Cancelleria degli Ordini Dinastici della Real Casa di Epiro

La Cancelleria degli Ordini Dinastici della Real Casa d'Epiro, con il presente vuole rendere edotti tutti coloro che volessero presentare domanda di ammissione nell'Ordine Costantiniano di Epiro di contattare gentilmente il seguente indirizzo di posta elettronica : ordinessgeddiepiro@libero.it

Sperando di avere fatto opera gradita, la Cancelleria degli Ordini Dinastici della Real Casa d'Epiro, coglie l'occasione per porgere cavallereschi saluti.



martedì 31 agosto 2010

Martedì della XXII settimana del Tempo Ordinario - Vangelo del Giorno

Vangelo
Lc 4,31-37

Io so chi tu sei: il santo di Dio!

+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù scese a Cafàrnao, città della Galilea, e in giorno di sabato insegnava alla gente. Erano stupiti del suo insegnamento perché la sua parola aveva autorità. Nella sinagoga c’era un uomo che era posseduto da un demonio impuro; cominciò a gridare forte: «Basta! Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!». Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». E il demonio lo gettò a terra in mezzo alla gente e uscì da lui, senza fargli alcun male. Tutti furono presi da timore e si dicevano l’un l’altro: «Che parola è mai questa, che comanda con autorità e potenza agli spiriti impuri ed essi se ne vanno?». E la sua fama si diffondeva in ogni luogo della regione circostante.

Parola del Signore

lunedì 23 agosto 2010

Storia: la famiglia Apostolico Orsini

La casa Orsini apparve per la prima volta in Oriente con Giovanni Orsini di Roma, vescovo di Trau in Dalmazia (1052-1112), e poi vi tornò stabilmente con vari rami che salirono a grande potenza come gli Apostolico Orsini Ducas, i Murafiet-Apostol, gli Orsini di Rosenberg e gli Orsini di Popovo.

Riccardo Orsini, il capostipite

Riccardo Orsini (1165-1197) è il capostipite degli (Apostolico) Orsini Ducas Angelo Comneno. Gli Orsini discendenti da Riccardo furono detti Apostolico Orsini o Orsini d'Epiro per distinguerli dai cugini romani con cui condividevano il medesimo stemma con l'aggiunta di una bandiera con la mezzaluna. Conte Palatino (della stessa famiglia Orsini di Roma) nel sec XII fu detto Apostolico perché parente dei cardinali Giordano e Giacinto Orsini (futuro papa Celestino III) legati apostolici in Germania. Riccardo Orsini fu fatto vassallo della Badia inferiore di Materdomini di Nocera nel 1194 da Enrico VI imperatore ed era diventato conte di Cefalonia e Zante dal 1185 grazie alla dote portata dalla moglie, la figlia dell’ammiraglio Margarito da Brindisi, comandante della flotta normanna sotto i regni di Guglielmo II (1166-1189) e di Tancredi (1189–1194). Margarito da Brindisi nella primavera 1186 guidò la flotta normanna a Cipro (dove il governatore Isacco Comneno di Cipro si era ribellato a Bisanzio), con azione spregiudicata catturò 70 galee dell'imperatore bizantino Isacco II Angelo procurando la maggiore perdita navale dell'impero d'Oriente con la deportazione in Sicilia dei generali bizantini: in seguito a ciò fu nominato conte di Zante, Cefalonia e Itaca. Gli (Apostolico) Orsini Ducas furono la famiglia reale che regnò sull'Epiro e sulla Tessaglia grazie al matrimonio contratto tra la famiglia Apostolico Orsini con la famiglia imperiale di Costantinopoli dei Ducas Angelo Comneno.

Rappresentanti della famiglia

I rappresentanti della famiglia Apostolico Orsini ebbero numerosi titoli nobiliari: Conti Palatini e Vassalli di Materdomini (1194), Conti di Cefalonia, di Zante e di Itaca nel 1185-1195, Principi di Morea verso il 1264, Conti di Gravina nel 1284-1291, Signori di Leucade nel 1295, Capitani Generali di Corfù nel 1286-1289, Balì di Morea nel 1297-1300, Principi Imperiali e Despoti sugli Stati Sovrani di Epiro e di Tessaglia.

