Cancelleria degli Ordini Dinastici della Real Casa di Epiro

La Cancelleria degli Ordini Dinastici della Real Casa d'Epiro, con il presente vuole rendere edotti tutti coloro che volessero presentare domanda di ammissione nell'Ordine Costantiniano di Epiro di contattare gentilmente il seguente indirizzo di posta elettronica : ordinessgeddiepiro@libero.it

Sperando di avere fatto opera gradita, la Cancelleria degli Ordini Dinastici della Real Casa d'Epiro, coglie l'occasione per porgere cavallereschi saluti.



lunedì 30 novembre 2009

Commemorazione di Giorgio I di Seborga


Il 5 Dicembre prossimo, alle ore 11.00, si terrà a Seborga una Santa Messa solenne nella Chiesa di San Bernardo in suffragio di S.A.S. il Principe Giorgio I. Alla cerimonia di suffragio farà seguito una Commemorazione Ufficiale e successivamente alle ore 15.30 ci sarà una riunione del Governo del Principato. La Real Casa d' Epiro sarà rappresentata alla Santa Messa e alla Commemorazione Ufficiale da Sua Eccellenza il Conte Alessandro Mario Segnini Bocchia di San Lorenzo. Comunichiamo altresì che La Gazzetta di Seborga ha pubblicato le condoglianze inviate al Governo dal Gran Principe d'Epiro http://gazzettadiseborga.blogspot.com/

Sant' Andrea Apostolo


Tra gli apostoli è il primo che incontriamo nei Vangeli: il pescatore Andrea, nato a Bethsaida di Galilea, fratello di Simon Pietro. Il Vangelo di Giovanni (cap. 1) ce lo mostra con un amico mentre segue la predicazione del Battista; il quale, vedendo passare Gesù da lui battezzato il giorno prima, esclama: "Ecco l’agnello di Dio!". Parole che immediatamente spingono Andrea e il suo amico verso Gesù: lo raggiungono, gli parlano e Andrea corre poi a informare il fratello: "Abbiamo trovato il Messia!". Poco dopo, ecco pure Simone davanti a Gesù; il quale "fissando lo sguardo su di lui, disse: “Tu sei Simone, figlio di Giovanni: ti chiamerai Cefa”". Questa è la presentazione. Poi viene la chiamata. I due fratelli sono tornati al loro lavoro di pescatori sul “mare di Galilea”: ma lasciano tutto di colpo quando arriva Gesù e dice: "Seguitemi, vi farò pescatori di uomini" (Matteo 4,18-20).Troviamo poi Andrea nel gruppetto – con Pietro, Giacomo e Giovanni – che sul monte degli Ulivi, “in disparte”, interroga Gesù sui segni degli ultimi tempi: e la risposta è nota come il “discorso escatologico” del Signore, che insegna come ci si deve preparare alla venuta del Figlio dell’Uomo "con grande potenza e gloria" (Marco 13). Infine, il nome di Andrea compare nel primo capitolo degli Atti con quelli degli altri apostoli diretti a Gerusalemme dopo l’Ascensione.E poi la Scrittura non dice altro di lui, mentre ne parlano alcuni testi apocrifi, ossia non canonici. Uno di questi, del II secolo, pubblicato nel 1740 da L.A. Muratori, afferma che Andrea ha incoraggiato Giovanni a scrivere il suo Vangelo. E un testo copto contiene questa benedizione di Gesù ad Andrea: "Tu sarai una colonna di luce nel mio regno, in Gerusalemme, la mia città prediletta. Amen". Lo storico Eusebio di Cesarea (ca. 265-340) scrive che Andrea predica il Vangelo in Asia Minore e nella Russia meridionale. Poi, passato in Grecia, guida i cristiani di Patrasso. E qui subisce il martirio per crocifissione: appeso con funi a testa in giù, secondo una tradizione, a una croce in forma di X; quella detta poi “croce di Sant’Andrea”. Questo accade intorno all’anno 60, un 30 novembre.Nel 357 i suoi resti vengono portati a Costantinopoli; ma il capo, tranne un frammento, resta a Patrasso. Nel 1206, durante l’occupazione di Costantinopoli (quarta crociata) il legato pontificio cardinale Capuano, di Amalfi, trasferisce quelle reliquie in Italia. E nel 1208 gli amalfitani le accolgono solennemente nella cripta del loro Duomo. Quando nel 1460 i Turchi invadono la Grecia, il capo dell’Apostolo viene portato da Patrasso a Roma, dove sarà custodito in San Pietro per cinque secoli. Ossia fino a quando il papa Paolo VI, nel 1964, farà restituire la reliquia alla Chiesa di Patrasso.
Fonte: www.santiebeati.it

Luvedì 30 Novembre, festa di Sant'Andrea Apostolo. VANGELO DEL GIORNO

Vangelo
Mt 4,18-22
Essi subito lasciarono le reti e lo seguirono.

+ Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, mentre camminava lungo il mare di Galilea, Gesù vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono. Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedèo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono.
Parola del Signore

sabato 28 novembre 2009

CONDOGLIANZE


S.A.S. il Gran Principe d'Epiro

Principe Don Davide Pozzi Sacchi di Santa Sofia

Barone della Sede lateranense

Abbiamo appreso solo oggi della morte del Principe Giorgio I che avevamo conosciuto alcuni anni fa, in visita presso il principato di Seborga. Il Principe si era mostrato cordiale ed affabile ed avevamo mantenuto con Lui, in questi anni, un rapporto di amicizia. Porgiamo sentite condoglianze.

Principe Davide Pozzi Sacchi di Santa Sofia

Principessa consorte Patrizia La Torre Pozzi Sacchi di Santa Sofia

Principessa madre Giuseppina Sacchi di Nicopoli

Morto Giorgio I di Seborga: rivendicava l'indipendenza del "Principato" ligure


È morto il 24 Novembre scorso, all'età di 73 anni, Giorgio I di Seborga, proclamato "Principe" del borgo ligure che si trova alle spalle di Bordighera, in provincia di Imperia, nel 1964. Per anni ha rivendicato l'indipendenza di Seborga dalla Repubblica Italiana in virtù di un antico status.

Le iniziative del Principe per l'indipendenza del borgo. Il principe è morto nella sua abitazione del paese ligure dopo due anni di malattia: era affetto da sclerosi laterale amiotrofica. Negli anni aveva promosso diverse iniziative legate all'indipendenza del Principato, a partire dalla realizzazione di un passaporto simbolico fino al conio di una propria moneta chiamata il Luigino di Seborga, priva di valore legale ma utilizzata come "buono" spendibile in città.

Secondo alcuni abitanti, documenti storici testimonierebbero il diritto all'indipendenza del borgo: il rivendicato statuto del paese - che si considera Stato sovrano sin dall'anno 954 d.C. e Principato dal 1079 - non è però riconosciuto da alcuno stato né organismo internazionale, anche se la località viene considerata da alcuni storici britannici la "prima monarchia costituzionale al mondo". Giorgio I era amico personale del Principe Davide Pozzi Sacchi di Santa Sofia che si era recato, in passato, alcune volte in visita a Seborga. In segno di stima, durante una visita, Giorgio I aveva voluto donare alla Principessa madre Donna Giuseppina il passaporto del principato ed una collezione di luigini. La Real Casa d'Epiro porge le proprie condoglianze agli abitanti di Seborga.

venerdì 27 novembre 2009

FIUME D’ITALIA: 90 ANNI

Milano celebra il 90° anniversario del primo abbraccio tra FIUME e l'TALIA, avvenuto grazie all'impresa di Gabriele d'Annunzio e dei suoi Legionari,
con un convegno organizzato per

LUNEDI' 30 NOVEMBRE 2009, dalle 14.00 alle 18.30 – Ingresso libero

al Teatro UNITRE - Via Daniele Crespi, 9 – Milano (Porta Genova).

L'evento è organizzato dall'UNITRE di Milano Università delle Tre Età, con la collaborazione del Libero Comune di Pola in Esilio e la partecipazione dell'ANVGD - Ass. Naz. Venezia Giulia e Dalmazia (Comitato commissariato di Milano), del Libero Comune di Fiume in Esilio e dell'ANAI Ass. Naz. Arditi d'Italia.
Sono previsti interventi scientifici e rievocativi, tenuti da Docenti universitari e da Esuli da Fiume, come da Programma stampato sul retro del presente foglio.
A partire dalle ore 9.00 verranno esposte alcune Bandiere storiche e 60 pannelli sulla storia dell'Arditismo, con documenti originali d'epoca.
Cenno storico:

Il 12 settembre 1919 Gabriele d'Annunzio entrò a Fiume alla testa dei suoi Legionari. Già il precedente 30 ottobre 1918 il Consiglio Nazionale Italiano di Fiume, espressione della grande maggioranza della popolazione, aveva solennemente dichiarato l'annessione all'Italia, secondo il diritto di autodeterminazione dei popoli. La mattina del 4 novembre 1918 giunsero le prime navi italiane, che erano state angosciosamente invocate dalla popolazione italiana; ma già nei giorni seguenti la città venne occupata da un corpo internazionale, sotto l'egida della Società delle Nazioni, in vista della sua assegnazione alla neonata Jugoslavia. Dopo inutili richieste formali dell'Italia, respinte dagli Alleati, e dopo sempre più pressanti e disperate richiesta di aiuto da parte della popolazione italiana, Gabriele d'Annunzio, già pluridecorato per meriti di guerra e mutilato, guidò verso Fiume poche centinaia di Granatieri, a cui si aggiunsero lungo la strada migliaia di volontari, ed entrò nella città senza colpo ferire.
Dopo 16 mesi di drammatiche vicende, causate dall'impegno del governo italiano per una restituzione di Fiume al comando provvisorio internazionale e culminate nel Natale di Sangue del 1920, d'Annunzio chiese alla cittadinanza di venire sciolto dal giuramento di difenderla sino alla fine, per evitare ulteriori lutti, e cedette il comando alle truppe regolari italiane. Vennero subito indette elezioni in cui vinsero gli autonomisti e Fiume venne eretta in Stato Libero fino al 1924, quando venne annessa all'Italia a seguito dei Patti di Roma fra Italia e Jugoslavia.
Elenco degli interventi previsti, dalle ore 14 del 30 novembre 2009
(Teatro UNITRE, Via Daniele Crespi, 9 Milano (Porta Genova):


- Onore alle Bandiere e ai Gonfaloni presenti.

