Cancelleria degli Ordini Dinastici della Real Casa di Epiro

La Cancelleria degli Ordini Dinastici della Real Casa d'Epiro, con il presente vuole rendere edotti tutti coloro che volessero presentare domanda di ammissione nell'Ordine Costantiniano di Epiro di contattare gentilmente il seguente indirizzo di posta elettronica : ordinessgeddiepiro@libero.it

Sperando di avere fatto opera gradita, la Cancelleria degli Ordini Dinastici della Real Casa d'Epiro, coglie l'occasione per porgere cavallereschi saluti.



mercoledì 20 ottobre 2010

MANCO' LA FORTUNA, NON IL VALORE.




Le LL.AA. i Principi d'Epiro sono stati invitati dal Colonnello Carmine Masiello alle celebrazioni per il 60° Anniversario della battaglia di El Alamein che si terranno il giorno 23 Ottobre presso la Caserma Vannucci di Livorno. Alle ore 11.00 vi sarà lo schieramento dei reparti cui seguiranno gli Onori alle Bandiere, gli Onori alle Autorità Civili e Militari presenti, gli Onori ai Caduti. Sarà presente un rappresentate del Governo. Dopo le Allocuzioni di rito avrà luogo un aviolancio e la cerimonia si concluderà con un Vin d'honneur. Nel pomeriggio alla Rotonda di Ardenza, dalle ore 14.30, avranno luogo attività dinamiche ed aviolanci. Il nonno paterno della Principessa di Santa Sofia è stato per l' appunto combattente ad El Alamein.

Mercoledì della XXIX settimana del Tempo Ordinario - Vangelo del giorno

Vangelo
Lc 12,39-48
A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto.

+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».Allora Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?». Il Signore rispose: «Chi è dunque l’amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così. Davvero io vi dico che lo metterà a capo di tutti i suoi averi. Ma se quel servo dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda a venire”, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli infedeli. Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche. A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più».
Parola del Signore

lunedì 11 ottobre 2010

Lunedì della XXVIII settimana del Tempo Ordinario - Vangelo del giorno

Vangelo

Lc 11,29-32
Non sarà dato alcun segno a questa generazione, se non il segno di Giona.

+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, mentre le folle si accalcavano, Gesù cominciò a dire:
«Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona. Poiché, come Giona fu un segno per quelli di Nìnive, così anche il Figlio dell’uomo lo sarà per questa generazione.
Nel giorno del giudizio, la regina del Sud si alzerà contro gli uomini di questa generazione e li condannerà, perché ella venne dagli estremi confini della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Salomone.
Nel giorno del giudizio, gli abitanti di Nìnive si alzeranno contro questa generazione e la condanneranno, perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Giona».

Parola del Signore


mercoledì 6 ottobre 2010

7 ottobre, Beata Vergine Maria del Rosario




Questa memoria Mariana di origine devozionale si collega con la vittoria di Lepanto (1571), che arrestò la grande espansione dell'impero ottomano. San Pio V attribuì quello storico evento alla perghiera che il popolo cristiano aveva indirizzato alla Vergine nella forma del Rosario. (Mess. Rom.)

Il Rosario è, nato dall'amore dei cristiani per Maria in epoca medioevale, forse al tempo delle crociate in Terrasanta. L'oggetto che serve alla recita di questa preghiera, cioè la corona, è di origine molto antica. Gli anacoreti orientali usavano pietruzze per contare il numero delle preghiere vocali. Nei conventi medioevali i fratelli laici, dispensati dalla recita del salterio per la scarsa familiarità col latino, integravano le loro pratiche di pietà con la recita dei "Paternostri", per il cui conteggio S. Beda il Venerabile aveva suggerito l'adozione di una collana di grani infilati a uno spago. Poi, narra una leggenda, la Madonna stessa, apparendo a S. Domenico, gli indicò nella recita del Rosario un'arma efficace per debellare l'eresia albigese.
Nacque così la devozione alla corona del rosario, che ha il significato di una ghirlanda di rose offerta alla Madonna. Promotori di questa devozione sono stati infatti i domenicani, ai quali va anche la paternità delle confraternita del Rosario. Fu un papa domenicano, S. Pio V, il primo a incoraggiare e a raccomandare ufficialmente la recita del Rosario, che in breve tempo divenne la preghiera popolare per eccellenza, una specie di "breviario del popolo", da recitarsi la sera, in famiglia, poiché si presta benissimo a dare un orientamento spirituale alla liturgia familiare.
Quelle "Ave Maria" recitate in famiglia sono animate da un autentico spirito di preghiera: "E mentre si propaga la dolce e monotona cadenza delle "Ave Maria", il padre o la madre di famiglia pensano alle preoccupazioni familiari, al bambino che attendono o ai problemi che già pongono i figli più grandi. Questo insieme di aspetti della vita familiare subisce allora l'illuminazione del mistero salvifico del Cristo, e viene spontaneo affidarlo con semplicità alla madre del miracolo di Cana e di tutta quanta la redenzione" (Schillebeeckx).
La celebrazione della festività odierna, istituita da S. Pio V per commemorare la vittoria riportata nel 1571 a Lepanto contro la flotta turca (inizialmente si diceva "S. Maria della Vittoria"), il giorno 7 ottobre, che in quell'anno cadeva di domenica, venne estesa nel 1716 alla Chiesa universale, e fissata definitivamente al 7 ottobre da S. Pio X nel 1913. La "festa del santissimo Rosario", com'era chiamata prima della riforma del calendario del 1960, compendia in certo senso tutte le feste della Madonna e insieme i misteri di Gesù, ai quali Maria fu associata, con la meditazione di quindici momenti della vita di Maria e di Gesù.