I principali rappresentanti furono:

1. Riccardo I Orsini (1150-1197), detto Apostolico, Patrizio di Roma, Conte Palatino
2. Matteo (Maio) Orsini (1197), detto Apostolico, Patrizio di Roma, Conte Palatino, Signore di Cefalonia e Zante, sposa principessa imperiale Anna Comneno Angelo figlia del Sebastocrator Giovanni e di Zoe Dukas, nipote di Isacco II Imperatore d’Oriente.
3. Riccardo II Orsini (1250 - 1304), detto Apostolico, Conte Palatino, Conte di Cefalonia e Zante, Conte di Gravina, Capitano Generale d Corfù e Balì di Morea sposa Marguerite de Villehardouin (zia di Filippo I di Savoia), Signora di Matagrifon, figlia di Guglielmo II Principe d’Acaia e di Anna Angela Comnena Dukas Principessa d’Epiro (+ ?-2-1315), già vedova di Isnardo de Sabran
4. Giovanni I Orsini (+ ca. 1317), detto Apostolico, Conte Palatino, Signore di Leucade e Consignore di Cefalonia, sposa principessa imperiale Maria Ducas Angelo Comneno nel 1292, figlia di Tommaso I Despota d’Epiro e di Anna Paleologa Cantacuzena (figlia dell’Imperatore Michele IX) (+ post 1304). Ebbero i seguenti figli che regnarono sull'Epiro e che aggiunsero il cognome Ducas Angelo Comneno a quello degli Orsini secondo l'usanza orientale:
4.1. Nicola I Orsini (+1323) Ducas Angelo Comneno, detto Angelo Comneno: divenne Despota d’Epiro (Re d'Epiro) assassinando lo zio Tommaso Ducas precedente despota, per salire al trono, sposando poi la moglie di questi, Anna Paleologa, figlia di Michele IX di Bisanzio. Il Despotato d'Epiro fu uno degli Stati a nascere dallo smembramento dell'Impero bizantino nel 1204 durante la quarta crociata.
4.2. Giovanni II Orsini Ducas Angelo Comneno, detto Angelo Comneno (+1335) fratello di Nicola I per consolidare il suo potere, sposò Anna Paleologa, precedente moglie di Nicola I. Nel 1328 perse la città di Jannina. Nel 1335 fu assassinato dalla sua stessa moglie, Anna.
4.2.1. Niceforo II Orsini Ducas Angelo Comneno, detto Ducas (+1358): figlio di Giovanni II succedette al trono al padre e regno' come despota su l'Epiro e la Tessaglia, sposò Maria Cantacuzena, figlia dell’imperatore di Costantinopoli Giovanni VI Cantacuzeno. Ebbe una figlia che morì infante. I suoi domini furono ereditati dal nipote Leonardo I Tocco.
4.2.2. Tommasa, sorella di Niceforo II, Principessa della Tessaglia nel 1358 (confermata nel 1359), sposa Simeone Uros Principe della Serbia (+ 1371).
4.3 Guido Orsini Ducas Angelo Comneno (+1336), fratello di Nicola e Giovanni, Conte Palatino detto Apostolico, contestabile di Cavalleria del principato di Acaja. Nella divisione dei numerosi feudi con i fratelli ottenne tutti i possedimenti in Italia degli Apostolico-Orsini (il feudo di Materdomini di Nocera, numerosi beni a Roma, Napoli, Salerno, Lecce, Brindisi). Ebbe un solo figlio: Giovanni III detto Apostolico-Orsino-Ducas Angelo-Comneno o Tsafas Ursinus Ducas che ereditò anche la Signoria di Leucade. Nel gennaio 1361 fu spodestato dalla Signoria di Leucade e ritornò a Nocera nell'antichissimo feudo di Materdomini degli Orsini proveniente da Riccardo I° e riconfermato nel 1472 da Ferrante di Aragona. Sposò la nobile Beatrice Griffi di Nocera. Fu sepolto a Napoli. Da Giovanni III discende Nicola II Apostolico Orsini Ducas Angelo Comneno confermato erede dello stato di Leucadia il 15 luglio 1506 abitante a Nocera (e a Napoli) e da lui discente il ramo degli Apostolico Orsini Ducas attualmente fiorente trasferitosi a metà 800 da Nocera a Lecce.
4.4 Margherita Orsini Ducas Angelo Comneno, sorella di Guido, Signora di metà dell’isola di Zante nel 1328. Sposò Guglielmo II Tocco (da cui Leonardo Tocco).