- Saluto del Prof. Silvio Bolognini, Magnifico Rettore di UNITRE – Milano.
- Saluto di Tito Lucilio Sidari, Vice-Sindaco del Libero Comune di Pola in Esilio e socio del Comitato commissariato di Milano dell'ANVGD - Ass. Naz. Venezia Giulia e Dalmazia.
- Saluto di Guido Brazzoduro, Sindaco del Libero Comune di Fiume in Esilio e Vice-Presidente ANVGD.

- L'Arditismo di d’Annunzio nell'Impresa Fiumana.
Ardito Prof. Mario Varesi (Ass. Naz. Arditi d'Italia)

- Fiume dagli Asburgo ai Savoia.
Prof. Walter Rossi (UNITRE Milano)

- L'impresa Fiumana in rosa: Tullia Franzi dalle Orobie al Carnaro.
Prof. Enzo De Canio

- La carta Costituzionale della Reggenza del Carnaro Profili costituzionali.
Prof.ssa Serena Manzin (Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano)

- Il problema adriatico alla Conferenza della pace.
Prof. Massimo de Leonardis (Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano)

- d'Annunzio e l'Arditismo da Le odi navali ai Canti della guerra latina
Prof. Marco Cimmino

- L'impresa dannunziana e le sue vicende
Dr. Romeo Cociancich, Esule da Fiume e esponente Ass. Naz. Venezia Giulia e Dalmazia