Autore: Piero Bargellini

Tratto da:www.santiebeati.it

7 ottobre, Beata Maria Vergine del Rosario - Vangelo del giorno

Vangelo

Lc 11,5-13
Chiedete e vi sarà dato.

+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse ai discepoli:
«Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: “Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli”, e se quello dall’interno gli risponde: “Non m’importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani”, vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono.
Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto.
Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!».

Parola del Signore


Mercoledì della XXVII settimana del Tempo Ordinario - Vangelo del giorno

Vangelo

Lc 11,1-4
Signore, insegnaci a pregare.

+ Dal Vangelo secondo Luca

Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli».
Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite:
Padre,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno;
dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano,
e perdona a noi i nostri peccati,
anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore,
e non abbandonarci alla tentazione».

Parola del Signore


INTERVISTA CON MONS. SCHNEIDER

SULL'ARRICCHIMENTO RECIPROCO DELLE DUE FORME
DEL RITO ROMANO - SECONDA PARTE

Ecco la seconda parte dell'incontro che abbiamo avuto con S. E. Mons. Athanasius Schneider, vescovo ausiliare di Karaganda (Kazakistan). Dopo la prima parte, dedicata all'Eucaristia, ci soffermiamo in questa pubblicazione sull'arricchimento mutuo tra le due forme del rito romano, così come auspicato dal Santo Padre nella sua lettera ai vescovi del 7 luglio 2007. S.E. Mons. Schneider ci propone in particolare una riflessione inedita sul rafforzamento nella liturgia moderna, ma secondo una logica tradizionale, del ruolo del diacono, del lettore e dell'accolito. A questo riguardo ci piace sottolineare che, proprio nel periodo in cui abbiamo avuto la fortuna di poterlo intervistare, S. E. Mons. Athanasius Schneider stava per conferire gli ordini minori, secondo la forma straordinaria della liturgia romana, ad alcuni seminaristi dell'Istituto del Cristo Re.

6) Nel Motu Proprio Summorum Pontificum, Benedetto XVI ha formulato un invito all'arricchimento reciproco delle due forme dell'unico rito romano: per Lei, che celebra senza difficoltà nella forma straordinaria, quali sono gli aspetti nei quali quest'arricchimento mutuo potrebbe manifestarsi con maggior frutto?

AS: Dobbiamo prendere sul serio il Papa. Non possiamo continuare a fare come se Lui non avesse detto questa frase. Anzi, come se non l'avesse scritta. Ovviamente, anche senza cambiare i messali, c'è modo di avvicinare le due forme.

La prima cosa potrebbe essere quella di celebrare versus Deum a partire dall'Offertorio, così com'è previsto dalle rubriche del Novus ordo. L'ordo missae di Paolo VI indica chiaramente che per due volte il celebrante si deve rivolgere verso il popolo. Una volta al momento dell'”Orate fratres” e poi quando il sacerdote dice “Ecce Agnus Dei” per la comunione dei fedeli. Che cosa significa questo se non che il sacerdote dovrebbe essere rivolto all'altare durante l'Offertorio e il Canone? Nel settembre 2000, la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti ha pubblicato una risposta relativa ad un “quaesitum” sull'orientamento del sacerdote durante la messa. Spiegando che “che la posizione versus populum sembra la piú conveniente nella misura in cui rende piú facile la comunicazione”, ricordava che “sarebbe un grave errore supporre che l’azione sacrificale sia orientata principalmente alla comunità. Se il prete celebra versus populum, cosa legittima e spesso consigliata, il suo atteggiamento spirituale deve sempre essere rivolto versus Deum per Iesum Christum, in rappresentanza dell’intera Chiesa.”
Mi pare che oggi questa risposta, che consiglia la celebrazione verso il popolo, potrebbe venire adattata alla nuova realtà creata del MP Summorum Pontificum con la raccomandazione di celebrare ad orientem a partire dall'Offertorio.

