Mercoledì scorso è asceso al Cielo degli Eroi il Barone Amedeo Guillet, nato a Piacenza nel 1909. Per le sue innate capacità equestri era stato scelto per rappresentare la squadra italiana di equitazione alle Olimpiadi di Berlino del 1936, ma il 3 Ottobre del '35 cominciò la guerra per la Conquista dell' Impero e le truppe italiane varcarono il confine tra Eritrea e Etiopia cogliendo di sorpresa le truppe del negus Haile Selassie. Guillet era a capo di un contingente di 200 libici, in maggioranza beduini chiamati Spahis.
Guillet capì che per conquistare la fiducia degli Spahis doveva imparare la loro lingua: «Mi sembrava strano che un comandante non potesse parlare con i propri soldati» dirà, e per imparare l'arabo si unì ai bambini della scuola coranica: «Ho imparato piano piano, dopo ho studiato per dieci anni l'arabo perché è una lingua meravigliosa, ricchissima di ogni passato anche letterario e filosofico. Oggi lo parlo quasi come l'italiano».
Tra Guillet e i suoi soldati si istaurò un rapporto di correttezza reciproca e quando fu costretto ad affrontare il suo primo combattimento nonostante la febbre malarica, ad aiutarlo e a salvargli la vita fu proprio uno dei suoi Spahis «Pur essendo io il comandante a un certo momento mi urla: "Spara a terra, spara a terra comandante!" C'era un Etiope che mi stava sparando col fucile e io per fortuna mia, poveretto, l'ho fatto fuori. E da lì ho imparato».
In seguito salvatosi miracolosamente da un proiettile rimbalzato sulla sua sella, rimase ferito alla mano, ma tornò vincitore e guadagnò la sua prima medaglia. L'avanzata dell'esercito italiano fu inesorabile e il 5 Maggio del '36 le truppe di Badoglio entrarono trionfalmente ad Addis Abeba, quattro giorni dopo venne proclamato l'Impero.
Non molti anni dopo egli combatterà nel Secondo Conflitto Mondiale in A.O.I. e quando le truppe inglesi costrinsero alla resa le forze italiane in Africa Orientale, nel 1941, l' allora giovane Tenente Guillet, alla testa di un drappello di cavalleria indigena di circa cento uomini continuò a combattere strenuamente il nemico meritandosi dagli indigeni il sopranome di comandate diavolo. Secondo il diritto internazionale di guerra non si può continuare a combattere dopo la firma della resa, eppure Guillet non volle sprecare un'occasione così importante, egli aveva in mente una stragia precisa: sfiancare il nemico. Iniziò quindi la sua guerra privata.
Amedeo Guillet fu costretto a nascondersi, a camuffare la sua identità: smessa l'uniforme militare indossò il turbante e il tipico abbigliamento indigeno e grazie alla conoscenza perfetta della lingua araba divenne per tutti è Ahmed Abdallah al Redai. Ricercato dagli inglesi si dimise dal esercito dopo il referendum monarchia -repubblica per non tradire il giuramento di fedeltà reso al Re e si dedicò alla carriera diplomatica. Con lui si spegne un Eroe di un Italia che non esiste più .
Guillet capì che per conquistare la fiducia degli Spahis doveva imparare la loro lingua: «Mi sembrava strano che un comandante non potesse parlare con i propri soldati» dirà, e per imparare l'arabo si unì ai bambini della scuola coranica: «Ho imparato piano piano, dopo ho studiato per dieci anni l'arabo perché è una lingua meravigliosa, ricchissima di ogni passato anche letterario e filosofico. Oggi lo parlo quasi come l'italiano».
Tra Guillet e i suoi soldati si istaurò un rapporto di correttezza reciproca e quando fu costretto ad affrontare il suo primo combattimento nonostante la febbre malarica, ad aiutarlo e a salvargli la vita fu proprio uno dei suoi Spahis «Pur essendo io il comandante a un certo momento mi urla: "Spara a terra, spara a terra comandante!" C'era un Etiope che mi stava sparando col fucile e io per fortuna mia, poveretto, l'ho fatto fuori. E da lì ho imparato».
In seguito salvatosi miracolosamente da un proiettile rimbalzato sulla sua sella, rimase ferito alla mano, ma tornò vincitore e guadagnò la sua prima medaglia. L'avanzata dell'esercito italiano fu inesorabile e il 5 Maggio del '36 le truppe di Badoglio entrarono trionfalmente ad Addis Abeba, quattro giorni dopo venne proclamato l'Impero.
Non molti anni dopo egli combatterà nel Secondo Conflitto Mondiale in A.O.I. e quando le truppe inglesi costrinsero alla resa le forze italiane in Africa Orientale, nel 1941, l' allora giovane Tenente Guillet, alla testa di un drappello di cavalleria indigena di circa cento uomini continuò a combattere strenuamente il nemico meritandosi dagli indigeni il sopranome di comandate diavolo. Secondo il diritto internazionale di guerra non si può continuare a combattere dopo la firma della resa, eppure Guillet non volle sprecare un'occasione così importante, egli aveva in mente una stragia precisa: sfiancare il nemico. Iniziò quindi la sua guerra privata.
Amedeo Guillet fu costretto a nascondersi, a camuffare la sua identità: smessa l'uniforme militare indossò il turbante e il tipico abbigliamento indigeno e grazie alla conoscenza perfetta della lingua araba divenne per tutti è Ahmed Abdallah al Redai. Ricercato dagli inglesi si dimise dal esercito dopo il referendum monarchia -repubblica per non tradire il giuramento di fedeltà reso al Re e si dedicò alla carriera diplomatica. Con lui si spegne un Eroe di un Italia che non esiste più .
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