Marsiglia 9 ottobre 1934: l’assassinio di Re Alessandro I di Jugoslavia

Sono trascorsi 75 anni dal 9 ottobre 1934, quando un attentato organizzato a Marsiglia da estremisti croati è costato la vita al Re Alessandro I di Jugoslavia ed a Louis Barthou, l’allora Ministro degli Esteri francese. Il 9 ottobre 1934 il Re Alessandro I di Jugoslavia iniziò in una Marsiglia parata a festa la sua visita ufficiale in Francia. Fu accolto dal Ministro francese degli Affari Esteri, Louis Barthou. I due uomini politici salirono su una carrozza scoperta ed il corteo si mise in moto per raggiungere la Canebière. La vettura aveva percorso solo alcune centinaia di metri, quando un uomo si fece largo tra la folla, salì sul marciapiede e sparò in direzione del Re Alessandro. Quando la polizia reagì ed abbatté l’assassino, era ormai troppo tardi: il Re era già morto. Louis Barthou, colpito da un proiettile, morì due ore dopo. Lo choc provocato da quell’attentato in Francia e nell’intera Europa fu enorme. A quell’epoca, l’Europa era divisa dalle conseguenze del Trattato di Versailles e colpita dalla crisi economica e dall’avvento del nazismo in Germania; era quindi molto forte il timore che quel gesto folle avrebbe potuto provocare una crisi internazionale più grave. Forse ci si trovava in una situazione simile a quella del 1914 quando l’attentato di Sarajevo aveva provocato lo scoppio della Prima Guerra Mondiale. Benché si sia evitato il ricorso alle armi, tuttavia l’attentato di Marsiglia ebbe gravi ripercussioni sullo scenario europeo, provocando un deterioramento nelle relazioni franco-Jugoslave ed indebolendo la posizione della Francia nell’Europa dell’Est. I timori si rafforzarono quando si scoprì che dietro l’attentato c’era il raggruppamento terrorista croato, ancora largamente sconosciuto dall’opinione pubblica: si trattava degli ustascia, raggruppamento sorto nel 1929 che agiva per separare la Croazia dal Regno di Jugoslavia. Il movimento degli ustascia era allora radicato in diversi paesi europei e beneficiava del sostegno di molte autorità locali. È il caso dell’Italia di Mussolini e dell’Ungheria, due Stati che avevano dei contenziosi aperti con la Jugoslavia a seguito del Trattato del Trianon. L’Italia ospitava il quartier generale degli Ustascia guidati dal loro capo Ante Pavelic e sosteneva finanziariamente e logisticamente le sue attività. A Belgrado si era addirittura convinti che Mussolini avesse comandato l’attentato di Marsiglia, benché a tutt’oggi non esista alcuna prova in tal senso ed è più verosimile ritenere che l’attentato sia stato organizzato dagli ustascia per conto proprio. Dopo l’attentato di Marsiglia, il regime Jugoslavo manifestò comunque la propria volontà di farla finita non solo con il movimento ustascia ma anche con le rivendicazioni italiane ed ungheresi. D’altra parte di fronte all’aumento della tensione internazionale si diffuse anche il desiderio di non mettere ulteriore olio sul fuoco. I governi francese ed inglese per salvaguardare la pace e per proteggere i loro interessi personali si attivarono. Non si voleva mettere in difficoltà il governo italiano che la Francia voleva avere come proprio partner contro Hitler. Sostenuto da Londra, il governo di Parigi fece pressione sul suo alleato di Belgrado che accettò pur di malavoglia di non mettere pubblicamente in causa l’Italia nell’attentato. La questione venne discussa davanti alla Società delle Nazioni, dopo una messa in stato d’accusa, da parte del governo di Belgrado, della sola Ungheria. Dopo molte peripezie, Francia ed Inghilterra riuscirono ad imporre un compromesso che dava una parvenza di soddisfazione alla Jugoslavia evitando tuttavia l’umiliazione dell’Ungheria. L’attentato di Marsiglia costituì tuttavia un momento decisivo per il deterioramento dell’alleanza franco-jugoslava stipulata all’indomani della Prima Guerra Mondiale. Tra i due paesi le relazioni si erano già deteriorate prima dell’attentato: la Francia vedeva la propria principale minaccia nella Germania Nazista, mentre la Jugoslavia si preoccupava delle mire egemoniche dell’Italia nell’Adriatico e temeva più un eventuale ritorno degli Asburgo in Austria che l’Anschluss da parte della Germania di quest’ultima. Inoltre il governo di Re Alessandro I era insoddisfatto degli investimenti economici della Francia in Jugoslavia e cominciava a guardare alla Germania in quel campo. Di contro in Francia la dittatura personale di Re Alessandro I in Jugosalvia, instaurata nel 1929, e la repressione anti-croata davano parecchio fastidio. La visita ufficiale di Re Alessandro I del 1934 doveva porre rimedio a questi problemi e convincere Re Alessandro ad un necessario avvicinamento con l’Italia, che Barthou riteneva premessa indispensabile per avviare la strada ad un riavvicinamento tra Francia ed Italia. Dopo l’attentato e la conclusione del contenzioso a Ginevra nel dicembre 1934, Laval, il successore di Barthou, riprese immediatamente le trattative di riavvicinamento con l’Italia, che si conclusero nel gennaio dell’anno successivo, ma che non furono apprezzate da Belgrado. Sul lato opposto, l’attentato di Marsiglia permise il progressivo avvicinamento tra la Jugoslavia e la Germania e rafforzò in Jugoslavia e nell’Europa di Sud-est l’opinione che le democrazie dell’Ovest non erano preparate a proteggere i loro piccoli alleati e che era meglio avvicinarsi alle forze fasciste che stavano aumentando la loro potenza in Europa. Secondo un rapporto del Ministero degli Interni francese, rimasto a lungo segreto, ci furono grandi difetti nelle misure di sicurezza messe in atto dalla Francia durante la visita di Re Alessandro I, inoltre esso rivela che la vita del Ministro Louis Barthou avrebbe potuto essere salvata perché il proiettile aveva colpito solo il braccio, ma nella confusione generale che seguì l’attentato, nessuno si occupò di lui e quando venne curato all’ospedale, due ore dopo, aveva già perso molto sangue. Negli anni ’70 uno storico belga rivelò che il rapporto dell’autopsia indicava che il proiettile che aveva ferito Barthou non proveniva dalla Mauser dell’assassino, ma da un revolver utilizzato dalla polizia francese; si tratta di una verità oggi difficile da confessare. Tutti gli anni in Francia il 9 ottobre ha luogo una commemorazione al monumento eretto nel 1936 in piazza de la Muwette a Parigi in memoria del Re Alessandro I. A partire dagli anni ’90, dopo il ritorno della famiglia reale dei Karageorgevich e del pretendente al trono Alessandro, nipote di Alessandro I, in Serbia, anche a Belgrado la morte del re è commemorata ogni 9 ottobre. Il ricordo del 9 ottobre 1934 vede la mobilitazione di altri nazionalisti che non commemorano la vittima di quella tragica giornata, bensì il suo assassino: Vlado Cernozemski, non si tratta però di un croato, ma di un individuo nato in una piccola città della Bulgaria ed appartenente alla VMRO, la potente organizzazione con base in Bulgaria che lottava per la separazione della Macedonia dalla Jugoslavia. Nel quadro di una cooperazione tra la VMRO e gli ustascia, egli fu messo a disposizione di questi ultimi che avevano bisogno di un killer professionista per commettere l’assassinio del Re Alessandro I. Dopo la caduta del comunismo in Bulgaria, la VMRO, risorta come organizzazione politica nazionalista, ha recuperato l’immagine di Vlado Cernozemski quale uno dei suoi eroi storici e lo commemora ogni 9 ottobre in una chiesa di Sofia. Il 9 ottobre 2009, il settantacinquesimo anniversario della morte di Re Alessandro I di Jugosalvia è stato ricordato con un servizio funebre in Serbia ad Oplenac, nella Chiesa di San Giorgio, il pantheon della famiglia reale serba dei Karageorgevich. La liturgia è stata celebrata da Sua Grazia l’Arcivescovo di Sumadija Jovan e dal clero della Diocesi di Sumadija alla presenza di Sua Altezza Reale il Principe Alessandro II di Jugoslavia, nipote della vittima, e dei Principi della Famiglia Reale jugoslava, che hanno deposto una corona d’alloro sulla tomba di Re Alessandro I nel mausoleo della Chiesa di San Giorgio di Oplenac. Erano presenti esponenti del Corpo Diplomatico, il Ministro della Difesa serbo ed il Presidente serbo Boris Tadic. Lo stesso giorno il Principe Alessandro II Karageorgevich ha partecipato alla commemorazione del Suo augusto avo a Marsiglia, organizzata dal Governo Francese. In occasione del settantacinquesimo anniversario dell’assassinio di Re Alessandro I di Jugoslavia e del Ministro degli Esteri francese Louis Barthou c’è stata un’esposizione documentaria sull’attentato, inaugurata dall’Ambasciatore di Serbia in Francia Dusan T. Batakovic martedì 13 ottobre a Parigi al Centro Culturale di Serbia, dal titolo significativo: “ Les Martyrs de Marseille 1934”.
Articolo di Carlo Bindolini