In merito alla comunione, poi, la Santa Sede potrebbe pubblicare un'altra raccomandazione universale per ricordare ciò che viene previsto dall'Ordinamento generale del Messale romano nel suo articolo 160: “I fedeli si comunicano in ginocchio o in piedi, come stabilito dalla Conferenza Episcopale. Quando però si comunicano stando in piedi, si raccomanda che, prima di ricevere il Sacramento, facciano la debita riverenza, da stabilire dalle stesse norme.” Si nota che la prima forma di comunione menzionata dal testo ufficiale della Chiesa commentando il Novus Ordo è quella in ginocchio...
Sarebbe inoltre opportuno limitare l'uso dei cosiddetti ministri laici dell'Eucaristia ai soli casi di assenza del sacerdote e del diacono.

Un altro aspetto che potrebbe arricchire il Novus Ordo sarebbe che le letture della Sacra Bibbia vengano sempre fatte da un uomo in abito liturgico, e non da donne o uomini in vesti civili. Questo perchè la proclamazione della lettura si svolge nel presbiterio, un luogo che dai tempi apostolici era riservato al sacerdote e ai ministri ordinati, incluso i chierici degli ordini minori. Solo in mancanza di quest'ultimi un fedele laico maschio poteva supplire loro. Il servizio presso l’altare, sia del lettore, sia dell’accolito, non è un esercizio del sacerdozio comune, ma è contenuto nell’esercizio dell’ordine sacro, specificamente in quello del diaconato. Per questa ragione, almeno a partire dal III secolo, la Chiesa Romana ha voluto gli ordini minori come una specie di introduzione ai vari compiti concreti che in qualche modo sono contenuti nell’esercizio del diaconato, per esempio vigilare il santuario e chiamare i fedeli alla liturgia (ostiariato), leggere la parola di Dio nella liturgia (lettorato), espellere gli spiriti maligni (exorcistato), portare la luce e servire all’altare (accolitato). Per questo si può meglio vedere la ragione per la quale la Chiesa finora ha riservato il conferimento degli ordini minori o dell’istituzione di lettore e accolito ai soli fedeli laici maschi.

Di conseguenza consideriamo che un'altra possibilità offerta dall'avvicinamento delle due forme liturgiche sia quella di tornare alla sana tradizione che riserva il coro ai soli uomini: diaconi, accoliti, lettori e chierichetti devono essere maschi. Non possiamo lamentare il crollo delle vocazioni se i ragazzi non sono più portati al servizio dell'altare.
Infine, la preghiera dei fedeli deve essere riservata ai soli diaconi, accoliti o lettori in veste liturgica. Penso però che sia più consono alla bimilenaria tradizione della Chiesa, occidentale come orientale, che la preghiera universale o dei fedeli sia proclamata o meglio cantata solo dal diacono, giacchè la preghiera universale si chiamava anche oratio diaconalis. Quindi, in assenza del diacono, analogamente alla proclamazione del vangelo, la preghiera universale dovrebbe venire detta dal sacerdote stesso. Il nome preghiera dei fedeli non significa che sia proclamata da parte dei fedeli laici, questo è un errore storico e liturgico. Significa invece che questa preghiera si faceva all’inizio della liturgia dei fedeli dopo l'uscita dei catecumeni. Il diacono o il sacerdote offriva alla maestà Divina con le suppliche solenni le intenzioni di tutta la chiesa, cioè di tutti i fedeli, ed è proprio per questo che si chiamava anche preghiera dei fedeli.

7) E per il Vetus Ordo? In che modo potrebbe venire arricchito dall'avvicinamento con la forma ordinaria del rito romano?

AS: Direi che lo spirito che anima gli ultimi punti relativi al Novus Ordo si può applicare alla forma straordinaria. Le letture sacre dovrebbero essere sempre rese accessibili ai fedeli, cioè lette nella lingua locale e non soltanto in latino, fatta qualche eccezione particolare. Le letture potrebbero essere fatte, anche in questo caso, da un lettore ordinato o istituito o comunque da un fedele laico maschio in veste liturgica.