I discendenti degli Apostolico Orsini Ducas nel XX secolo

Il principe Sebastiano Apostolico Orsini Ducas (Lecce 1853-1931) con sentenza della corte d’appello di Trani del 22 giugno 1908 fu riconosciuto quale diretto e legittimo discendente di Giovanni (Apostolico) Orsini, Signore di Leucade e Consignore di Cefalonia, Gran Contestabile dell'Impero d'Oriente e pronipote di Papa Celestino III e di sua moglie principessa imperiale Maria Ducas Angelo Comneno, nipote dell’Imperatore di Costantinopoli Michele IX. Gli fu concesso di conseguenza anche l'uso del titolo di Duca e Conte di Leucade e Conte Palatino (il più antico titolo trasmesso alla dinastia dal capostipite Riccardo Orsini) e riconosciuto erede della dinastia Apostolico Orsini Ducas Angelo Comneno che regnò con il titolo di Despota sull'Epiro e sulla Tessaglia. Il principe Sebastiano fu il primo agricoltore a introdurre la mezzadria nel Salento insieme all'allevamento bovino e a sistemi moderni d'irrigazione. Nel 1898 costituì il primo Consorzio antifilosserico nella provincia di Lecce per la tutela degli impianti viticoli promuovendo in contemporanea infrastrutture (strade, case coloniche, stalle moderne) che favorissero lo sviluppo dell'agricoltura salentina. Realizzò egli stesso opere di bonifica a Brindisi e avviò l'ammodernamento dei mezzi di produzione delle sue aziende vitivinicole, diventando tra fine '800 e inizio '900 uno dei maggiori esportatori di vino sul mercato nazionale ed europeo (vinse per il suo vino nel 1904 ben 26 premi internazionali) e divenne Cavaliere al Merito del Lavoro. Costituì nella sua tenuta di Materdomini (più di 1000 ettari coltivati, una delle più grandi della Puglia) anche una fabbrica di tabacco, una delle prime del salento, mulini e magazzini per lo stoccaggio dei cereali, dando lavoro a centinaia di persone e amministratori. Fu inoltre sindaco di Lecce dal 1908 al 1914, per 30 anni Presidente del Consiglio Provinciale e Presidente dei Musei di Lecce. Morì nel 1931 senza essersi mai sposato. Per far continuare l'antica stirpe adottò e nominò suoi eredi legittimi i figli della sorella morta molto giovane, Principessa Michela (sposata con il nobile Pasquale Grassi di Martano di antichissima nobiltà salentina risalente al 1100). Il Principe allevò personalmente, come figli, i nipoti orfani dell'amata sorella facendoli vivere con lui nel suo palazzo storico in Lecce (in via Libertini) e a Materdomini (Arnesano). I nipoti così aggiunsero al loro cognome quello dell'antica casata principesca che regnò sull'Epiro e sulla Tessaglia continuando la discendenza:
Marianna Grassi Apostolico Orsini Ducas, sposata con il nobile Raffaele Licastro Scardino di San Cesario (da cui Mazzotta Licastro Scardino).
Giuseppe Grassi Apostolico Orsini Ducas, sposato con la nobile Maria Isabella Martini Carissimo, fu Ministro Guardasigilli del IV° governo De Gasperi, Segretario della commissione dei 75 per la formulazione della Legge Costituzionale e inoltre fondatore della Banca del Salento. Ospitò nella sua tenuta di Materdomini la famiglia Savoia dopo la seconda guerra mondiale prima dell'esilio.

sabato 21 agosto 2010

Messaggio di cordoglio della Real Casa di Epiro per la morte di S.A.R. e S. il Principe Carlo Ugo di Borbone Parma


Io sono la risurrezione e la vita: chi crede in me anche se muore vivrà; e chiunque vive e crede in me non morirà in eterno.

Sua Altezza Reale e Serenissima il Principe Don Davide Pozzi Sacchi di Santa Sofia, capo di nome et armi della Real Casa di Epiro, unitamente al Gran Priorato di Italia degli Ordini Dinastici, ai Nobili et ai cavalieri tutti, commossi partecipano al dolore della Reale e Ducale Casa Borbone - Parma per la scomparsa di Sua Altezza Reale e Serenissima il Principe Carlo Ugo di Borbone Duca di Parma e Piacenza.

Che Iddio l'Onnipotente lo accolga nella Sua pace.
Una Prece

Morto Carlo Ugo di Borbone erede reale del ducato di Parma

Nipote dell'ultimo duca Roberto, il principe si è spento all'età di 80 anni a Barcellona. Per i funerali, previsti alla Steccata, la città potrebbe ospitare numerose teste coronate



Si è spento a Barcellona all'età di 80 anni il discendente diretto dei Borbone di Parma. Il principe Carlo Ugo era nato nel 1930 a Parigi ed era nipote di Roberto I, ultimo duca di Parma che salì al trono a sei anni nel 1854 e vi rimase fino al 1859, quando il ducato fu invaso dal Piemonte.

Il casato di Carlo era anche imparentato con la famiglia reale spagnola: suo padre Saverio, figlio di Roberto, negli anni Cinquanta reclamò il suo diritto al trono iberico, ma fu ignorato da Francisco Franco, che gli preferì l'attuale sovrano Juan Carlos. Nel 1964 Carlo Ugo sposò a Roma Irene, principessa dei Paesi Bassi, che per amore si convertì al cattolicesimo e causò una crisi istituzionale in Olanda.