Romanov e Riabilitazione

Il Pubblico Ministero “Prokuratura” della Federazione Russa ha favorevolmente accolto la domanda di riabilitazione dei 52 parenti e servitori della famiglia di Nicola II. Il 30 ottobre scorso, giornata dedicata alla commemorazione delle vittime delle repressioni politiche, il Pubblico Ministero accogliendo la richiesta della Famiglia Romanov circa la riabilitazione dei loro servitori e parenti uccisi durante la rivoluzione ha risposto informando il capo della Casa Romanov, la Granduchessa Maria Vladimirovna, che la sua richiesta, relativa alla riabilitazione di cinquantadue parenti e servitori della Famiglia Imperiale, era stata esaminata ed accolta. Il Pubblico Ministero ha inviato un’attestazione a ventitre persone vicine alla Famiglia Imperiale. Per quanto riguarda gli altri “ le attestazioni non sono state inviate a causa dell’assenza di dati biografici sufficienti, dati che non è stato possibile raccogliere. La richiesta formulata dalla Granduchessa Maria Valdimirovna il 17 luglio del 2009 è dunque stata pienamente accolta dal Pubblico Ministero della Federazione Russa. Tra i riabilitati, servitori e persone vicine alla Famiglia Imperiale, che condivisero la loro sorte, figurano quelli che furono uccisi con la Famiglia Imperiale il 17 luglio del 1918. Sono state ricevuto informazioni relative alla riesumazione del medico personale dello Zar Nicola II, il dottore Eugenio Botkin, del valletto Alois Troupp, della dama di compagnia della Zarina, Anna Demidova e del cuoco Giovanni Kharitonov. Tutti costoro pagarono con la loro vita la fedeltà alla Famiglia Imperiale che vollero seguire nella loro tragica odissea, prima a Tobolsk in Siberia e poi a Jekaterninburg nella casa Ipatev. La figlia del dottor Botkin, Tatiana, aveva accompagnato il padre fino a Tobolsk ma non poté andare ad Jekaterinburg, e si salvò la vita. Riuscì fortunosamente a lasciare la Russia in preda alla rivoluzione e scrisse un bellissimo libro di memorie intitolato “Al Tempo degli Zar” che è stato tradotto e pubblicato anche in italiano. I resti ritrovati del dottor Botkin, di Alois Troupp, Anna Demidova, e Giovanni Kharitonov sono stati tumulati nella cattedrale della fortezza di San Pietro e Paolo con gli esponenti della Famiglia Imperiale il 17 luglio del 1998 con tutti gli onori. La Granduchessa Maria Vladimirovna ritiene che la decisione del Pubblico Ministero corrisponde pienamente allo spirito ed alla lettera della legge, come ha dichiarato l’avvocato della Casa Romanov.
Articolo di Carlo Bindolini

giovedì 26 novembre 2009

COMUNICATO


La Santa Chiesa ortodossa d' Epiro ha il piacere di annunciare che si è unito al Nostro Santo Sinodo Symeon, Vescovo di Cleveland, Stati Uniti; con Monsignor Symeon il Santo Sinodo della Nostra Santa Chiesa è oggi composto di ben sedici Vescovi.

Giovedì 26 Novembre della XXXIV settimana del Tempo Ordinario - Vangelo del Giorno

Vangelo
Lc 21,20-28
Gerusalemme sarà calpestata dai pagani finché i tempi dei pagani non siano compiuti.

+ Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando vedrete Gerusalemme circondata da eserciti, allora sappiate che la sua devastazione è vicina. Allora coloro che si trovano nella Giudea fuggano verso i monti, coloro che sono dentro la città se ne allontanino, e quelli che stanno in campagna non tornino in città; quelli infatti saranno giorni di vendetta, affinché tutto ciò che è stato scritto si compia. In quei giorni guai alle donne che sono incinte e a quelle che allattano, perché vi sarà grande calamità nel paese e ira contro questo popolo. Cadranno a fil di spada e saranno condotti prigionieri in tutte le nazioni; Gerusalemme sarà calpestata dai pagani finché i tempi dei pagani non siano compiuti.Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria. Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina».
Parola del Signore

Festa della Madonna della Medaglia Miracolosa

Riceviamo e volentieri pubblichiamo quanto di seguito:
In occasione della festa della Madonna della Medaglia Miracolosa (venerdì 27novembre, ore 18.30): Santa Messa Tridentina cantata nella chiesa di SantaToscana, presso Porta Vescovo, a Verona. Celebrante don Vilmar Pavesi.
Il Presidente
prof. Maurilio Cavedini
Una Voce-Verona - Via del Bersagliere, 31 - 37123 VERONA
Indirizzo web: www.unavoceverona.it

martedì 24 novembre 2009

Martedi 24 Novembre - Vangelo del Giorno

Vangelo
Lc 21,5-11
Non sarà lasciata pietra su pietra.

+ Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta». Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine».Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo.
Parola del Signore

lunedì 23 novembre 2009

Lunedì 23 Novembre della XXXIV settimana del Tempo Ordinario - Vangelo del Giorno

Vangelo
Lc 21,1-4
Vide una vedova povera, che gettava due monetine.

+ Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù, alzàti gli occhi, vide i ricchi che gettavano le loro offerte nel tesoro del tempio. Vide anche una vedova povera, che vi gettava due monetine, e disse: «In verità vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato più di tutti. Tutti costoro, infatti, hanno gettato come offerta parte del loro superfluo. Ella invece, nella sua miseria, ha gettato tutto quello che aveva per vivere».
Parola del Signore

mercoledì 18 novembre 2009

Mercoledì 18 Novembre della XXXIII settimana del Tempo Ordinario

Vangelo
Lc 19,11-28
Perché non hai consegnato il mio denaro a una banca?

+ Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù disse una parabola, perché era vicino a Gerusalemme ed essi pensavano che il regno di Dio dovesse manifestarsi da un momento all’altro. Disse dunque: «Un uomo di nobile famiglia partì per un paese lontano, per ricevere il titolo di re e poi ritornare. Chiamati dieci dei suoi servi, consegnò loro dieci monete d’oro, dicendo: “Fatele fruttare fino al mio ritorno”. Ma i suoi cittadini lo odiavano e mandarono dietro di lui una delegazione a dire: “Non vogliamo che costui venga a regnare su di noi”. Dopo aver ricevuto il titolo di re, egli ritornò e fece chiamare quei servi a cui aveva consegnato il denaro, per sapere quanto ciascuno avesse guadagnato. Si presentò il primo e disse: “Signore, la tua moneta d’oro ne ha fruttate dieci”. Gli disse: “Bene, servo buono! Poiché ti sei mostrato fedele nel poco, ricevi il potere sopra dieci città”. Poi si presentò il secondo e disse: “Signore, la tua moneta d’oro ne ha fruttate cinque”. Anche a questo disse: “Tu pure sarai a capo di cinque città”. Venne poi anche un altro e disse: “Signore, ecco la tua moneta d’oro, che ho tenuto nascosta in un fazzoletto; avevo paura di te, che sei un uomo severo: prendi quello che non hai messo in deposito e mieti quello che non hai seminato”. Gli rispose: “Dalle tue stesse parole ti giudico, servo malvagio! Sapevi che sono un uomo severo, che prendo quello che non ho messo in deposito e mieto quello che non ho seminato: perché allora non hai consegnato il mio denaro a una banca? Al mio ritorno l’avrei riscosso con gli interessi”. Disse poi ai presenti: “Toglietegli la moneta d’oro e datela a colui che ne ha dieci”. Gli risposero: “Signore, ne ha già dieci!”. “Io vi dico: A chi ha, sarà dato; invece a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha. E quei miei nemici, che non volevano che io diventassi loro re, conduceteli qui e uccideteli davanti a me”».Dette queste cose, Gesù camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme.
Parola del Signore

lunedì 16 novembre 2009

Martedi 17 Novembre - Vangelo del Giorno

Vangelo
Lc 19,1-10I
l Figlio dell’uomo era venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto.

+ Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù entrò nella città di Gèrico e la stava attraversando, quand’ecco un uomo, di nome Zacchèo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là. Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zacchèo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!». Ma Zacchèo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto». Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».
Parola del Signore

Lunedì 16 Novembre della XXXIII settimana del Tempo Ordinario - Vangelo del Giorno

Vangelo
Lc 18,35-43
Che cosa vuoi che io faccia per te? Signore, che io veda di nuovo!