Anche l'introduzione di alcuni dei prefazi del Novus Ordo sarebbe una cosa bella e utile, così come l'introduzione dei nuovi santi nel calendario liturgico tradizionale.

lunedì 4 ottobre 2010

INTERVISTA A S.E. MONS. SCHNEIDER

PRIMA PARTE – SULLA COMUNIONE


La riforma della riforma promossa dal Sommo Pontefice è un'opera che progredisce lentamente non avendo per ora riscontrato il supporto necessario nella gerarchia episcopale. Nonostante questo, alcuni prelati si sono gettati con entusiasmo e ubbidienza nella promozione del nuovo movimento liturgico voluto da Papa Benedetto. Siamo lieti di proporvi questa settimana la prima parte di un'incontro esclusivo con uno di questi, S.E. Mons. Athanasius Schneider, Vescovo ausiliare di Karaganda nel Kazakistan, autore del libro “Dominus Est, Riflessioni di un Vescovo dell'Asia centrale sulla sacra Comunione”, pubblicato nel 2008 dalla Libreria Editrice Vaticana.

1) Eccellenza, innanzitutto, può presentarci l'ordine religioso al quale appartiene: i Canonici regolari della Santa Croce detti anche Canonici di Coimbra?

S.E. Mons. Athanasius Schneider: Furono Don Tello e San Teotoneo, il primo santo del Portogallo, a creare l'ordine nel 1131 a Coimbra. Lo fondarono con altri dieci religiosi, scegliendo di seguire la regola di Sant'Agostino e mettendosi sotto la doppia protezione della Santa Croce e dell'Immacolata Concezione. L'ordine conobbe una crescita rapida.
Portoghese di nascita, anche Sant'Antonio da Padova, prima di passare ai francescani, appartenne all'ordine. Nel 1834 il governo portoghese chiuse gli ordini religiosi. Per la Chiesa, però, un'ordine si estingue soltanto 100 anni dopo la morte del suo ultimo membro. Dopo il Concilio Vaticano II, fu il Primate di Portogallo a chiedere di rilanciare l'ordine. Il rilancio venne approvato nel 1979 da un decreto della Santa Sede, firmato dall’allora arcivescovo Augustin Mayer, Segretario della Congregazione per i Religiosi.
L'ordine è dedicato alla venerazione della Santa Croce e degli angeli, in stretto legame con l'opera perseguita dall'Opus Angelorum. Nato nel 1949 in Austria, l'Opus Angelorum ha dato vita nel 1961 alla Confraternità degli Santi Angeli Custodi con la vocazione di raggrupare i “fratelli della Croce”. La fondatrice dell'Opus Angelorum, umile madre di famiglia austriaca, Gabrielle Bitterlich, voleva portare un aiuto spirituale ai sacerdoti e partecipare all'espiazione per i sacerdoti mediante la pratica dell'Adorazione eucaristica.
L'Opus Angelorum è stato oggetto di vari interventi della Santa Sede per chiarirne il funzionamento ed è diventato alla fine, nel 2007, il terz'ordine dei Canonici Regolari della Santa Croce.
L'ordine dei Canonici Regolari della Santa Croce conta 80 sacerdoti per 140 membri ed è presente in Europa, America e Asia.
Nell’ordine la messa si celebra secondo il Novus Ordo, però versus Deum e dando la comunione nel modo tradizionale, quello che il Santo Padre ha riportato nelle sue cerimonie: Comunione in bocca data ai fedeli inginocchiati. In questo si perpetua anche la memoria della fondatrice dell'Opus Angelorum che soffriva molto per la generalizzazione della comunione nella mano.

2) E' stato questo rispetto particolare per l'Eucaristia, Eccellenza, ad averla spinta ad unirsi all'ordine?

AS: Si. Dovete sapere che per 12 anni, i primi della mia vita, ho vissuto sotto la tirannia del comunismo sovietico. Sono cresciuto nell'amore di Gesù Eucaristia grazie a mia madre che era una “donna eucaristica”. Una di quelle pie donne che custodivano l'Ostia consacrata per evitare che venissero commessi dei sacrilegi quando i sacerdoti venivano arrestati o messi sotto indagine dalle autorità.
Quindi, quando siamo arrivati in Germania nel 1973, sono rimasto scioccato nel vedere come si faceva la comunione in chiesa. Mi ricordo di avere detto a mia madre, vedendo per la prima volta la comunione data in mano: “Mamma, ma è come quando distribuiscono le caramelle a scuola!”
Più tardi, quando ho creduto di avere la vocazione sacerdotale, ho cercato una via che consentisse anche a me di poter essere custode di Gesù Ostia, a mio modo. La Providenza ha voluto che fosse proprio negli anni del rilancio dei Canonici della Santa Croce...

