasmato
e liberali dal maligno che cerca chi divorare.
A te appartengono il regno
e la potenza e la gloria, o Signore:
non privare della tua bontà i tuoi santi.
DAL BREVIARIO CALDEO

Sabato della XXXIV settimana del Tempo Ordinario - Vangelo del giorno

Vangelo

Lc 21,34-36
Vegliate, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere.

+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all’improvviso; come un laccio infatti esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra.
Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere e di comparire davanti al Figlio dell’uomo».

Parola del Signore




INVITO DEL CENTRO STUDI CULTURALI E DI STORIA PATRIA

Sua Altezza Reale e Serenissima, il Gran Principe Dom Davide Pozzi Sacchi di Santa Sofia, è stato invitato dal Dott. Mario Laurini, Presidente del Centro studi culturali e di storia patria, a partecipare alla conferenza ed alla successiva inaugurazione della Mostra "Garibaldi, i Mille e il Regno delle Due Sicilie, nascita di una Nazione" che avverrà presso la Rocca Farnese sabato 27 novembre alle ore 16,30.

sabato 20 novembre 2010

Sabato della XXXIII settimana del Tempo Ordinario - Vangelo del giorno

Vangelo

Lc 20,27-40
Dio non è dei morti, ma dei viventi.

+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni sadducèi – i quali dicono che non c’è risurrezione – e gli posero questa domanda: «Maestro, Mosè ci ha prescritto: “Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello”. C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna. La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie».
Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».
Dissero allora alcuni scribi: «Maestro, hai parlato bene». E non osavano più rivolgergli alcuna domanda.

Parola del Signore


venerdì 19 novembre 2010

INVITO ALLA CERIMONIA DI GALA DEL 04-12-2010


Sua Altezza Serenissima il Gran Principe di Epiro, Dom Davide Pozzi Sacchi di Santa Sofia e la Sua Augusta famiglia, sono stati invitati a partecipare alla cerimonia di Gran Galà di beneficenza organizzata dalla delegazione di Pisa del Sovrano Militare Ordine di Malta che si terrà il 4 dicembre prossimo venturo presso Villa Rossi di Gattaiola in provincia di Lucca. L'intero incasso della manifestazione sarà devoluto per il "si alla vita" dell'Oasi Melitense dei bimbi nati e per il sostentamento ai bambini orfani in Namibia.

Venerdì della XXXIII settimana del Tempo Ordinario - Vangelo del giorno

Vangelo


Lc 19,45-48
Avete fatto della casa di Dio un covo di ladri.

+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù, entrato nel tempio, si mise a scacciare quelli che vendevano, dicendo loro: «Sta scritto: “La mia casa sarà casa di preghiera”. Voi invece ne avete fatto un covo di ladri».
Ogni giorno insegnava nel tempio. I capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano di farlo morire e così anche i capi del popolo; ma non sapevano che cosa fare, perché tutto il popolo pendeva dalle sue labbra nell’ascoltarlo.

Parola del Signore


mercoledì 20 ottobre 2010

MANCO' LA FORTUNA, NON IL VALORE.




Le LL.AA. i Principi d'Epiro sono stati invitati dal Colonnello Carmine Masiello alle celebrazioni per il 60° Anniversario della battaglia di El Alamein che si terranno il giorno 23 Ottobre presso la Caserma Vannucci di Livorno. Alle ore 11.00 vi sarà lo schieramento dei reparti cui seguiranno gli Onori alle Bandiere, gli Onori alle Autorità Civili e Militari presenti, gli Onori ai Caduti. Sarà presente un rappresentate del Governo. Dopo le Allocuzioni di rito avrà luogo un aviolancio e la cerimonia si concluderà con un Vin d'honneur. Nel pomeriggio alla Rotonda di Ardenza, dalle ore 14.30, avranno luogo attività dinamiche ed aviolanci. Il nonno paterno della Principessa di Santa Sofia è stato per l' appunto combattente ad El Alamein.

Mercoledì della XXIX settimana del Tempo Ordinario - Vangelo del giorno

Vangelo
Lc 12,39-48
A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto.

+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».Allora Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?». Il Signore rispose: «Chi è dunque l’amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così. Davvero io vi dico che lo metterà a capo di tutti i suoi averi. Ma se quel servo dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda a venire”, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli infedeli. Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche. A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più».
Parola del Signore

lunedì 11 ottobre 2010

Lunedì della XXVIII settimana del Tempo Ordinario - Vangelo del giorno

Vangelo

Lc 11,29-32
Non sarà dato alcun segno a questa generazione, se non il segno di Giona.

+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, mentre le folle si accalcavano, Gesù cominciò a dire:
«Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona. Poiché, come Giona fu un segno per quelli di Nìnive, così anche il Figlio dell’uomo lo sarà per questa generazione.
Nel giorno del giudizio, la regina del Sud si alzerà contro gli uomini di questa generazione e li condannerà, perché ella venne dagli estremi confini della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Salomone.
Nel giorno del giudizio, gli abitanti di Nìnive si alzeranno contro questa generazione e la condanneranno, perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Giona».

Parola del Signore


mercoledì 6 ottobre 2010

7 ottobre, Beata Vergine Maria del Rosario




Questa memoria Mariana di origine devozionale si collega con la vittoria di Lepanto (1571), che arrestò la grande espansione dell'impero ottomano. San Pio V attribuì quello storico evento alla perghiera che il popolo cristiano aveva indirizzato alla Vergine nella forma del Rosario. (Mess. Rom.)

Il Rosario è, nato dall'amore dei cristiani per Maria in epoca medioevale, forse al tempo delle crociate in Terrasanta. L'oggetto che serve alla recita di questa preghiera, cioè la corona, è di origine molto antica. Gli anacoreti orientali usavano pietruzze per contare il numero delle preghiere vocali. Nei conventi medioevali i fratelli laici, dispensati dalla recita del salterio per la scarsa familiarità col latino, integravano le loro pratiche di pietà con la recita dei "Paternostri", per il cui conteggio S. Beda il Venerabile aveva suggerito l'adozione di una collana di grani infilati a uno spago. Poi, narra una leggenda, la Madonna stessa, apparendo a S. Domenico, gli indicò nella recita del Rosario un'arma efficace per debellare l'eresia albigese.
Nacque così la devozione alla corona del rosario, che ha il significato di una ghirlanda di rose offerta alla Madonna. Promotori di questa devozione sono stati infatti i domenicani, ai quali va anche la paternità delle confraternita del Rosario. Fu un papa domenicano, S. Pio V, il primo a incoraggiare e a raccomandare ufficialmente la recita del Rosario, che in breve tempo divenne la preghiera popolare per eccellenza, una specie di "breviario del popolo", da recitarsi la sera, in famiglia, poiché si presta benissimo a dare un orientamento spirituale alla liturgia familiare.
Quelle "Ave Maria" recitate in famiglia sono animate da un autentico spirito di preghiera: "E mentre si propaga la dolce e monotona cadenza delle "Ave Maria", il padre o la madre di famiglia pensano alle preoccupazioni familiari, al bambino che attendono o ai problemi che già pongono i figli più grandi. Questo insieme di aspetti della vita familiare subisce allora l'illuminazione del mistero salvifico del Cristo, e viene spontaneo affidarlo con semplicità alla madre del miracolo di Cana e di tutta quanta la redenzione" (Schillebeeckx).
La celebrazione della festività odierna, istituita da S. Pio V per commemorare la vittoria riportata nel 1571 a Lepanto contro la flotta turca (inizialmente si diceva "S. Maria della Vittoria"), il giorno 7 ottobre, che in quell'anno cadeva di domenica, venne estesa nel 1716 alla Chiesa universale, e fissata definitivamente al 7 ottobre da S. Pio X nel 1913. La "festa del santissimo Rosario", com'era chiamata prima della riforma del calendario del 1960, compendia in certo senso tutte le feste della Madonna e insieme i misteri di Gesù, ai quali Maria fu associata, con la meditazione di quindici momenti della vita di Maria e di Gesù.


Autore: Piero Bargellini

Tratto da:www.santiebeati.it

7 ottobre, Beata Maria Vergine del Rosario - Vangelo del giorno

Vangelo

Lc 11,5-13
Chiedete e vi sarà dato.

+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse ai discepoli:
«Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: “Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli”, e se quello dall’interno gli risponde: “Non m’importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani”, vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono.
Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto.
Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!».

Parola del Signore


Mercoledì della XXVII settimana del Tempo Ordinario - Vangelo del giorno

Vangelo

Lc 11,1-4
Signore, insegnaci a pregare.

+ Dal Vangelo secondo Luca

Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli».
Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite:
Padre,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno;
dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano,
e perdona a noi i nostri peccati,
anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore,
e non abbandonarci alla tentazione».