Il principe sarà sepolto nella cripta della Steccata, dove si celebreranno anche le esequie. Viste le sue numerose parentele internazionali di alto lignaggio è possibile che per i funerali arrivino in città numerose teste coronate e volti noti del mondo aristocratico.

mercoledì 18 agosto 2010

Messaggio di Cordoglio della Real Casa di Epiro


Io sono la risurrezione e la vita: chi crede in me anche se muore vivrà; e chiunque vive e crede in me non morirà in eterno.

La Real Casa di Epiro, il Gran Priorato degli Ordini dinastici, i Nobili ed i cavalieri tutti commossi partecipano al dolore della famiglia Cossiga per la perdita del padre Sen. Francesco Cossiga, Presidente Emerito della Repubblica, uomo di stato, fedele e devoto servitore della Patria, fervente cattolico.

Che Iddio Onnipotente lo accolga nella Sua pace.

martedì 17 agosto 2010

Giorgio Castriota Scanderbeg


Giorgio Castriota Scanderbeg (in albanese: Gjergj Kastrioti Skënderbeu; Dibra, 6 maggio 1405 – Alessio, 17 gennaio 1468) è stato un patriota albanese. Unì i principati dell'Epiro e d'Albania e resistette per 25 anni ai tentativi di conquista dell'Impero turco ottomano; per tale motivo è stimato come Atleta della Cristianità e considerato l'eroe nazionale dell'Albania e di tutti gli albanesi sparsi nel mondo.


Giovinezza
Tra la fine del XIV secolo e i primi decenni del XV secolo l'Albania fu occupata dalle forze ottomane le quali dovettero subito reprimere le rivolte dei principi albanesi. Giovanni Castriota, principe di Kruje e padre di Giorgio Castriota Scanderbeg, fu uno dei signori ribelli all'occupazione ottomana contro cui il sultano Murad II infierì più pesantemente poiché Giovanni era uno tra i potenti ed indomiti condottieri avversi alla occupazione. Le forze ottomane catturarono i quattro figli maschi di Giovanni: Stanisha, Reposhi, Costantino e Giorgio e li tennero come ostaggi, conducendoli alla corte di Adrianopoli. Due di loro morirono, probabilmente uccisi, uno si fece monaco, mentre il quarto, Giorgio, combatté per i Turchi.
Alla corte del sultano, Giorgio Castriota si distinse per capacità ed intelligenza, parlava perfettamente, oltre all'albanese, il greco, il turco, il Latino, il bulgaro e il serbo-croato. Divenne esperto nell'uso delle armi nonché di strategia militare, guadagnò a tal punto la stima e la fiducia del sultano, che gli diede il nome: Iskënder Bej (principe Alessandro, in turco, probabilmente alludendo al Macedone Alessandro Magno), che gli Albanesi nazionalizzarono in Skënderbej.

Ritorno in Albania
Dopo una serie di imprese militari portate a termine brillantemente nell'interesse dei Turchi, la fama del giovane Castriota giunse in Albania e si iniziò a sperare in un suo ritorno in patria. Emissari della sua famiglia lo raggiunsero di nascosto nel quartiere generale del sultano e lo informarono della drammatica situazione degli Albanesi, senza ottenere apparentemente risultati. Il 28 novembre 1443, il sultano diede incarico a Skanderbeg di affrontare una coalizione di eserciti cristiani a maggioranza ungherese guidati dal signore di Transilvania, János Hunyadi ("Il Cavaliere bianco") per riprendersi la Serbia, che il nobile ungherese aveva liberato dall'oppressione ottomana. Skanderbeg, probabilmente influenzato dalle suppliche della sua gente, disattese gli ordini del sultano scegliendo di non intervenire nello scontro e favorendo per giunta di fatto una colossale sconfitta turca. Poi, assieme ad altri suoi 300 fedelissimi albanesi che appartenevano al suo settore di esercito turco, decise di combattere per la causa nazionale albanese, con il suo gruppo di soldati si riprese il castello di Krujë, radunò i nobili e diede inizio alla attività di ricupero nei confronti del territorio occupato dai turchi. In rapidissima successione conquistò tutte le fortezze che erano state occupate.
Skanderbeg, conquistata la fortezza di Croia, si auto-proclamò vendicatore della propria famiglia e del proprio Paese pronunciando queste famose parole: "Non fui io a portarvi la libertà, ma la trovai qui, ...in mezzo a voi".