3) Sin dalla sua elezione, avvenuta in pieno anno eucaristico, Benedetto XVI ha riaffermato spesso la presenza reale di Nostro Signore Gesù Cristo nell'Eucaristia. Ha anche ripreso, a partire dalla festa del Corpus Domini del 2008 l'uso di dare la comunione sulla lingua a fedeli inginocchiati. Colpiti da quest'esempio papale, numerosi sacerdoti, spesso tra i più giovani, cominciano a dubitare dei meriti della comunione generalizzata in mano, ritenuta per altro da alcuni come uno dei danni maggiori della riforma liturgica.
Il suo libro, Dominus Est, affronta precisamente questo tema. Secondo Lei, possiamo dire, come S.E. Mons. Malcolm Ranjith nella prefazione del suo libro, che la comunione in mano ha favorito una perdita di fede, sia dei fedeli che dei chierici, nella presenza reale di Cristo e, di conseguenza, una mancanza di rispetto nei confronti del Santissimo Sacramento? Ci riferiamo allo spostamento dei tabernacoli negli angoli bui delle chiese, ai fedeli che non si genuflettono più davanti al Santissimo Sacramento, alle comunioni sacrileghe, ecc.

AS: Vorrei innanzitutto dire che penso che si possa prendere la comunione con grande riverenza anche ricevendo l'Eucaristia nella mano. Nella sua forma più diffusa e generalizzata, però, dove la sacralità sembra venire dimenticata sia dal ministro che dal fedele, devo ammettere che la comunione in mano contribuisce a un indebolimento della fede e della venerazione del Signore eucaristico. E in questo senso sono in pieno accordo con le osservazioni di S.E. Mons. Malcolm Ranjith.
Alcune cose lo fanno capire:
- Non c'è nessuna garanzia della protezione di Nostro Signore nei suoi frammenti più piccoli. Io soffro della perdita dei frammenti dell'Eucaristia, ormai assai diffusa a causa della pratica quasi generalizzata della comunione in mano. E' possibile, mi dico, una tale trascuratezza, che con il tempo conduce ad una diminuzione e persino ad una mancanza di fede nella Transustanziazione?
- La comunione in mano favorisce fortemente il furto delle specie eucaristiche. Si commettono così dei sacrilegi veri che non dovremmo mai permettere.
- Lo spostamento del tabernacolo, inoltre, non aiuta la centralità dell'Eucaristia, anche a scopo educativo: deve sempre essere visibile il luogo centrale dove si ripara Nostro Signore Gesù Cristo.

4) Nonostante sia stato consentito solo da un apposito indulto all'inizio, il modo di comunicarsi in mano è divenuto una norma, quasi un dogma, nella maggioranza delle diocesi. Come mai una tale evoluzione?

AS: Questa situazione si è imposta con tutte le caratteristiche di una moda ed ho inoltre il sospetto che la sua diffusione sia dovuta anche ad una vera e propria strategia. La consuetudine della comunione nella mano si è diffusa con l’effetto di una valanga. Mi domando: siamo così insensibili da non riconoscere più la sublime sacralità delle specie eucaristiche, Gesù vivente tra noi con la Sua maestà Divina?

5) Per il momento pochissimi prelati hanno deciso di imitare il Santo Padre e di dare la comunione nel modo tradizionale. Di conseguenza numerosi preti esitano a seguire il Papa. Secondo Lei, si tratta delle solite resistenze conservatrici (non si toccano gli “avanzi” di Vaticano II) o, ciò che sarebbe quasi peggio, di un disinteresse per l'argomento?

AS: Non possiamo giudicare le intenzioni, ma un'osservazione esterna ci lascia pensare che ci sia una reticenza o, almeno, un disinteresse per il modo più sacro e più sicuro di ricevere la comunione. Si ha l'impressione che una parte dei pastori nella Chiesa faccia finta di non vedere quello che porta avanti il Sommo Pontefice: un magistero eucaristico-pratico.

4 Ottobre, Vangelo del giorno

Vangelo

Mt 11,25-30
Hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli.

+ Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.
Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».

Parola del Signore