Cancelleria degli Ordini Dinastici della Real Casa di Epiro

La Cancelleria degli Ordini Dinastici della Real Casa d'Epiro, con il presente vuole rendere edotti tutti coloro che volessero presentare domanda di ammissione nell'Ordine Costantiniano di Epiro di contattare gentilmente il seguente indirizzo di posta elettronica : ordinessgeddiepiro@libero.it

Sperando di avere fatto opera gradita, la Cancelleria degli Ordini Dinastici della Real Casa d'Epiro, coglie l'occasione per porgere cavallereschi saluti.



giovedì 7 gennaio 2010

Alla Madre di Dio

Alberto LEONI
Alla Madre di Dio, l'invincibile stratega.
Gli assedi di Costantinopoli.

Le origini dell'inno mariano akathistos nella tradizione bizantina e gli assedi di Costantinopoli

(626 - 674 - 717)


Era la notte del 6 agosto 626: le sentinelle di guardia sugli spalti delle mura di Teodosio osservavano il grande accampamento di Avari e Slavi che cingevano d'assedio Costantinopoli, la Seconda Roma, la capitale dell'Impero Romano, l'estremo baluardo della cristianità orientale. La situazione era disperata: come poteva una scarsa guarnigione difendere tutto il perimetro delle fortificazioni, con l'unico supporto di una popolazione che si era dimostrata imbelle e inaffidabile in più di un'occasione. Ma, nel cuore della notte, un soldato vide, o credette di vedere, una donna con la spada nella mano sul più alto dei bastioni. Una cosa incredibile perché solo gli uomini erano considerati atti alle armi e poi, forse, anche altri soldati ebbero la stessa visione e la voce nacque e si diffuse per tutta la città: la Madre di Dio in persona vegliava in armi sulla sorte di Costantinopoli!
L'assedio di Bisanzio del 626 fu il momento culminante di una guerra iniziata ventuno anni prima quando, alla morte dell'imperatore Maurizio, lo shah Khusraw II attaccò l'impero bizantino nel momento della sua massima debolezza per abbattere definitivamente il proprio nemico secolare. Khusraw, inoltre, contava sui conflitti esistenti tra i cristiani d'Oriente, divisi in partiti eretici, di volta in volta sostenuti o perseguitati dall'imperatore. Contemporaneamente gli Avari e le tribù slave invadevano i Balcani fino alla Grecia. Eraclio, esarca di Cartagine, aveva preso il potere nel 605 e aveva tentato una controffensiva, venendo duramente sconfitto e non solo: la stessa Gerusalemme era stata conquistata nel 614 e le reliquie della Vera Croce di Cristo erano state portate a Ctesifonte, capitale dell'impero sassanide, come preda bellica. Fu allora che tale inaudito sacrilegio ricompattò tutti i cristiani d'Oriente, decisi a resistere fino all'estremo contro il nemico pagano in quella che sarebbe passata alla storia come la "Guerra della Vera Croce". Eraclio, in pochi anni, riuscì a rifondare l'impero, costituendo un esercito che sarebbe divenuto il migliore del suo tempo per i secoli a venire e, con esso, sconfisse un esercito persiano dopo l'altro, ma senza riuscire a conseguire una vittoria decisiva, data l'enorme inferiorità numerica. Nel 626, inoltre, emissari persiani convinsero il re degli Avari a infrangere la tregua e ad attaccare Costantinopoli ma Eraclio continuò la sua campagna in Oriente affidando la difesa al patrizio Bono e al patriarca

Sergio che furono le anime della resistenza.