Guerra contro i Turchi
Il 2 marzo 1444, nella cattedrale veneziana di San Nicola ad Alessio, Scanderbeg organizzò un grande convegno con la maggior parte dei principi albanesi, e con la partecipazione del rappresentante della Repubblica di Venezia; qui egli fu proclamato all'unanimità come guida della nazione albanese. Intanto il sultano Murad II, furioso per il tradimento del suo protetto, inviò contro gli albanesi, un potente esercito guidato da Alì Pascià alla testa di 100.000 uomini. Lo scontro con le forze di Skanderbeg, notevolmente inferiori, avvenne il 29 giugno 1444, a Torvjoll. I turchi riportarono una cocente sconfitta. Il successo di Skanderbeg ebbe vasta risonanza oltre il confine albanese, arrivò fino alle orecchie di Papa Eugenio IV il quale ipotizzò addirittura una nuova crociata contro l'Islam guidata da Skanderbeg.
L'esito dello scontro rese ancora più furibondo il sultano, che ordinò a Firuz Pascià di distruggere Scanderbeg e gli Albanesi e così il comandante ottomano partì alla testa di ben 15.000 cavalieri. Il Castriota lo attese alle gole di Prizren il 10 ottobre 1445 e ancora una volta ne uscì vincitore. Le gesta di Scanderbeg risuonavano per tutto l'occidente, delegazioni del papa e di Alfonso d'Aragona giunsero in Albania per celebrare la straordinaria impresa. Skanderbeg si guadagnò i titoli di "difensore impavido della civiltà occidentale" e "atleta di Cristo".
Ma Murad II non si rassegnava. Allora dispose agli ordini di Mustafà Pascià due eserciti per un complessivo di 25.000 uomini, di cui metà cavalieri, che si scontrarono con gli Albanesi il 27 settembre 1446: l'esito fu disastroso, si salvarono solo pochi turchi e a stento Mustafà Pascià. Le imprese di Scanderbeg, tuttavia, preoccupavano i veneziani, che vedendo in pericolo i traffici nel frattempo stabiliti con i Turchi, si allearono con il sultano per contrastare il Castriota. La battaglia del 3 luglio 1448 vide la sconfitta dei veneziani, che si vendicarono radendo al suolo la fortezza di Balsha.
Nel giugno del 1450, Murad II in persona intervenne contro l'Albania alla testa di 150.000 soldati, assediando il castello di Kruje. I Turchi persero metà dell'esercito e il comandante Firuz Pascià venne ucciso da Scanderbeg. Ma, anche se le straordinarie vittorie avevano inferto profonde ferite alle forze e all'orgoglio turco, avevano pure indebolito le forze albanesi e il Castriota, ben cosciente dei propri limiti, decise di chiedere aiuto ad Alfonso d'Aragona, che si rese disponibile riconoscendo a Scanderbeg il merito di essersi fatto carico di una durissima lotta contro i Turchi, che assai inquietavano la Corona napoletana.
Maometto II, successore di Murad, si rese conto delle gravi conseguenze, che l'alleanza degli albanesi con il Regno di Napoli poteva far nascere, decise quindi di mandare due armate contro l'Albania; una comandata da Hamza-bey, l'altra da Dalip Pascià. Nel luglio del 1452 le due armate furono annientate e mentre Hamza-bey fu catturato, Dalip Pascià morì in battaglia.
Altre incursioni turche si tramutarono in sconfitte, Skopje il 22 aprile del 1453, Oranik nel 1456, il 7 settembre 1457 nella valle del fiume Mati. Infine, nel corso del 1458 in una serie di scontri scaturiti da offensive portate questa volta da Skanderbeg, altre tre armate turche furono sbaragliate.
La fama di Scanderbeg fu incontenibile, anche per il fatto che i suoi uomini a disposizione non erano mai più di 20000, ed al sultano turco non rimase altro che chiedere di trattare la pace, il Castriota rifiutò ogni accordo e continuò la sua battaglia.
Nel 1459 si recò in Italia per aiutare Ferdinando I, re di Napoli, figlio del suo amico e protettore Alfonso d'Aragona nella lotta contro il rivale Giovanni d'Angiò e del suo esercito.
Intanto, altre due armate turche comandate da Hussein-bey e Sinan-bey, nel febbraio del 1462, mossero contro gli albanesi costringendo Skanderbeg a rientrare in tutta fretta nella sua patria, per guidare il suo esercito. Ci fu una furiosa battaglia presso Skopjë che vide i turchi annientati e il sogno di Maometto II, di far giungere il potere musulmano fino a Roma infrangersi. La decisione finale fu un trattato di pace firmato il 27 aprile 1463 tra Maometto II ed il Castriota.
Ferdinando I nel 1464, in segno di riconoscimento per l'aiuto ricevuto da Scanderbeg, concesse al signore albanese i feudi di Monte Sant'Angelo, Trani e San Giovanni Rotondo. Intanto, la morte di papa Pio II ad Ancona, il 14 agosto 1464, determinò il fallimento della grande crociata che il Pontefice aveva in mente e che teneva in grande apprensione il sultano. Quest'ultimo, nel settembre del 1464, incaricò Sceremet-bey di muovere contro gli albanesi, ma i turchi furono nuovamente sconfitti. Il figlio di Sceremet-bey fu catturato e rilasciato a fronte di un grosso riscatto.
L'anno dopo, scongiurato il pericolo della crociata, il Sultano intravide la possibilità di farla finita con il Castriota, mise insieme un poderoso esercito affidandolo ad un traditore albanese, il quale era stato cresciuto allo stesso modo di Scanderbeg, Ballaban Pascià. Ma anche quest'impresa fallì; l'esercito turco in prossimità di Ocrida, fu messo in fuga dalle forze albanesi.
Ancora una volta, nella primavera del 1466, riunì forze imponenti, mosse contro gli albanesi e cinse d'assedio Krujë; una serie di scontri furiosi, nel corso dei quali Ballaban Pascià fu ucciso, portarono Scanderbeg ad un'ennesima e straordinaria vittoria. Maometto II ostinatissimo nella sua lotta contro il Castriota, riorganizzò il suo esercito e, nell'estate del 1467, pose di nuovo l'assedio a Krujë, ma, dopo innumerevoli tentativi, dovette rassegnarsi a sgombrare il campo. Nonostante i successi in imprese, alcune delle quali, assolutamente straordinarie, Scanderbeg si rese conto che resistere alla pressione turca diventava sempre più difficile.
La stessa preoccupazione convinse il doge di Venezia ad inviare Francesco Cappello Grimani da Scanderbeg per organizzare una difesa comune, ma l'ambasciatore veneziano non poté portare a termine l'incarico perché Skanderbeg morì di malaria, ad Alessio, il 17 gennaio 1468.
Kruja, l'eroica cittadina, cadde nelle mani turche dieci anni dopo la sua morte.
Erede di Giorgio Castriota fu Giovanni, il figlio avuto dalla moglie Marina Donika Arianiti. Giovanni (a quel tempo era ancora un fanciullo) si rifugiò con la madre a Napoli, dove fu ospitato affettuosamente da Ferdinando d'Aragona, figlio d'Alfonso.
Nel 1481, Giovanni radunò alcuni fedelissimi e sbarcò a Durazzo, osannato dal popolo, ma non riuscì a portare a termine alcuna impresa poiché i turchi vanificarono immediatamente i tentativi del figlio di Scanderbeg.