Parola del Signore


INTERVISTA CON MONS. SCHNEIDER

SULL'ARRICCHIMENTO RECIPROCO DELLE DUE FORME
DEL RITO ROMANO - SECONDA PARTE

Ecco la seconda parte dell'incontro che abbiamo avuto con S. E. Mons. Athanasius Schneider, vescovo ausiliare di Karaganda (Kazakistan). Dopo la prima parte, dedicata all'Eucaristia, ci soffermiamo in questa pubblicazione sull'arricchimento mutuo tra le due forme del rito romano, così come auspicato dal Santo Padre nella sua lettera ai vescovi del 7 luglio 2007. S.E. Mons. Schneider ci propone in particolare una riflessione inedita sul rafforzamento nella liturgia moderna, ma secondo una logica tradizionale, del ruolo del diacono, del lettore e dell'accolito. A questo riguardo ci piace sottolineare che, proprio nel periodo in cui abbiamo avuto la fortuna di poterlo intervistare, S. E. Mons. Athanasius Schneider stava per conferire gli ordini minori, secondo la forma straordinaria della liturgia romana, ad alcuni seminaristi dell'Istituto del Cristo Re.

6) Nel Motu Proprio Summorum Pontificum, Benedetto XVI ha formulato un invito all'arricchimento reciproco delle due forme dell'unico rito romano: per Lei, che celebra senza difficoltà nella forma straordinaria, quali sono gli aspetti nei quali quest'arricchimento mutuo potrebbe manifestarsi con maggior frutto?

AS: Dobbiamo prendere sul serio il Papa. Non possiamo continuare a fare come se Lui non avesse detto questa frase. Anzi, come se non l'avesse scritta. Ovviamente, anche senza cambiare i messali, c'è modo di avvicinare le due forme.

La prima cosa potrebbe essere quella di celebrare versus Deum a partire dall'Offertorio, così com'è previsto dalle rubriche del Novus ordo. L'ordo missae di Paolo VI indica chiaramente che per due volte il celebrante si deve rivolgere verso il popolo. Una volta al momento dell'”Orate fratres” e poi quando il sacerdote dice “Ecce Agnus Dei” per la comunione dei fedeli. Che cosa significa questo se non che il sacerdote dovrebbe essere rivolto all'altare durante l'Offertorio e il Canone? Nel settembre 2000, la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti ha pubblicato una risposta relativa ad un “quaesitum” sull'orientamento del sacerdote durante la messa. Spiegando che “che la posizione versus populum sembra la piú conveniente nella misura in cui rende piú facile la comunicazione”, ricordava che “sarebbe un grave errore supporre che l’azione sacrificale sia orientata principalmente alla comunità. Se il prete celebra versus populum, cosa legittima e spesso consigliata, il suo atteggiamento spirituale deve sempre essere rivolto versus Deum per Iesum Christum, in rappresentanza dell’intera Chiesa.”
Mi pare che oggi questa risposta, che consiglia la celebrazione verso il popolo, potrebbe venire adattata alla nuova realtà creata del MP Summorum Pontificum con la raccomandazione di celebrare ad orientem a partire dall'Offertorio.

In merito alla comunione, poi, la Santa Sede potrebbe pubblicare un'altra raccomandazione universale per ricordare ciò che viene previsto dall'Ordinamento generale del Messale romano nel suo articolo 160: “I fedeli si comunicano in ginocchio o in piedi, come stabilito dalla Conferenza Episcopale. Quando però si comunicano stando in piedi, si raccomanda che, prima di ricevere il Sacramento, facciano la debita riverenza, da stabilire dalle stesse norme.” Si nota che la prima forma di comunione menzionata dal testo ufficiale della Chiesa commentando il Novus Ordo è quella in ginocchio...
Sarebbe inoltre opportuno limitare l'uso dei cosiddetti ministri laici dell'Eucaristia ai soli casi di assenza del sacerdote e del diacono.

Un altro aspetto che potrebbe arricchire il Novus Ordo sarebbe che le letture della Sacra Bibbia vengano sempre fatte da un uomo in abito liturgico, e non da donne o uomini in vesti civili. Questo perchè la proclamazione della lettura si svolge nel presbiterio, un luogo che dai tempi apostolici era riservato al sacerdote e ai ministri ordinati, incluso i chierici degli ordini minori. Solo in mancanza di quest'ultimi un fedele laico maschio poteva supplire loro. Il servizio presso l’altare, sia del lettore, sia dell’accolito, non è un esercizio del sacerdozio comune, ma è contenuto nell’esercizio dell’ordine sacro, specificamente in quello del diaconato. Per questa ragione, almeno a partire dal III secolo, la Chiesa Romana ha voluto gli ordini minori come una specie di introduzione ai vari compiti concreti che in qualche modo sono contenuti nell’esercizio del diaconato, per esempio vigilare il santuario e chiamare i fedeli alla liturgia (ostiariato), leggere la parola di Dio nella liturgia (lettorato), espellere gli spiriti maligni (exorcistato), portare la luce e servire all’altare (accolitato). Per questo si può meglio vedere la ragione per la quale la Chiesa finora ha riservato il conferimento degli ordini minori o dell’istituzione di lettore e accolito ai soli fedeli laici maschi.

Di conseguenza consideriamo che un'altra possibilità offerta dall'avvicinamento delle due forme liturgiche sia quella di tornare alla sana tradizione che riserva il coro ai soli uomini: diaconi, accoliti, lettori e chierichetti devono essere maschi. Non possiamo lamentare il crollo delle vocazioni se i ragazzi non sono più portati al servizio dell'altare.
Infine, la preghiera dei fedeli deve essere riservata ai soli diaconi, accoliti o lettori in veste liturgica. Penso però che sia più consono alla bimilenaria tradizione della Chiesa, occidentale come orientale, che la preghiera universale o dei fedeli sia proclamata o meglio cantata solo dal diacono, giacchè la preghiera universale si chiamava anche oratio diaconalis. Quindi, in assenza del diacono, analogamente alla proclamazione del vangelo, la preghiera universale dovrebbe venire detta dal sacerdote stesso. Il nome preghiera dei fedeli non significa che sia proclamata da parte dei fedeli laici, questo è un errore storico e liturgico. Significa invece che questa preghiera si faceva all’inizio della liturgia dei fedeli dopo l'uscita dei catecumeni. Il diacono o il sacerdote offriva alla maestà Divina con le suppliche solenni le intenzioni di tutta la chiesa, cioè di tutti i fedeli, ed è proprio per questo che si chiamava anche preghiera dei fedeli.

7) E per il Vetus Ordo? In che modo potrebbe venire arricchito dall'avvicinamento con la forma ordinaria del rito romano?

AS: Direi che lo spirito che anima gli ultimi punti relativi al Novus Ordo si può applicare alla forma straordinaria. Le letture sacre dovrebbero essere sempre rese accessibili ai fedeli, cioè lette nella lingua locale e non soltanto in latino, fatta qualche eccezione particolare. Le letture potrebbero essere fatte, anche in questo caso, da un lettore ordinato o istituito o comunque da un fedele laico maschio in veste liturgica.

Anche l'introduzione di alcuni dei prefazi del Novus Ordo sarebbe una cosa bella e utile, così come l'introduzione dei nuovi santi nel calendario liturgico tradizionale.

lunedì 4 ottobre 2010

INTERVISTA A S.E. MONS. SCHNEIDER

PRIMA PARTE – SULLA COMUNIONE


La riforma della riforma promossa dal Sommo Pontefice è un'opera che progredisce lentamente non avendo per ora riscontrato il supporto necessario nella gerarchia episcopale. Nonostante questo, alcuni prelati si sono gettati con entusiasmo e ubbidienza nella promozione del nuovo movimento liturgico voluto da Papa Benedetto. Siamo lieti di proporvi questa settimana la prima parte di un'incontro esclusivo con uno di questi, S.E. Mons. Athanasius Schneider, Vescovo ausiliare di Karaganda nel Kazakistan, autore del libro “Dominus Est, Riflessioni di un Vescovo dell'Asia centrale sulla sacra Comunione”, pubblicato nel 2008 dalla Libreria Editrice Vaticana.

1) Eccellenza, innanzitutto, può presentarci l'ordine religioso al quale appartiene: i Canonici regolari della Santa Croce detti anche Canonici di Coimbra?

S.E. Mons. Athanasius Schneider: Furono Don Tello e San Teotoneo, il primo santo del Portogallo, a creare l'ordine nel 1131 a Coimbra. Lo fondarono con altri dieci religiosi, scegliendo di seguire la regola di Sant'Agostino e mettendosi sotto la doppia protezione della Santa Croce e dell'Immacolata Concezione. L'ordine conobbe una crescita rapida.
Portoghese di nascita, anche Sant'Antonio da Padova, prima di passare ai francescani, appartenne all'ordine. Nel 1834 il governo portoghese chiuse gli ordini religiosi. Per la Chiesa, però, un'ordine si estingue soltanto 100 anni dopo la morte del suo ultimo membro. Dopo il Concilio Vaticano II, fu il Primate di Portogallo a chiedere di rilanciare l'ordine. Il rilancio venne approvato nel 1979 da un decreto della Santa Sede, firmato dall’allora arcivescovo Augustin Mayer, Segretario della Congregazione per i Religiosi.
L'ordine è dedicato alla venerazione della Santa Croce e degli angeli, in stretto legame con l'opera perseguita dall'Opus Angelorum. Nato nel 1949 in Austria, l'Opus Angelorum ha dato vita nel 1961 alla Confraternità degli Santi Angeli Custodi con la vocazione di raggrupare i “fratelli della Croce”. La fondatrice dell'Opus Angelorum, umile madre di famiglia austriaca, Gabrielle Bitterlich, voleva portare un aiuto spirituale ai sacerdoti e partecipare all'espiazione per i sacerdoti mediante la pratica dell'Adorazione eucaristica.
L'Opus Angelorum è stato oggetto di vari interventi della Santa Sede per chiarirne il funzionamento ed è diventato alla fine, nel 2007, il terz'ordine dei Canonici Regolari della Santa Croce.
L'ordine dei Canonici Regolari della Santa Croce conta 80 sacerdoti per 140 membri ed è presente in Europa, America e Asia.
Nell’ordine la messa si celebra secondo il Novus Ordo, però versus Deum e dando la comunione nel modo tradizionale, quello che il Santo Padre ha riportato nelle sue cerimonie: Comunione in bocca data ai fedeli inginocchiati. In questo si perpetua anche la memoria della fondatrice dell'Opus Angelorum che soffriva molto per la generalizzazione della comunione nella mano.