Il primo assalto delle orde barbariche avvenne il 31 luglio e fu respinto con perdite orrende e identico esito ebbe anche il tentativo degli slavi di penetrare nel Corno d'Oro con piccole imbarcazioni di legno che furono triturate dalla flotta bizantina. Il 7 agosto, dopo l'apparizione della Theotokos, venne scatenato un altro assalto generale. Selvaggi corpo a corpo divamparono lungo tutta la lunghezza delle mura e la cavalleria appiedata avara riuscì a conquistare il palazzo delle Blachernae, posto in riva al Corno d'Oro: tale successo permise alle barche slave di entrare nello specchio d'acqua interno alla città ma gli slavi furono ancora una volta intercettati dalle navi bizantine e massacrati mentre i superstiti che riuscivano ad approdare venivano passati a fil di spada dagli Armeni che facevano buona guardia nel settore. Sulle mura, intanto, lo stesso patriarca Sergio era salito sugli spalti per incitare i combattenti, stringendo alta tra le mani un'icona della Vergine. I barbari persero ogni speranza e fuggirono quello stesso giorno abbandonando gli accampamenti. Fu una vittoria così strepitosa e riportata in modo così completo e insperato che il patriarca fece cantare, per la prima volta, un inno composto probabilmente da Romano il Melode un secolo prima, nel 525. L'incipit dell'inno akathistos (e cioè "da cantare in piedi", l'equivalente del Te Deum) venne probabilmente scritto dal patriarca Sergio: "Alla Stratega invincibile, i canti di vittoria come a quella che ci ha liberati dai travagli; i ringraziamenti dovuti / io, la città tua, levo a Te, o Madre di Dio. Perché possiedi la forza contro cui è vano combattere liberami dai pericoli d'ogni sorta affinché ti proclami: Salve, sposa illibata!" Le strofe pari si concludono con un'Alleuia mentre le dispari contengono appellativi alla Vergine che, ancora oggi, posseggono una forza poetica commovente: "Ave, tu che fai crescere Colui che ha cura degli uomini con cuore amico" (v. 91); "Ave, protettrice di greggi ragionevoli" (v. 122); "Ave, tu che hai reso congruenti i contrari al medesimo fine" (vv. 256-257) e poi ancora "iniziatrice di razionale pienezza", "raggio del sole dell'intelletto" "della Chiesa fortezza inconquistabile", "dell'Impero baluardo indistruttibile"
Alla fine, nel 632, Eraclio ebbe la meglio sui persiani e li costrinse alla pace, riportando a Gerusalemme la Vera Croce: un trionfo che è ancora oggi ricordato nella festa dell' Esaltazione della Santa Croce il 14 settembre, oltre che negli affreschi di Piero della Francesca ad Arezzo. Pochi anni dopo quella vittoria, i bizantini venivano sconfitti nella battaglia dello Yarmuk (636) da un nemico che si sarebbe rivelato il più pericoloso e insidioso di tutti: l'Islam, che riprendeva le eresie cristiane dei primi secoli e le fondeva in un apparato religioso ferreo e privo di quel rapporto d'amore tra creatura e Creatore che è proprio del Cristianesimo. Le flotte arabe cinsero d'assedio Bisanzio una prima volta nel 674 e furono distrutte dal micidiale fuoco greco, una mistura infernale la cui composizione è ancora oggi ignota e che, a contatto con l'acqua, sprigionava incendi inestinguibili. Nel 717 un'immensa flotta araba sbarcò un'armata di 80.000 uomini per conquistare Bisanzio ma l'abilità dei marinai greci, il fuoco greco e, soprattutto, la determinazione dell'imperatore Leone III Isaurico e dei cittadini annientò totalmente i contingenti islamici. Fu una vittoria di proporzioni epocali, ottenuto contro un avversario che appariva, sino ad allora, invincibile. Poche vittorie militari furono così decisive nella storia: "Costantinopoli era l'ultimo argine che si opponeva all'invasione. Il fatto che questo argine abbia retto significò la salvezza non solo dell'impero bizantino ma di tutta la civiltà europea" (Ostrogorsky, «Storia dell'impero bizantino», Einaudi, p. 110). Fu proprio alla fine di quel lungo assedio che venne cantato nuovamente l'inno akathistos trovando la sua forma definitiva per opera del patriarca Germano ma, ancora oggi, è necessario che l'Occidente ritrovi nella tradizione orientale la pura bellezza che, sola, "salverà il mondo".

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