Discendenti
La famiglia Castriota Scanderbeg, alla morte di Giorgio [1], ottenne dalla corona aragonese il ducato di San Pietro in Galatina e la contea di Soleto (Lecce, Italia). Giovanni, figlio di Scanderbeg, sposò Irene Paleologo, ultima discendente della famiglia imperiale di Bisanzio. In virtù di tale imparentamento, i membri della famiglia Castriota Scanderbeg oggi rappresentano gli unici discendenti diretti degli ultimi imperatori di Costantinopoli[2].
Attualmente esistono due linee della famiglia Castriota Scanderbeg d'Albania, una delle quali discende da Pardo e l'altra da Achille, entrambi figli naturali del Duca Ferrante, figlio di Giovanni e nipote di Scanderbeg. Entrambe fanno parte da secoli della nobiltà italiana e membri del Sovrano Militare Ordine di Malta con prove di giustizia [3]. L'unica figlia legittima del Duca Ferrante, Erina, nata da Adriana Acquaviva, ereditò lo Stato paterno, portando il ducato di Galatina e la contea di Soleto nella famiglia Sanseverino dopo il suo matrimonio con il principe Pietrantonio Sanseverino, conte di Tricarico.

Leggenda
Durante una furente battaglia contro i Turchi che si prolungò oltre il tramonto, lo Skanderbeg ordinò ad alcuni suoi soldati di recuperare un branco di capre, fece legare delle torce accese alle loro corna e le liberò in direzione delle file dei soldati turchi a notte inoltrata. I Turchi credendo di essere assaliti da preponderandi forze albanesi batterono in ritirata. Per l'importante servigio reso dall'animale il nostro eroe decise di assumerlo come suo emblema e raffigurarlo sul suo elmo.
Appena diffusasi la notizia della morte di Skanderbeg, i Turchi decisero di assalire quantoprima le forze albanesi in virtù del basso morale che l'avvenimento aveva generato. I luogotenenti albanesi allora decisero di ricorrere ad un singolare stratagemma: presero dal letto di morte il corpo esanime del loro condottiero e lo issarono sul suo cavallo, spronandolo in battaglia con dietro tutto il suo esercito. I Turchi, sentitisi ingannati dalla falsa notizia circa la sua morte, batterono in ritirata.