2) E' stato questo rispetto particolare per l'Eucaristia, Eccellenza, ad averla spinta ad unirsi all'ordine?

AS: Si. Dovete sapere che per 12 anni, i primi della mia vita, ho vissuto sotto la tirannia del comunismo sovietico. Sono cresciuto nell'amore di Gesù Eucaristia grazie a mia madre che era una “donna eucaristica”. Una di quelle pie donne che custodivano l'Ostia consacrata per evitare che venissero commessi dei sacrilegi quando i sacerdoti venivano arrestati o messi sotto indagine dalle autorità.
Quindi, quando siamo arrivati in Germania nel 1973, sono rimasto scioccato nel vedere come si faceva la comunione in chiesa. Mi ricordo di avere detto a mia madre, vedendo per la prima volta la comunione data in mano: “Mamma, ma è come quando distribuiscono le caramelle a scuola!”
Più tardi, quando ho creduto di avere la vocazione sacerdotale, ho cercato una via che consentisse anche a me di poter essere custode di Gesù Ostia, a mio modo. La Providenza ha voluto che fosse proprio negli anni del rilancio dei Canonici della Santa Croce...

3) Sin dalla sua elezione, avvenuta in pieno anno eucaristico, Benedetto XVI ha riaffermato spesso la presenza reale di Nostro Signore Gesù Cristo nell'Eucaristia. Ha anche ripreso, a partire dalla festa del Corpus Domini del 2008 l'uso di dare la comunione sulla lingua a fedeli inginocchiati. Colpiti da quest'esempio papale, numerosi sacerdoti, spesso tra i più giovani, cominciano a dubitare dei meriti della comunione generalizzata in mano, ritenuta per altro da alcuni come uno dei danni maggiori della riforma liturgica.
Il suo libro, Dominus Est, affronta precisamente questo tema. Secondo Lei, possiamo dire, come S.E. Mons. Malcolm Ranjith nella prefazione del suo libro, che la comunione in mano ha favorito una perdita di fede, sia dei fedeli che dei chierici, nella presenza reale di Cristo e, di conseguenza, una mancanza di rispetto nei confronti del Santissimo Sacramento? Ci riferiamo allo spostamento dei tabernacoli negli angoli bui delle chiese, ai fedeli che non si genuflettono più davanti al Santissimo Sacramento, alle comunioni sacrileghe, ecc.

AS: Vorrei innanzitutto dire che penso che si possa prendere la comunione con grande riverenza anche ricevendo l'Eucaristia nella mano. Nella sua forma più diffusa e generalizzata, però, dove la sacralità sembra venire dimenticata sia dal ministro che dal fedele, devo ammettere che la comunione in mano contribuisce a un indebolimento della fede e della venerazione del Signore eucaristico. E in questo senso sono in pieno accordo con le osservazioni di S.E. Mons. Malcolm Ranjith.
Alcune cose lo fanno capire:
- Non c'è nessuna garanzia della protezione di Nostro Signore nei suoi frammenti più piccoli. Io soffro della perdita dei frammenti dell'Eucaristia, ormai assai diffusa a causa della pratica quasi generalizzata della comunione in mano. E' possibile, mi dico, una tale trascuratezza, che con il tempo conduce ad una diminuzione e persino ad una mancanza di fede nella Transustanziazione?
- La comunione in mano favorisce fortemente il furto delle specie eucaristiche. Si commettono così dei sacrilegi veri che non dovremmo mai permettere.
- Lo spostamento del tabernacolo, inoltre, non aiuta la centralità dell'Eucaristia, anche a scopo educativo: deve sempre essere visibile il luogo centrale dove si ripara Nostro Signore Gesù Cristo.

4) Nonostante sia stato consentito solo da un apposito indulto all'inizio, il modo di comunicarsi in mano è divenuto una norma, quasi un dogma, nella maggioranza delle diocesi. Come mai una tale evoluzione?

AS: Questa situazione si è imposta con tutte le caratteristiche di una moda ed ho inoltre il sospetto che la sua diffusione sia dovuta anche ad una vera e propria strategia. La consuetudine della comunione nella mano si è diffusa con l’effetto di una valanga. Mi domando: siamo così insensibili da non riconoscere più la sublime sacralità delle specie eucaristiche, Gesù vivente tra noi con la Sua maestà Divina?

5) Per il momento pochissimi prelati hanno deciso di imitare il Santo Padre e di dare la comunione nel modo tradizionale. Di conseguenza numerosi preti esitano a seguire il Papa. Secondo Lei, si tratta delle solite resistenze conservatrici (non si toccano gli “avanzi” di Vaticano II) o, ciò che sarebbe quasi peggio, di un disinteresse per l'argomento?

AS: Non possiamo giudicare le intenzioni, ma un'osservazione esterna ci lascia pensare che ci sia una reticenza o, almeno, un disinteresse per il modo più sacro e più sicuro di ricevere la comunione. Si ha l'impressione che una parte dei pastori nella Chiesa faccia finta di non vedere quello che porta avanti il Sommo Pontefice: un magistero eucaristico-pratico.

4 Ottobre, Vangelo del giorno

Vangelo

Mt 11,25-30
Hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli.

+ Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.
Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».

Parola del Signore


sabato 18 settembre 2010

Bergamo 25 Settembre 2010

Sabato 25 settembre 2010, S.A.R. e S. Davide Pozzi Sacchi di Santa Sofia, Gran Principe di Epiro, alla presenza delle LL.MM.RR. Vittorio Emanuele IV e Marina di Savoia, è stato invitato a partecipare alle ore 18.00 , nella Basilica di S.Alessandro in Colonna in Bergamo, ad una cerimonia religiosa nella quale vi sarà la benedizione e la consegna di una Bandiera del Regno d'Italia a Fabio Franzoni nella veste di Vicario degli Ordini Dinastici per Bergamo.

giovedì 2 settembre 2010

Ordini Dinastici della Real Casa di Epiro, comunicato del Gran Priorato di Italia


Dilette Dame, Nobili Cavalieri, Amici tutti della Real Casa di Epiro,


a nome di Sua Altezza Reale e Serenissima il Principe Don Davide Pozzi Sacchi di Santa Sofia, capo di nome e di armi della Real Casa di Epiro e Gran Maestro degli Ordini Dinastici della Real Casa e mio personale, in veste di Gran Priore per l'Italia degli Ordini Dinastici, sono ad invitarvi a tenere in ogni momento et istante della Vostra vita un comportamento degno et esemplare.

Vi vogliamo invitare, nel limite delle Vostre possibilità e attività lavorative, a renderVi disponivili al servizio della Vostra comunità religiosa e civile per ogni attività di carità, di volontariato o di attività sociale che esse dovessero attivare e mettere in opera.

Altresì vi invitiamo ad adoperarvi e a prestare la Vostra opera per ogni esigenza che possa richiedere il Vostro aiuto, in special modo per ogni necessità di cui abbisognano i deboli, i poveri, le vedove e le persone meno fortunate.


Ricordate che il Vostro comportamento deve essere di esempio per tutti gli altri cittadini.

Abbiatemi


Il Gran Priore

mercoledì 1 settembre 2010

Theofan Stilian Noli


Theofan Stilian Noli (Ibrik Tepé, 6 gennaio 1882Fort Lauderdale, 13 marzo 1965) è stato un politico, poeta, storico, drammaturgo, oratore , traduttore e sacerdote ortodosso albanese. Fu un esponente politico-culturale dell'Albania dell'inizio Novecento, sicuramente uno dei più conosciuti ed amati in Albania, nonché Primo Ministro nel 1924..
Nacque in una comunità albanese cristiana in Tracia, vicino ad Adrianopoli.
Nel
1924 guidò lima rivoluzione democratica albanese dopo la quale divenne primo ministro dell'Albania da giugno a dicembre 1924 dello stesso anno, quando la rivoluzione fallì per la reazione di Ahmed Zogolli, un leader locale della regione del fiume Mat, sostenuto dal Regno di Jugoslavia.
Costretto ad abbandonare per sempre l'Albania, visse per poco tempo in
Germania e si trasferì definitivamente negli USA, a Boston, dove divenne fondatore e capo dell'autocefala Chiesa ortodossa albanese, mai riconosciuta dal Patriarcato Ecumenico in quanto strettamente legata alle istanze nazionaliste albanesi, istanze fortemente contrastate da quelle greche.