+ Dal Vangelo secondo Luca
Mentre Gesù si avvicinava a Gèrico, un cieco era seduto lungo la strada a mendicare. Sentendo passare la gente, domandò che cosa accadesse. Gli annunciarono: «Passa Gesù, il Nazareno!». Allora gridò dicendo: «Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me!». Quelli che camminavano avanti lo rimproveravano perché tacesse; ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!». Gesù allora si fermò e ordinò che lo conducessero da lui. Quando fu vicino, gli domandò: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». Egli rispose: «Signore, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Abbi di nuovo la vista! La tua fede ti ha salvato». Subito ci vide di nuovo e cominciò a seguirlo glorificando Dio. E tutto il popolo, vedendo, diede lode a Dio.
Parola del Signore

mercoledì 11 novembre 2009

Dai «Discorsi» di sant'Andrea di Creta, vescovo -

La croce è gloria ed esaltazione di Cristo
Noi celebriamo la festa della santa croce, per mezzo della quale sono state cacciate le tenebre ed è ritornata la luce. Celebriamo la festa della santa croce, e così, insieme al Crocifisso, veniamo innalzati e sublimati anche noi. Infatti ci distacchiamo dalla terra del peccato e saliamo verso le altezze. È tale e tanta la ricchezza della croce che chi la possiede ha un vero tesoro. E la chiamo giustamente così, perché di nome e di fatto è il più prezioso di tutti i beni. È in essa che risiede tutta la nostra salvezza. Essa è il mezzo e la via per il ritorno allo stato originale.Se infatti non ci fosse la croce, non ci sarebbe nemmeno Cristo crocifisso. Se non ci fosse la croce, la Vita non sarebbe stata affissa al legno. Se poi la Vita non fosse stata inchiodata al legno, dal suo fianco non sarebbero sgorgate quelle sorgenti di immortalità, sangue e acqua, che purificano il mondo. La sentenza di condanna scritta per il nostro peccato non sarebbe stata lacerata, noi non avremmo avuto la libertà, non potremmo godere dell'albero della vita, il paradiso non sarebbe stato aperto per noi. Se non ci fosse la croce, la morte non sarebbe stata vinta, l'inferno non sarebbe stato spogliato.È dunque la croce una risorsa veramente stupenda e impareggiabile, perché, per suo mezzo, abbiamo conseguito molti beni, tanto più numerosi quanto più grande ne è il merito, dovuto però in massima parte ai miracoli e alla passione del Cristo. È preziosa poi la croce perché è insieme patibolo e trofeo di Dio. Patibolo per la sua volontaria morte su di essa. Trofeo perché con essa fu vinto il diavolo e col diavolo fu sconfitta la morte. Inoltre la potenza dell'inferno venne fiaccata, e così la croce è diventata la salvezza comune di tutto l'universo.La croce è gloria di Cristo, esaltazione di Cristo. La croce è il calice prezioso e inestimabile che raccoglie tutte le sofferenze di Cristo, è la sintesi completa della sua passione. Per convincerti che la croce è la gloria di Cristo, senti quello che egli dice: «Ora il figlio dell'uomo è stato glorificato e anche Dio è stato glorificato in lui, e subito lo glorificherà » (Gv 13,31-32).E di nuovo: «Glorificami, Padre, con quella gloria che avevo presso di te prima che il mondo fosse» (Gv 17,5). E ancora: «Padre glorifica il tuo nome. Venne dunque una voce dal cielo: L'ho glorificato e di nuovo lo glorificherò» (Gv 12,28), per indicare quella glorificazione che fu conseguita allora sulla croce. Che poi la croce sia anche esaltazione di Cristo, ascolta ciò che egli stesso dice: «Quando sarò esaltato, allora attirerò tutti a me» (Gv 12,32). Vedi dunque che la croce è gloria ed esaltazione di Cristo.

Se di Rudyard Kipling (1865 – 1936)

Se riesci a mantenere la calma
quando tutti attorno a te la stanno perdendo
- Se sai aver fiducia in te stesso
quando tutti dubitano di tetenendo però nel giusto conto i loro dubbi
- Se sai aspettare senza stancarti di aspettare
o essendo calunniato non rispondere con calunnie
o essendo odiato non dare spazio all’odio
senza tuttavia sembrare troppo buononé parlare troppo da saggio
- Se sai sognare senza fare dei sogni i tuoi padroni
- Se riesci a pensare senza fare dei pensieri il tuo fine
- Se sai incontrarti con il successo e la sconfitta
e, trattare questi due impostori, proprio allo stesso modo
- Se riesci a sopportare di sentire la verità che tu hai detto
distorta da imbroglioni
che ne fanno una trappola per ingenui
o guardare le cose, per le quali hai dato la vita, distrutte
e umiliarti a ricostruirle con i tuoi strumenti ormai logori
- Se sai fare un’unica pila delle tue vittorie
e rischiarla in un solo colpo a testa o croce
e perdere, e ricominciare di nuovo dall’inizio
senza mai lasciarti sfuggire una parola
su quello che hai perso
- Se sai costringere il tuo cuore, i tuoi nervi, i tuoi polsi,
a sorreggerti anche dopo molto tempo che non te li senti più
e così resistere quando in te non c’è più nulla
tranne la volontà che dice loro, “Resistete!”
- Se sai parlare con i disonesti senza perdere la tua onestà
o passeggiare con i Re senza perdere il comportamento normale
- Se non possono ferirti né i nemici
né gli amici troppo premurosi
- Se per te contano tutti gli uomini ma nessuno troppo
- Se riesci a riempire l’inesorabile minuto
dando valore ad ogni istante che passa,
tua è la Terra e tutto ciò che vi è in essa
e – quel che più conta –tu sarai un Uomo, figlio mio!