Narra una leggenda che Scanderbeg sul punto di morte ordinasse al figlio di sottrarsi dalla vendetta turca fuggendo in Italia; gli disse inoltre che appena fosse sbarcato sulla spiaggia avrebbe trovato un albero presso cui legare il suo cavallo e la sua spada e per sempre quando avesse soffiato il vento i turchi avrebbero sentito la spada di Skanderbeg volteggiare nuovamente nell'aria e il suo cavallo nitrire e, per paura, non lo avrebbero seguito.
Durante gli anni in cui i turchi provavano a conquistare l'impero di Skanderbeg, la strada che portava a Kruje, fu chiamata “jezitjoll”, cioè la via del diavolo.
Un partecipante alla spedizione contro l'Albania disse “il loro guerriero più debole è paragonabile al più forte dei nostri guerrieri turchi”.
Il palazzo a Roma dove risiedette Skanderbeg negli anni 1465-6 porta ancora il suo nome, sebbene non offra purtroppo testimonianze delle sue gesta, ma ospiti oggi il "Museo Nazionale delle Paste Alimentari". Nella città è anche presente una statua a lui dedicata, situata a piazza Albania.
Gli è dedicata la piazza principale di Tirana.
Un monumento[4] a Scandergerg è stato inaugurato nel 1968 a Bruxelles dagli immigrati albanesi per celebrare i 500 anni della sua morte.
A Fermo nel 2005 per celebrare 600 anni della sua nascita e stata inaugurata una piazza intitolata Giorgio Kastriota Skanderbeg Eroe Albanese e due anni dopo nel 2007 per l'occasione della festa Nazionale Albanese 95º anniversario d'indipedenza, con il contributo dell'Associazione Skanderbeg a Fermo, è stato inaugurato il busto del Eroe.

Il 22 giugno 1718 il compositore Antonio Vivaldi mise in scena al Teatro della Pergola di Firenze il dramma Scanderbeg su libretto di Antonio Salvi.
Le gesta di Skanderbeg nella battaglia di Krujie sono state raccontate nel romanzo I Tamburi della Pioggia di Ismail Kadare.
La presenza di Skanderbeg in Italia è stata raccontata nel romanzo storico Skanderbeg-La campagna d'Italia di Alban Kraja
Nel XVI secolo una discendente dello Scanderberg ha sposato l'architetto e ingegnere urbinate Iacopo Fusti (1510-1562), quest'ultimo ha aggiunto, dopo il matrimonio, il cognome Castriota in onore del celebre avo della consorte.
In Umbria, presso il Castello di Castelleone, un'antica fortezza feudale di origini medioevali nei pressi di Deruta (Perugia), è presente una statua equestre a dimensioni naturali di Giorgio Castriota Skanderbeg. La grande scultura è posizionata sulla cima della cosiddetta Torre Longobarda del castello, risalente al XII sec. Secondo recenti ricerche storiche svolte presso gli Archivi Vaticani e la Biblioteca dell'Archiginnasio di Bologna, il Castriota, proprio dalla sommità di quest'antica torre, avrebbe incitato i Perugini alla Crociata contro i Turchi di cui l'aveva incaricato Papa Pio II Piccolomini e che lo aveva indotto, attorno agli anni 1465/66, a risalire da Roma la Valle del Tevere fino a Perugia Vecchia.
Nel suo letto di morte, Scanderberg, ordinò, fra tutte le persone riunite accanto a lui, ad un bambino di andare fuori, raccogliere tanti pezzetti di legno e di queste farne un mazzo. Al suo ritorno lui sfidò i presenti a spezzare questo mazzo, ma nessuno di essi riuscì nell'impresa. Fu cosi che il nostro eroe disse allora al giovane di disfare il mazzo e romperli uno per volta... Concluse dicendo: "Con questo gesto, io, vi volevo dimostrare che se restate tutti uniti nessuno potrà mai spezzarvi, ma dividendovi anche un solo bambino potrà condurvi alla morte".
Detto questo spirò.