Opere Principali


Album - Raccolta di Poesie
La storia di
Skanderbeg
Izraelitë e Filistinë
Maometto
Critica a "Il Principe" di
Machiavelli
L'imperialismo in
Egitto da Napoleone a Lord Kromer
Tantissimi articoli di critica letteraria su
Platone e Anassagora , Lev Tolstoj, Franz Schubert, Lessing, Arturo Toscanini, Claudio Monteverdi, Johann Strauss, Shakespeare.
Beethoven e la Rivoluzione Francese


Fonte:Wikipedia

Dichiarazione Universale dei Diritti dei Popoli

In merito al diritto dell'Epiro del Nord all' autodeterminazione, riportiamo il seguente documento.
Dichiarazione Universale dei Diritti dei PopoliLa Carta di Algeri
Algeri, 4 luglio 1976



Proclamata da Lelio Basso ad Algeri il 4 luglio 1976, data simbolica in quanto duecentesimo anniversario della Dichiarazione d'Indipendenza americana, stabilisce i diritti fondamentali dei popoli:

all' esistenza,
alla autodeterminazione,
alle risorse,
alla cultura,
all'ambiente,
anticipando concetti e principi che successivamente saranno - almeno parzialmente - acquisiti dal Diritto internazionale

Preambolo

Noi viviamo tempi di grandi speranze, ma anche di profonde inquietudini;

- tempi pieni di conflitti e di contraddizioni;
- tempi in cui le lotte di liberazione hanno fatto insorgere i popoli del mondo contro le strutture nazionali e internazionali dell'imperialismo e sono riusciti a rovesciare i sistemi coloniali;
Ma questi sono anche tempi di frustrazioni e di sconfitte, in cui nuove forme di imperialismo si manifestano per opprimere e sfruttare i popoli.

L'imperialismo, in forza di meccanismi e di interventi perfidi o brutali, con la complicità di governi spesso da esso stesso imposti, continua a dominare una parte del mondo.

Attraverso l'intervento diretto o indiretto, utilizzando le società multinazionali, appoggiandosi sulla corruzione delle polizie locali, prestando il suo aiuto a regimi militari fondati sulla repressione poliziesca, la tortura e la distruzione fisica dei suoi avversari, servendosi di tutte le strutture e attività alle quali è stato dato il nome di neo-colonialismo, l'imperialismo estende il suo controllo su molti popoli.

Coscienti di interpretare le aspirazioni della nostra epoca, ci siamo riuniti ad Algeri per proclamare che tutti i popoli del mondo hanno pari diritto alla libertà: il diritto di liberarsi da qualsiasi ingerenza straniera e di darsi il governo da essi stessi scelto, il diritto di lottare per la loro liberazione, nel caso fossero in condizioni di dipendenza, il diritto di essere assistiti nella loro lotta dagli altri popoli.

Convinti che il rispetto effettivo dei diritti dell'uomo implica il rispetto dei diritti dei popoli, abbiamo adottato la Dichiarazione Universale dei Diritti dei Popoli.

Che tutti coloro che nel mondo conducono, a volte con le armi in pugno, la grande lotta per la libertà di tutti i popoli trovino in questa dichiarazione la conferma della legittimità della loro lotta.




SEZIONE I

DIRITTO ALL'ESISTENZA

Articolo 1

Ogni popolo ha diritto all'esistenza.

Articolo 2

Ogni popolo ha diritto al rispetto della propria identità nazionale e culturale.

Articolo 3

Ogni popolo ha il diritto di conservare pacificamente il proprio territorio e di ritornarvi in caso di espulsione.

Articolo 4

Nessuno, per ragioni di identità nazionale o culturale, puo' essere oggetto di massacro, di tortura, persecuzione, deportazione, espulsione, o essere sottoposto a condizioni di vita tali da compromettere l'identità o l'integrità del popolo a cui appartiene.




SEZIONE II

DIRITTO ALL'AUTODETERMINAZIONE POLITICA

Articolo 5

Ogni popolo ha il diritto imprescrittibile e inalienabile all'autodeterminazione. Esso decide il proprio statuto politico in piena libertà e senza alcuna ingerenza esterna.

Articolo 6

Ogni popolo ha il diritto di liberarsi da qualsiasi dominazione coloniale o straniera diretta o indiretta e da qualsiasi regime razzista.

Articolo 7

Ogni popolo ha il diritto a un governo democratico che rappresenti l'insieme dei cittadini, senza distinzione di razza, di sesso, di credenza o di colore e capace di assicurare il rispetto effettivo dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali per tutti.




SEZIONE III

DIRITTI ECONOMICI DEI POPOLI

Articolo 8

Ogni popolo ha il diritto esclusivo sulle proprie ricchezze e risorse naturali. Esso ha il diritto di rientrarne in possesso se ne è stato spogliato e di recuperare gli indennizzi pagati ingiustamente.

Articolo 9

Poiché il progresso scientifico e tecnico fa parte del patrimonio comune all'umanità, ogni popolo ha il diritto di parteciparvi.

Articolo 10

Ogni popolo ha diritto a che il proprio lavoro sia valutato giustamente e che gli scambi internazionali avvengano a condizioni paritarie ed eque.

Articolo 11

Ogni popolo ha il diritto di darsi il sistema economico e sociale da lui stesso scelto e di perseguire la propria via di sviluppo economico in piena libertà e senza ingerenze esterne.

Articolo 12

I diritti economici sopra enunciati devono esercitarsi in uno spirito di solidarietà tra i popoli del mondo e tenendo conto dei loro rispettivi interessi.




SEZIONE IV

DIRITTO ALLA CULTURA

Articolo 13

Ogni popolo ha il diritto di parlare la propria lingua, di preservare e sviluppare la propria cultura, contribuendo cosi' all'arricchimento della cultura dell'umanità.

Articolo 14

Ogni popolo ha diritto alle proprie ricchezze artistiche, storiche e culturali.

Articolo 15

Ogni popolo ha diritto a che non gli sia imposta una cultura ad esso estranea.




SEZIONE V

DIRITTO ALL'AMBIENTE ED ALLE RISORSE COMUNI

Articolo 16

Ogni popolo ha diritto alla conservazione, alla protezione e al miglioramento del proprio ambiente.

Articolo 17

Ogni popolo ha diritto all'utilizzazione del patrimonio comune dell'umanità come l'alto mare, il fondo dei mari, lo spazio extraatmosferico.

Articolo 18

Nell'esercizio dei diritti sopra elencati, ogni popolo deve tenere conto della necessità di coordinare le esigenze del proprio sviluppo economico e quelle della solidarietà fra tutti i popoli del mondo.




SEZIONE VI

DIRITTI DELLE MINORANZE

Articolo 19

Quando un popolo rappresenta una minoranza nell'ambito di uno stato, ha il diritto al rispetto della propria identità, delle tradizioni, della lingua, del patrimonio culturale.

Articolo 20

I membri della minoranza devono godere senza discriminazione degli stessi diritti che spettano agli altri cittadini e devono partecipare in condizioni di uguaglianza alla vita pubblica.

Articolo 21

L'esercizio di tali diritti deve realizzarsi nel rispetto degli interessi legittimi della comunità presa nel suo insieme e non puo' autorizzare lesioni dell'integrità territoriale e dell'unità politica dello stato, quando questo si comporti in conformità con tutti i principi enunciati nella presente Dichiarazione.




SEZIONE VII

GARANZIE E SANZIONI

Articolo 22

Qualsiasi inosservanza delle disposizioni contenute nella presente Dichiarazione costituisce una trasgressione di obblighi verso la comunità internazionale tutta intera.

Articolo 23

Ogni pregiudizio derivante dall'inosservanza della presente Dichiarazione deve essere integralmente riparato da parte di colui che l'ha provocato.

Articolo 24

Ogni arricchimento realizzato a detrimento di un popolo in violazione delle disposizioni della presente Dichiarazione esige la restituzione dei profitti ottenuti. Lo stesso vale per tutti i profitti eccessivi realizzati attraverso investimenti di origine straniera.

Articolo 25

Tutti i trattati, accordi o contratti non paritari, approvati in spregio dei diritti fondamentali dei popoli non possono produrre alcun effetto.

Articolo 26

Gli obblighi finanziari esterni divenuti eccessivi e insopportabili per i popoli cessano di essere esigibili.

Articolo 25

Le violazioni più gravi dei diritti fondamentali dei popoli, soprattutto il loro diritto all'esistenza, costituiscono crimini internazionali che comportano la responsabilità penale individuale dei loro autori.

Articolo 28

Ogni popolo i cui diritti fondamentali sono gravemente misconosciuti ha il diritto di farli valere soprattutto attraverso la lotta politica o sindacale e anche, in ultima istanza, attraverso il ricorso alla forza.

Articolo 29

I movimenti di liberazione devono poter accedere alle organizzazioni internazionali e i loro combattenti hanno diritto alla protezione del diritto umanitario di guerra.

Articolo 30

Il ristabilimento dei diritti fondamentali di un popolo, quando essi sono gravemente misconosciuti, è un dovere che si impone a tutti i membri della comunità internazionale.



Mercoledì della XXII settimana del Tempo Ordinario - Vangelo del giorno

Vangelo
Lc 4,38-44

È necessario che io annunci la buona notizia del regno di Dio anche alle altre città; per questo sono stato mandato.

+ Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù, uscito dalla sinagòga, entrò nella casa di Simone. La suocera di Simone era in preda a una grande febbre e lo pregarono per lei. Si chinò su di lei, comandò alla febbre e la febbre la lasciò. E subito si alzò in piedi e li serviva.Al calar del sole, tutti quelli che avevano infermi affetti da varie malattie li condussero a lui. Ed egli, imponendo su ciascuno le mani, li guariva. Da molti uscivano anche demòni, gridando: «Tu sei il Figlio di Dio!». Ma egli li minacciava e non li lasciava parlare, perché sapevano che era lui il Cristo.Sul far del giorno uscì e si recò in un luogo deserto. Ma le folle lo cercavano, lo raggiunsero e tentarono di trattenerlo perché non se ne andasse via. Egli però disse loro: «È necessario che io annunci la buona notizia del regno di Dio anche alle altre città; per questo sono stato mandato». E andava predicando nelle sinagòghe della Giudea.

Parola del Signore

martedì 31 agosto 2010

Martedì della XXII settimana del Tempo Ordinario - Vangelo del Giorno

Vangelo
Lc 4,31-37

Io so chi tu sei: il santo di Dio!

+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù scese a Cafàrnao, città della Galilea, e in giorno di sabato insegnava alla gente. Erano stupiti del suo insegnamento perché la sua parola aveva autorità. Nella sinagoga c’era un uomo che era posseduto da un demonio impuro; cominciò a gridare forte: «Basta! Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!». Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». E il demonio lo gettò a terra in mezzo alla gente e uscì da lui, senza fargli alcun male. Tutti furono presi da timore e si dicevano l’un l’altro: «Che parola è mai questa, che comanda con autorità e potenza agli spiriti impuri ed essi se ne vanno?». E la sua fama si diffondeva in ogni luogo della regione circostante.

Parola del Signore

lunedì 23 agosto 2010

Storia: la famiglia Apostolico Orsini

La casa Orsini apparve per la prima volta in Oriente con Giovanni Orsini di Roma, vescovo di Trau in Dalmazia (1052-1112), e poi vi tornò stabilmente con vari rami che salirono a grande potenza come gli Apostolico Orsini Ducas, i Murafiet-Apostol, gli Orsini di Rosenberg e gli Orsini di Popovo.

Riccardo Orsini, il capostipite

Riccardo Orsini (1165-1197) è il capostipite degli (Apostolico) Orsini Ducas Angelo Comneno. Gli Orsini discendenti da Riccardo furono detti Apostolico Orsini o Orsini d'Epiro per distinguerli dai cugini romani con cui condividevano il medesimo stemma con l'aggiunta di una bandiera con la mezzaluna. Conte Palatino (della stessa famiglia Orsini di Roma) nel sec XII fu detto Apostolico perché parente dei cardinali Giordano e Giacinto Orsini (futuro papa Celestino III) legati apostolici in Germania. Riccardo Orsini fu fatto vassallo della Badia inferiore di Materdomini di Nocera nel 1194 da Enrico VI imperatore ed era diventato conte di Cefalonia e Zante dal 1185 grazie alla dote portata dalla moglie, la figlia dell’ammiraglio Margarito da Brindisi, comandante della flotta normanna sotto i regni di Guglielmo II (1166-1189) e di Tancredi (1189–1194). Margarito da Brindisi nella primavera 1186 guidò la flotta normanna a Cipro (dove il governatore Isacco Comneno di Cipro si era ribellato a Bisanzio), con azione spregiudicata catturò 70 galee dell'imperatore bizantino Isacco II Angelo procurando la maggiore perdita navale dell'impero d'Oriente con la deportazione in Sicilia dei generali bizantini: in seguito a ciò fu nominato conte di Zante, Cefalonia e Itaca. Gli (Apostolico) Orsini Ducas furono la famiglia reale che regnò sull'Epiro e sulla Tessaglia grazie al matrimonio contratto tra la famiglia Apostolico Orsini con la famiglia imperiale di Costantinopoli dei Ducas Angelo Comneno.

Rappresentanti della famiglia

I rappresentanti della famiglia Apostolico Orsini ebbero numerosi titoli nobiliari: Conti Palatini e Vassalli di Materdomini (1194), Conti di Cefalonia, di Zante e di Itaca nel 1185-1195, Principi di Morea verso il 1264, Conti di Gravina nel 1284-1291, Signori di Leucade nel 1295, Capitani Generali di Corfù nel 1286-1289, Balì di Morea nel 1297-1300, Principi Imperiali e Despoti sugli Stati Sovrani di Epiro e di Tessaglia.

I principali rappresentanti furono:

1. Riccardo I Orsini (1150-1197), detto Apostolico, Patrizio di Roma, Conte Palatino
2. Matteo (Maio) Orsini (1197), detto Apostolico, Patrizio di Roma, Conte Palatino, Signore di Cefalonia e Zante, sposa principessa imperiale Anna Comneno Angelo figlia del Sebastocrator Giovanni e di Zoe Dukas, nipote di Isacco II Imperatore d’Oriente.
3. Riccardo II Orsini (1250 - 1304), detto Apostolico, Conte Palatino, Conte di Cefalonia e Zante, Conte di Gravina, Capitano Generale d Corfù e Balì di Morea sposa Marguerite de Villehardouin (zia di Filippo I di Savoia), Signora di Matagrifon, figlia di Guglielmo II Principe d’Acaia e di Anna Angela Comnena Dukas Principessa d’Epiro (+ ?-2-1315), già vedova di Isnardo de Sabran
4. Giovanni I Orsini (+ ca. 1317), detto Apostolico, Conte Palatino, Signore di Leucade e Consignore di Cefalonia, sposa principessa imperiale Maria Ducas Angelo Comneno nel 1292, figlia di Tommaso I Despota d’Epiro e di Anna Paleologa Cantacuzena (figlia dell’Imperatore Michele IX) (+ post 1304). Ebbero i seguenti figli che regnarono sull'Epiro e che aggiunsero il cognome Ducas Angelo Comneno a quello degli Orsini secondo l'usanza orientale:
4.1. Nicola I Orsini (+1323) Ducas Angelo Comneno, detto Angelo Comneno: divenne Despota d’Epiro (Re d'Epiro) assassinando lo zio Tommaso Ducas precedente despota, per salire al trono, sposando poi la moglie di questi, Anna Paleologa, figlia di Michele IX di Bisanzio. Il Despotato d'Epiro fu uno degli Stati a nascere dallo smembramento dell'Impero bizantino nel 1204 durante la quarta crociata.
4.2. Giovanni II Orsini Ducas Angelo Comneno, detto Angelo Comneno (+1335) fratello di Nicola I per consolidare il suo potere, sposò Anna Paleologa, precedente moglie di Nicola I. Nel 1328 perse la città di Jannina. Nel 1335 fu assassinato dalla sua stessa moglie, Anna.
4.2.1. Niceforo II Orsini Ducas Angelo Comneno, detto Ducas (+1358): figlio di Giovanni II succedette al trono al padre e regno' come despota su l'Epiro e la Tessaglia, sposò Maria Cantacuzena, figlia dell’imperatore di Costantinopoli Giovanni VI Cantacuzeno. Ebbe una figlia che morì infante. I suoi domini furono ereditati dal nipote Leonardo I Tocco.
4.2.2. Tommasa, sorella di Niceforo II, Principessa della Tessaglia nel 1358 (confermata nel 1359), sposa Simeone Uros Principe della Serbia (+ 1371).
4.3 Guido Orsini Ducas Angelo Comneno (+1336), fratello di Nicola e Giovanni, Conte Palatino detto Apostolico, contestabile di Cavalleria del principato di Acaja. Nella divisione dei numerosi feudi con i fratelli ottenne tutti i possedimenti in Italia degli Apostolico-Orsini (il feudo di Materdomini di Nocera, numerosi beni a Roma, Napoli, Salerno, Lecce, Brindisi). Ebbe un solo figlio: Giovanni III detto Apostolico-Orsino-Ducas Angelo-Comneno o Tsafas Ursinus Ducas che ereditò anche la Signoria di Leucade. Nel gennaio 1361 fu spodestato dalla Signoria di Leucade e ritornò a Nocera nell'antichissimo feudo di Materdomini degli Orsini proveniente da Riccardo I° e riconfermato nel 1472 da Ferrante di Aragona. Sposò la nobile Beatrice Griffi di Nocera. Fu sepolto a Napoli. Da Giovanni III discende Nicola II Apostolico Orsini Ducas Angelo Comneno confermato erede dello stato di Leucadia il 15 luglio 1506 abitante a Nocera (e a Napoli) e da lui discente il ramo degli Apostolico Orsini Ducas attualmente fiorente trasferitosi a metà 800 da Nocera a Lecce.
4.4 Margherita Orsini Ducas Angelo Comneno, sorella di Guido, Signora di metà dell’isola di Zante nel 1328. Sposò Guglielmo II Tocco (da cui Leonardo Tocco).