Tratto da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

domenica 8 agosto 2010

XIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C) - Vangelo del Giorno


In questo brano del Vangelo Cristo ci dice di non avere paura, di non lasciarci prendere dall’angoscia: il nostro stato d’animo di sempre deve essere una tranquilla fiducia in Dio, poiché “al Padre vostro è piaciuto di darvi il suo regno”. Dobbiamo aprire un conto in questo regno, perché solo lì si trova la vera ricchezza. La motivazione e il fine dell’uomo provengono sempre da dove egli pensa che si trovino i veri valori: “Perché dove è il vostro tesoro, lì sarà anche il vostro cuore”. Questa priorità implica che noi siamo distaccati dal denaro e dai beni materiali, e che li utilizziamo per il bene altrui, essendo responsabili davanti a Dio della loro gestione.
Dobbiamo anche tenerci in uno stato di veglia costante, aspettando la venuta di Cristo: “Siate pronti, con la cintura ai fianchi e le lucerne accese”. Come i servi non sanno quando il loro padrone rientrerà dal ricevimento di nozze, come un uomo non può sapere quando entreranno i ladri nella sua casa, così noi non conosciamo l’ora della nostra morte, quando cioè Cristo tornerà per noi.

Vangelo

Lc 12,32-48
Anche voi tenetevi pronti.

+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno.
Vendete ciò che possedete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro sicuro nei cieli, dove ladro non arriva e tarlo non consuma. Perché, dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore.
Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito.
Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro!
Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».
Allora Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?».
Il Signore rispose: «Chi è dunque l’amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così. Davvero io vi dico che lo metterà a capo di tutti i suoi averi.
Ma se quel servo dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda a venire”, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli infedeli.
Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche.
A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più».

Parola del Signore.






giovedì 5 agosto 2010

Serata di gala dell'Ordine di Malta, delegazione di Pisa


La Delegazione di Pisa dell' Ordine di Malta ha invitato i Principi d'Epiro alla serata di gala che si terrà Sabato 4 Settembre a partire dalle ore 20.00 presso Il Borgo La Fornace, Località Montignoso, Gambassi Terme, Firenze, per la raccolta di fondi per i bimbi seguiti dall'Oasi melitense per i Bimbi nati. L'Oasi sostiene con generi alimentari, abbigliamento e supporto medico i bambini nati e cresciuti grazie alla scelta di madri che, pur in difficoltà, hanno scelto di non abortire.

Il Dottor Mario Laurini, cultore di Storia Patria


Martedì 27 Luglio, ad Orvieto, i Principi di Santa Sofia hanno avuto il piacere di incontrare il Dottor Mario Laurini con cui hanno discusso principalmente di Storia del Risorgimento italiano. Il Dottor Laurini è un cultore della Storia Patria, monarchico, giornalista e con la moglie Anna Maria Barbaglia ha all' attivo un gran numero di pubblicazioni di carattere storico. Egli è anche Presidente di una nota associazione che cura le memorie garibaldine e raccoglie i discendenti di illustri personaggi del nostro Risorgimento. Vi invitiamo a visitare il Suo sito http://www.storiaartecultura.it/ ove potrete consultare la rivista Storia e cultura.

martedì 3 agosto 2010

I Principi di Santa Sofia visitano Norcia



Giovedì 22 Luglio i Principi di Santa Sofia hanno visitato i resti della casa natale dei Santi Benedetto e Scolastica, custoditi nella cripta della chiesa dell'Abbazia di San Benedetto a Norcia. Al termine della visita le LL. AA. RR. hanno partecipato in forma privata alla S. Messa capitolare delle ore 10.00 celebrata in rito romano antico. Alla Basilica è annesso un Monastero benedettino maschile, soppresso nel 1810 e riaperto nel 1998.

L' Eparca Kyril colpito da ischemia



Il Protoiereo Kyril, Eparca per gli Stati Uniti ed il Canada della Santa Chiesa Ortodossa d'Epiro e Cugino del Serenissimo Principe è stato colpito da ischemia. Non sono stati intaccati né la capacità di espressione, né le capacità intellettive del presule, tuttavia il Vescovo non è in grado di muovere né la gamba, né il braccio destro. I medici non sono al momento in grado di dire se potrà recuperare tali capacità motorie. Mons. Kyril ha presentato le proprie dimissioni al Cugino Principe Davide Pozzi Sacchi di Santa Sofia che è, come è noto, Capo temporale della Santa Chiesa Ortodossa d'Epiro, ma il Principe di Santa Sofia le ha respinte ed ha invitato Monsignor Kyril a non rinunciare al proprio ruolo. Il Vescovo aveva inoltrato domanda alla Santa Sede, vari mesi fa, dopo aver ricevuto l' autorizzazione del Principe d'Epiro, di potersi unire alla Chiesa cattolica di rito orientale; la procedura è ovviamente lenta, nel frattempo il presule, anche e soprattutto per i gravi motivi di salute sopraggiunti in modo improvviso, si ritirerà in un monastero benedettino degli USA. Il Principe valuterà se affiancargli o meno un Vescovo ausiliare.