I discendenti degli Apostolico Orsini Ducas nel XX secolo

Il principe Sebastiano Apostolico Orsini Ducas (Lecce 1853-1931) con sentenza della corte d’appello di Trani del 22 giugno 1908 fu riconosciuto quale diretto e legittimo discendente di Giovanni (Apostolico) Orsini, Signore di Leucade e Consignore di Cefalonia, Gran Contestabile dell'Impero d'Oriente e pronipote di Papa Celestino III e di sua moglie principessa imperiale Maria Ducas Angelo Comneno, nipote dell’Imperatore di Costantinopoli Michele IX. Gli fu concesso di conseguenza anche l'uso del titolo di Duca e Conte di Leucade e Conte Palatino (il più antico titolo trasmesso alla dinastia dal capostipite Riccardo Orsini) e riconosciuto erede della dinastia Apostolico Orsini Ducas Angelo Comneno che regnò con il titolo di Despota sull'Epiro e sulla Tessaglia. Il principe Sebastiano fu il primo agricoltore a introdurre la mezzadria nel Salento insieme all'allevamento bovino e a sistemi moderni d'irrigazione. Nel 1898 costituì il primo Consorzio antifilosserico nella provincia di Lecce per la tutela degli impianti viticoli promuovendo in contemporanea infrastrutture (strade, case coloniche, stalle moderne) che favorissero lo sviluppo dell'agricoltura salentina. Realizzò egli stesso opere di bonifica a Brindisi e avviò l'ammodernamento dei mezzi di produzione delle sue aziende vitivinicole, diventando tra fine '800 e inizio '900 uno dei maggiori esportatori di vino sul mercato nazionale ed europeo (vinse per il suo vino nel 1904 ben 26 premi internazionali) e divenne Cavaliere al Merito del Lavoro. Costituì nella sua tenuta di Materdomini (più di 1000 ettari coltivati, una delle più grandi della Puglia) anche una fabbrica di tabacco, una delle prime del salento, mulini e magazzini per lo stoccaggio dei cereali, dando lavoro a centinaia di persone e amministratori. Fu inoltre sindaco di Lecce dal 1908 al 1914, per 30 anni Presidente del Consiglio Provinciale e Presidente dei Musei di Lecce. Morì nel 1931 senza essersi mai sposato. Per far continuare l'antica stirpe adottò e nominò suoi eredi legittimi i figli della sorella morta molto giovane, Principessa Michela (sposata con il nobile Pasquale Grassi di Martano di antichissima nobiltà salentina risalente al 1100). Il Principe allevò personalmente, come figli, i nipoti orfani dell'amata sorella facendoli vivere con lui nel suo palazzo storico in Lecce (in via Libertini) e a Materdomini (Arnesano). I nipoti così aggiunsero al loro cognome quello dell'antica casata principesca che regnò sull'Epiro e sulla Tessaglia continuando la discendenza:
Marianna Grassi Apostolico Orsini Ducas, sposata con il nobile Raffaele Licastro Scardino di San Cesario (da cui Mazzotta Licastro Scardino).
Giuseppe Grassi Apostolico Orsini Ducas, sposato con la nobile Maria Isabella Martini Carissimo, fu Ministro Guardasigilli del IV° governo De Gasperi, Segretario della commissione dei 75 per la formulazione della Legge Costituzionale e inoltre fondatore della Banca del Salento. Ospitò nella sua tenuta di Materdomini la famiglia Savoia dopo la seconda guerra mondiale prima dell'esilio.

sabato 21 agosto 2010

Messaggio di cordoglio della Real Casa di Epiro per la morte di S.A.R. e S. il Principe Carlo Ugo di Borbone Parma


Io sono la risurrezione e la vita: chi crede in me anche se muore vivrà; e chiunque vive e crede in me non morirà in eterno.

Sua Altezza Reale e Serenissima il Principe Don Davide Pozzi Sacchi di Santa Sofia, capo di nome et armi della Real Casa di Epiro, unitamente al Gran Priorato di Italia degli Ordini Dinastici, ai Nobili et ai cavalieri tutti, commossi partecipano al dolore della Reale e Ducale Casa Borbone - Parma per la scomparsa di Sua Altezza Reale e Serenissima il Principe Carlo Ugo di Borbone Duca di Parma e Piacenza.

Che Iddio l'Onnipotente lo accolga nella Sua pace.
Una Prece

Morto Carlo Ugo di Borbone erede reale del ducato di Parma

Nipote dell'ultimo duca Roberto, il principe si è spento all'età di 80 anni a Barcellona. Per i funerali, previsti alla Steccata, la città potrebbe ospitare numerose teste coronate



Si è spento a Barcellona all'età di 80 anni il discendente diretto dei Borbone di Parma. Il principe Carlo Ugo era nato nel 1930 a Parigi ed era nipote di Roberto I, ultimo duca di Parma che salì al trono a sei anni nel 1854 e vi rimase fino al 1859, quando il ducato fu invaso dal Piemonte.

Il casato di Carlo era anche imparentato con la famiglia reale spagnola: suo padre Saverio, figlio di Roberto, negli anni Cinquanta reclamò il suo diritto al trono iberico, ma fu ignorato da Francisco Franco, che gli preferì l'attuale sovrano Juan Carlos. Nel 1964 Carlo Ugo sposò a Roma Irene, principessa dei Paesi Bassi, che per amore si convertì al cattolicesimo e causò una crisi istituzionale in Olanda.

Il principe sarà sepolto nella cripta della Steccata, dove si celebreranno anche le esequie. Viste le sue numerose parentele internazionali di alto lignaggio è possibile che per i funerali arrivino in città numerose teste coronate e volti noti del mondo aristocratico.

mercoledì 18 agosto 2010

Messaggio di Cordoglio della Real Casa di Epiro


Io sono la risurrezione e la vita: chi crede in me anche se muore vivrà; e chiunque vive e crede in me non morirà in eterno.

La Real Casa di Epiro, il Gran Priorato degli Ordini dinastici, i Nobili ed i cavalieri tutti commossi partecipano al dolore della famiglia Cossiga per la perdita del padre Sen. Francesco Cossiga, Presidente Emerito della Repubblica, uomo di stato, fedele e devoto servitore della Patria, fervente cattolico.

Che Iddio Onnipotente lo accolga nella Sua pace.

martedì 17 agosto 2010

Giorgio Castriota Scanderbeg


Giorgio Castriota Scanderbeg (in albanese: Gjergj Kastrioti Skënderbeu; Dibra, 6 maggio 1405 – Alessio, 17 gennaio 1468) è stato un patriota albanese. Unì i principati dell'Epiro e d'Albania e resistette per 25 anni ai tentativi di conquista dell'Impero turco ottomano; per tale motivo è stimato come Atleta della Cristianità e considerato l'eroe nazionale dell'Albania e di tutti gli albanesi sparsi nel mondo.


Giovinezza
Tra la fine del XIV secolo e i primi decenni del XV secolo l'Albania fu occupata dalle forze ottomane le quali dovettero subito reprimere le rivolte dei principi albanesi. Giovanni Castriota, principe di Kruje e padre di Giorgio Castriota Scanderbeg, fu uno dei signori ribelli all'occupazione ottomana contro cui il sultano Murad II infierì più pesantemente poiché Giovanni era uno tra i potenti ed indomiti condottieri avversi alla occupazione. Le forze ottomane catturarono i quattro figli maschi di Giovanni: Stanisha, Reposhi, Costantino e Giorgio e li tennero come ostaggi, conducendoli alla corte di Adrianopoli. Due di loro morirono, probabilmente uccisi, uno si fece monaco, mentre il quarto, Giorgio, combatté per i Turchi.
Alla corte del sultano, Giorgio Castriota si distinse per capacità ed intelligenza, parlava perfettamente, oltre all'albanese, il greco, il turco, il Latino, il bulgaro e il serbo-croato. Divenne esperto nell'uso delle armi nonché di strategia militare, guadagnò a tal punto la stima e la fiducia del sultano, che gli diede il nome: Iskënder Bej (principe Alessandro, in turco, probabilmente alludendo al Macedone Alessandro Magno), che gli Albanesi nazionalizzarono in Skënderbej.

Ritorno in Albania
Dopo una serie di imprese militari portate a termine brillantemente nell'interesse dei Turchi, la fama del giovane Castriota giunse in Albania e si iniziò a sperare in un suo ritorno in patria. Emissari della sua famiglia lo raggiunsero di nascosto nel quartiere generale del sultano e lo informarono della drammatica situazione degli Albanesi, senza ottenere apparentemente risultati. Il 28 novembre 1443, il sultano diede incarico a Skanderbeg di affrontare una coalizione di eserciti cristiani a maggioranza ungherese guidati dal signore di Transilvania, János Hunyadi ("Il Cavaliere bianco") per riprendersi la Serbia, che il nobile ungherese aveva liberato dall'oppressione ottomana. Skanderbeg, probabilmente influenzato dalle suppliche della sua gente, disattese gli ordini del sultano scegliendo di non intervenire nello scontro e favorendo per giunta di fatto una colossale sconfitta turca. Poi, assieme ad altri suoi 300 fedelissimi albanesi che appartenevano al suo settore di esercito turco, decise di combattere per la causa nazionale albanese, con il suo gruppo di soldati si riprese il castello di Krujë, radunò i nobili e diede inizio alla attività di ricupero nei confronti del territorio occupato dai turchi. In rapidissima successione conquistò tutte le fortezze che erano state occupate.
Skanderbeg, conquistata la fortezza di Croia, si auto-proclamò vendicatore della propria famiglia e del proprio Paese pronunciando queste famose parole: "Non fui io a portarvi la libertà, ma la trovai qui, ...in mezzo a voi".

Guerra contro i Turchi
Il 2 marzo 1444, nella cattedrale veneziana di San Nicola ad Alessio, Scanderbeg organizzò un grande convegno con la maggior parte dei principi albanesi, e con la partecipazione del rappresentante della Repubblica di Venezia; qui egli fu proclamato all'unanimità come guida della nazione albanese. Intanto il sultano Murad II, furioso per il tradimento del suo protetto, inviò contro gli albanesi, un potente esercito guidato da Alì Pascià alla testa di 100.000 uomini. Lo scontro con le forze di Skanderbeg, notevolmente inferiori, avvenne il 29 giugno 1444, a Torvjoll. I turchi riportarono una cocente sconfitta. Il successo di Skanderbeg ebbe vasta risonanza oltre il confine albanese, arrivò fino alle orecchie di Papa Eugenio IV il quale ipotizzò addirittura una nuova crociata contro l'Islam guidata da Skanderbeg.
L'esito dello scontro rese ancora più furibondo il sultano, che ordinò a Firuz Pascià di distruggere Scanderbeg e gli Albanesi e così il comandante ottomano partì alla testa di ben 15.000 cavalieri. Il Castriota lo attese alle gole di Prizren il 10 ottobre 1445 e ancora una volta ne uscì vincitore. Le gesta di Scanderbeg risuonavano per tutto l'occidente, delegazioni del papa e di Alfonso d'Aragona giunsero in Albania per celebrare la straordinaria impresa. Skanderbeg si guadagnò i titoli di "difensore impavido della civiltà occidentale" e "atleta di Cristo".
Ma Murad II non si rassegnava. Allora dispose agli ordini di Mustafà Pascià due eserciti per un complessivo di 25.000 uomini, di cui metà cavalieri, che si scontrarono con gli Albanesi il 27 settembre 1446: l'esito fu disastroso, si salvarono solo pochi turchi e a stento Mustafà Pascià. Le imprese di Scanderbeg, tuttavia, preoccupavano i veneziani, che vedendo in pericolo i traffici nel frattempo stabiliti con i Turchi, si allearono con il sultano per contrastare il Castriota. La battaglia del 3 luglio 1448 vide la sconfitta dei veneziani, che si vendicarono radendo al suolo la fortezza di Balsha.
Nel giugno del 1450, Murad II in persona intervenne contro l'Albania alla testa di 150.000 soldati, assediando il castello di Kruje. I Turchi persero metà dell'esercito e il comandante Firuz Pascià venne ucciso da Scanderbeg. Ma, anche se le straordinarie vittorie avevano inferto profonde ferite alle forze e all'orgoglio turco, avevano pure indebolito le forze albanesi e il Castriota, ben cosciente dei propri limiti, decise di chiedere aiuto ad Alfonso d'Aragona, che si rese disponibile riconoscendo a Scanderbeg il merito di essersi fatto carico di una durissima lotta contro i Turchi, che assai inquietavano la Corona napoletana.
Maometto II, successore di Murad, si rese conto delle gravi conseguenze, che l'alleanza degli albanesi con il Regno di Napoli poteva far nascere, decise quindi di mandare due armate contro l'Albania; una comandata da Hamza-bey, l'altra da Dalip Pascià. Nel luglio del 1452 le due armate furono annientate e mentre Hamza-bey fu catturato, Dalip Pascià morì in battaglia.
Altre incursioni turche si tramutarono in sconfitte, Skopje il 22 aprile del 1453, Oranik nel 1456, il 7 settembre 1457 nella valle del fiume Mati. Infine, nel corso del 1458 in una serie di scontri scaturiti da offensive portate questa volta da Skanderbeg, altre tre armate turche furono sbaragliate.
La fama di Scanderbeg fu incontenibile, anche per il fatto che i suoi uomini a disposizione non erano mai più di 20000, ed al sultano turco non rimase altro che chiedere di trattare la pace, il Castriota rifiutò ogni accordo e continuò la sua battaglia.
Nel 1459 si recò in Italia per aiutare Ferdinando I, re di Napoli, figlio del suo amico e protettore Alfonso d'Aragona nella lotta contro il rivale Giovanni d'Angiò e del suo esercito.
Intanto, altre due armate turche comandate da Hussein-bey e Sinan-bey, nel febbraio del 1462, mossero contro gli albanesi costringendo Skanderbeg a rientrare in tutta fretta nella sua patria, per guidare il suo esercito. Ci fu una furiosa battaglia presso Skopjë che vide i turchi annientati e il sogno di Maometto II, di far giungere il potere musulmano fino a Roma infrangersi. La decisione finale fu un trattato di pace firmato il 27 aprile 1463 tra Maometto II ed il Castriota.
Ferdinando I nel 1464, in segno di riconoscimento per l'aiuto ricevuto da Scanderbeg, concesse al signore albanese i feudi di Monte Sant'Angelo, Trani e San Giovanni Rotondo. Intanto, la morte di papa Pio II ad Ancona, il 14 agosto 1464, determinò il fallimento della grande crociata che il Pontefice aveva in mente e che teneva in grande apprensione il sultano. Quest'ultimo, nel settembre del 1464, incaricò Sceremet-bey di muovere contro gli albanesi, ma i turchi furono nuovamente sconfitti. Il figlio di Sceremet-bey fu catturato e rilasciato a fronte di un grosso riscatto.
L'anno dopo, scongiurato il pericolo della crociata, il Sultano intravide la possibilità di farla finita con il Castriota, mise insieme un poderoso esercito affidandolo ad un traditore albanese, il quale era stato cresciuto allo stesso modo di Scanderbeg, Ballaban Pascià. Ma anche quest'impresa fallì; l'esercito turco in prossimità di Ocrida, fu messo in fuga dalle forze albanesi.
Ancora una volta, nella primavera del 1466, riunì forze imponenti, mosse contro gli albanesi e cinse d'assedio Krujë; una serie di scontri furiosi, nel corso dei quali Ballaban Pascià fu ucciso, portarono Scanderbeg ad un'ennesima e straordinaria vittoria. Maometto II ostinatissimo nella sua lotta contro il Castriota, riorganizzò il suo esercito e, nell'estate del 1467, pose di nuovo l'assedio a Krujë, ma, dopo innumerevoli tentativi, dovette rassegnarsi a sgombrare il campo. Nonostante i successi in imprese, alcune delle quali, assolutamente straordinarie, Scanderbeg si rese conto che resistere alla pressione turca diventava sempre più difficile.
La stessa preoccupazione convinse il doge di Venezia ad inviare Francesco Cappello Grimani da Scanderbeg per organizzare una difesa comune, ma l'ambasciatore veneziano non poté portare a termine l'incarico perché Skanderbeg morì di malaria, ad Alessio, il 17 gennaio 1468.
Kruja, l'eroica cittadina, cadde nelle mani turche dieci anni dopo la sua morte.
Erede di Giorgio Castriota fu Giovanni, il figlio avuto dalla moglie Marina Donika Arianiti. Giovanni (a quel tempo era ancora un fanciullo) si rifugiò con la madre a Napoli, dove fu ospitato affettuosamente da Ferdinando d'Aragona, figlio d'Alfonso.
Nel 1481, Giovanni radunò alcuni fedelissimi e sbarcò a Durazzo, osannato dal popolo, ma non riuscì a portare a termine alcuna impresa poiché i turchi vanificarono immediatamente i tentativi del figlio di Scanderbeg.

Discendenti
La famiglia Castriota Scanderbeg, alla morte di Giorgio [1], ottenne dalla corona aragonese il ducato di San Pietro in Galatina e la contea di Soleto (Lecce, Italia). Giovanni, figlio di Scanderbeg, sposò Irene Paleologo, ultima discendente della famiglia imperiale di Bisanzio. In virtù di tale imparentamento, i membri della famiglia Castriota Scanderbeg oggi rappresentano gli unici discendenti diretti degli ultimi imperatori di Costantinopoli[2].
Attualmente esistono due linee della famiglia Castriota Scanderbeg d'Albania, una delle quali discende da Pardo e l'altra da Achille, entrambi figli naturali del Duca Ferrante, figlio di Giovanni e nipote di Scanderbeg. Entrambe fanno parte da secoli della nobiltà italiana e membri del Sovrano Militare Ordine di Malta con prove di giustizia [3]. L'unica figlia legittima del Duca Ferrante, Erina, nata da Adriana Acquaviva, ereditò lo Stato paterno, portando il ducato di Galatina e la contea di Soleto nella famiglia Sanseverino dopo il suo matrimonio con il principe Pietrantonio Sanseverino, conte di Tricarico.

Leggenda
Durante una furente battaglia contro i Turchi che si prolungò oltre il tramonto, lo Skanderbeg ordinò ad alcuni suoi soldati di recuperare un branco di capre, fece legare delle torce accese alle loro corna e le liberò in direzione delle file dei soldati turchi a notte inoltrata. I Turchi credendo di essere assaliti da preponderandi forze albanesi batterono in ritirata. Per l'importante servigio reso dall'animale il nostro eroe decise di assumerlo come suo emblema e raffigurarlo sul suo elmo.
Appena diffusasi la notizia della morte di Skanderbeg, i Turchi decisero di assalire quantoprima le forze albanesi in virtù del basso morale che l'avvenimento aveva generato. I luogotenenti albanesi allora decisero di ricorrere ad un singolare stratagemma: presero dal letto di morte il corpo esanime del loro condottiero e lo issarono sul suo cavallo, spronandolo in battaglia con dietro tutto il suo esercito. I Turchi, sentitisi ingannati dalla falsa notizia circa la sua morte, batterono in ritirata.


Narra una leggenda che Scanderbeg sul punto di morte ordinasse al figlio di sottrarsi dalla vendetta turca fuggendo in Italia; gli disse inoltre che appena fosse sbarcato sulla spiaggia avrebbe trovato un albero presso cui legare il suo cavallo e la sua spada e per sempre quando avesse soffiato il vento i turchi avrebbero sentito la spada di Skanderbeg volteggiare nuovamente nell'aria e il suo cavallo nitrire e, per paura, non lo avrebbero seguito.
Durante gli anni in cui i turchi provavano a conquistare l'impero di Skanderbeg, la strada che portava a Kruje, fu chiamata “jezitjoll”, cioè la via del diavolo.
Un partecipante alla spedizione contro l'Albania disse “il loro guerriero più debole è paragonabile al più forte dei nostri guerrieri turchi”.
Il palazzo a Roma dove risiedette Skanderbeg negli anni 1465-6 porta ancora il suo nome, sebbene non offra purtroppo testimonianze delle sue gesta, ma ospiti oggi il "Museo Nazionale delle Paste Alimentari". Nella città è anche presente una statua a lui dedicata, situata a piazza Albania.
Gli è dedicata la piazza principale di Tirana.
Un monumento[4] a Scandergerg è stato inaugurato nel 1968 a Bruxelles dagli immigrati albanesi per celebrare i 500 anni della sua morte.
A Fermo nel 2005 per celebrare 600 anni della sua nascita e stata inaugurata una piazza intitolata Giorgio Kastriota Skanderbeg Eroe Albanese e due anni dopo nel 2007 per l'occasione della festa Nazionale Albanese 95º anniversario d'indipedenza, con il contributo dell'Associazione Skanderbeg a Fermo, è stato inaugurato il busto del Eroe.

Il 22 giugno 1718 il compositore Antonio Vivaldi mise in scena al Teatro della Pergola di Firenze il dramma Scanderbeg su libretto di Antonio Salvi.
Le gesta di Skanderbeg nella battaglia di Krujie sono state raccontate nel romanzo I Tamburi della Pioggia di Ismail Kadare.
La presenza di Skanderbeg in Italia è stata raccontata nel romanzo storico Skanderbeg-La campagna d'Italia di Alban Kraja
Nel XVI secolo una discendente dello Scanderberg ha sposato l'architetto e ingegnere urbinate Iacopo Fusti (1510-1562), quest'ultimo ha aggiunto, dopo il matrimonio, il cognome Castriota in onore del celebre avo della consorte.
In Umbria, presso il Castello di Castelleone, un'antica fortezza feudale di origini medioevali nei pressi di Deruta (Perugia), è presente una statua equestre a dimensioni naturali di Giorgio Castriota Skanderbeg. La grande scultura è posizionata sulla cima della cosiddetta Torre Longobarda del castello, risalente al XII sec. Secondo recenti ricerche storiche svolte presso gli Archivi Vaticani e la Biblioteca dell'Archiginnasio di Bologna, il Castriota, proprio dalla sommità di quest'antica torre, avrebbe incitato i Perugini alla Crociata contro i Turchi di cui l'aveva incaricato Papa Pio II Piccolomini e che lo aveva indotto, attorno agli anni 1465/66, a risalire da Roma la Valle del Tevere fino a Perugia Vecchia.
Nel suo letto di morte, Scanderberg, ordinò, fra tutte le persone riunite accanto a lui, ad un bambino di andare fuori, raccogliere tanti pezzetti di legno e di queste farne un mazzo. Al suo ritorno lui sfidò i presenti a spezzare questo mazzo, ma nessuno di essi riuscì nell'impresa. Fu cosi che il nostro eroe disse allora al giovane di disfare il mazzo e romperli uno per volta... Concluse dicendo: "Con questo gesto, io, vi volevo dimostrare che se restate tutti uniti nessuno potrà mai spezzarvi, ma dividendovi anche un solo bambino potrà condurvi alla morte".
Detto questo spirò.


Tratto da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

domenica 8 agosto 2010

XIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C) - Vangelo del Giorno


In questo brano del Vangelo Cristo ci dice di non avere paura, di non lasciarci prendere dall’angoscia: il nostro stato d’animo di sempre deve essere una tranquilla fiducia in Dio, poiché “al Padre vostro è piaciuto di darvi il suo regno”. Dobbiamo aprire un conto in questo regno, perché solo lì si trova la vera ricchezza. La motivazione e il fine dell’uomo provengono sempre da dove egli pensa che si trovino i veri valori: “Perché dove è il vostro tesoro, lì sarà anche il vostro cuore”. Questa priorità implica che noi siamo distaccati dal denaro e dai beni materiali, e che li utilizziamo per il bene altrui, essendo responsabili davanti a Dio della loro gestione.
Dobbiamo anche tenerci in uno stato di veglia costante, aspettando la venuta di Cristo: “Siate pronti, con la cintura ai fianchi e le lucerne accese”. Come i servi non sanno quando il loro padrone rientrerà dal ricevimento di nozze, come un uomo non può sapere quando entreranno i ladri nella sua casa, così noi non conosciamo l’ora della nostra morte, quando cioè Cristo tornerà per noi.

Vangelo

Lc 12,32-48
Anche voi tenetevi pronti.

+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno.
Vendete ciò che possedete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro sicuro nei cieli, dove ladro non arriva e tarlo non consuma. Perché, dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore.
Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito.
Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro!
Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».
Allora Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?».
Il Signore rispose: «Chi è dunque l’amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così. Davvero io vi dico che lo metterà a capo di tutti i suoi averi.
Ma se quel servo dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda a venire”, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli infedeli.
Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche.
A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più».

Parola del Signore.






giovedì 5 agosto 2010

Serata di gala dell'Ordine di Malta, delegazione di Pisa


La Delegazione di Pisa dell' Ordine di Malta ha invitato i Principi d'Epiro alla serata di gala che si terrà Sabato 4 Settembre a partire dalle ore 20.00 presso Il Borgo La Fornace, Località Montignoso, Gambassi Terme, Firenze, per la raccolta di fondi per i bimbi seguiti dall'Oasi melitense per i Bimbi nati. L'Oasi sostiene con generi alimentari, abbigliamento e supporto medico i bambini nati e cresciuti grazie alla scelta di madri che, pur in difficoltà, hanno scelto di non abortire.

Il Dottor Mario Laurini, cultore di Storia Patria


Martedì 27 Luglio, ad Orvieto, i Principi di Santa Sofia hanno avuto il piacere di incontrare il Dottor Mario Laurini con cui hanno discusso principalmente di Storia del Risorgimento italiano. Il Dottor Laurini è un cultore della Storia Patria, monarchico, giornalista e con la moglie Anna Maria Barbaglia ha all' attivo un gran numero di pubblicazioni di carattere storico. Egli è anche Presidente di una nota associazione che cura le memorie garibaldine e raccoglie i discendenti di illustri personaggi del nostro Risorgimento. Vi invitiamo a visitare il Suo sito http://www.storiaartecultura.it/ ove potrete consultare la rivista Storia e cultura.

martedì 3 agosto 2010

I Principi di Santa Sofia visitano Norcia



Giovedì 22 Luglio i Principi di Santa Sofia hanno visitato i resti della casa natale dei Santi Benedetto e Scolastica, custoditi nella cripta della chiesa dell'Abbazia di San Benedetto a Norcia. Al termine della visita le LL. AA. RR. hanno partecipato in forma privata alla S. Messa capitolare delle ore 10.00 celebrata in rito romano antico. Alla Basilica è annesso un Monastero benedettino maschile, soppresso nel 1810 e riaperto nel 1998.

L' Eparca Kyril colpito da ischemia



Il Protoiereo Kyril, Eparca per gli Stati Uniti ed il Canada della Santa Chiesa Ortodossa d'Epiro e Cugino del Serenissimo Principe è stato colpito da ischemia. Non sono stati intaccati né la capacità di espressione, né le capacità intellettive del presule, tuttavia il Vescovo non è in grado di muovere né la gamba, né il braccio destro. I medici non sono al momento in grado di dire se potrà recuperare tali capacità motorie. Mons. Kyril ha presentato le proprie dimissioni al Cugino Principe Davide Pozzi Sacchi di Santa Sofia che è, come è noto, Capo temporale della Santa Chiesa Ortodossa d'Epiro, ma il Principe di Santa Sofia le ha respinte ed ha invitato Monsignor Kyril a non rinunciare al proprio ruolo. Il Vescovo aveva inoltrato domanda alla Santa Sede, vari mesi fa, dopo aver ricevuto l' autorizzazione del Principe d'Epiro, di potersi unire alla Chiesa cattolica di rito orientale; la procedura è ovviamente lenta, nel frattempo il presule, anche e soprattutto per i gravi motivi di salute sopraggiunti in modo improvviso, si ritirerà in un monastero benedettino degli USA. Il Principe valuterà se affiancargli o meno un Vescovo ausiliare.