lunedì 9 novembre 2009

DEDICAZIONE DELLA BASILICA LATERANENSE

Quando l’imperatore romano Costantino si convertì alla religione cristiana, verso il 312, donò al papa Milziade il palazzo del Laterano, che egli aveva fatto costruire sul Celio per sua moglie Fausta. Verso il 320, vi aggiunse una chiesa, la chiesa del Laterano, la prima, per data e per dignità, di tutte le chiese d’Occidente. Essa è ritenuta madre di tutte le chiese dell’Urbe e dell’Orbe. Consacrata dal papa Silvestro il 9 novembre 324, col nome di basilica del Santo Salvatore, essa fu la prima chiesa in assoluto ad essere pubblicamente consacrata. Nel corso del XII secolo, per via del suo battistero, che è il più antico di Roma, fu dedicata a san Giovanni Battista; donde la sua corrente denominazione di basilica di San Giovanni in Laterano. Per più di dieci secoli, i papi ebbero la loro residenza nelle sue vicinanze e fra le sue mura si tennero duecentocinquanta concili, di cui cinque ecumenici. Semidistrutta dagli incendi, dalle guerre e dall’abbandono, venne ricostruita sotto il pontificato di Benedetto XIII e venne di nuovo consacrata nel 1726. Basilica e cattedrale di Roma, la prima di tutte le chiese del mondo, essa è il primo segno esteriore e sensibile della vittoria della fede cristiana sul paganesimo occidentale. Durante l’era delle persecuzioni, che si estende ai primi tre secoli della storia della Chiesa, ogni manifestazione di fede si rivelava pericolosa e perciò i cristiani non potevano celebrare il loro Dio apertamente. Per tutti i cristiani reduci dalle “catacombe”, la basilica del Laterano fu il luogo dove potevano finalmente adorare e celebrare pubblicamente Cristo Salvatore. Quell’edificio di pietre, costruito per onorare il Salvatore del mondo, era il simbolo della vittoria, fino ad allora nascosta, della testimonianza dei numerosi martiri. Segno tangibile del tempio spirituale che è il cuore del cristiano, esorta a rendere gloria a colui che si è fatto carne e che, morto e risorto, vive nell’eternità. L’anniversario della sua dedicazione, celebrato originariamente solo a Roma, si commemora da tutte le comunità di rito romano. Questa festa deve far sì che si rinnovi in noi l’amore e l’attaccamento a Cristo e alla sua Chiesa. Il mistero di Cristo, venuto “non per condannare il mondo, ma per salvare il mondo” (Gv 12,47), deve infiammare i nostri cuori, e la testimonianza delle nostre vite dedicate completamente al servizio del Signore e dei nostri fratelli potrà ricordare al mondo la forza dell’amore di Dio, meglio di quanto lo possa fare un edificio in pietra.

Vangelo
Gv 2, 13-22
Parlava del tempio del suo corpo.

+ Dal Vangelo secondo Giovanni
Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà». Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.
Parola del Signore
Fonte: www.lachiesa.it

LA PREGHIERA DEL BUON COLLABORATORE DI DIO

O Dio dei Padri e Signore misericordioso
che hai creato tutte le cose con la Tua parola
e con la Tua Sapienza hai formato l’uomo,
affinché domini le creature fatte da Te,
governi il mondo con santità e giustizia,
e giudichi con animo retto,
concedimi la Sapienza, che siede accanto al Tuo trono,
e non eliminarmi dal numero dei Tuoi servitori
perché io sono il Tuo servo e figlio della Tua ancella,
uomo debole e di breve durata,
lento a capire il giudizio e le leggi....
Mandala dal Tuo trono glorioso
affinché, presente, lavori con me
e io sappia ciò che Ti fa piacere.
Essa mi guiderà con saggezza nelle mie azioni,
e mi custodirà con il Suo splendore.
Sapienza 9, 1-11

sabato 7 novembre 2009

I Cavalieri della Rosa

Il 4 Luglio 2001 la Comunione delle Chiese Anglicane indipendenti ha eretto un ordine cavalleresco confraternale, l’Illustre ordine dei cavalieri della Rosa con sede ad Alberta, in Canada, il Gran Maestro è il Visconte Brent Spencer. Alcuni anni fa la Comunione delle Chiese Anglicane ha chiesto al Serenissimo Principe d’Epiro di accettare il patronato dell’ordine. L’ordine è comunque totalmente autonomo dalla Casa d’Epiro ed il ruolo di patrono dell’ordine è puramente onorifico.

http://christianknightsoftheroseinternational.org/default.aspx

venerdì 6 novembre 2009

8 NOVEMBRE XXXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Gesù contrappone qui due tipi di comportamento religioso. Il primo è quello degli scribi pretenziosi che si pavoneggiano ed usano la religione per farsi valere. Gesù riprende questo atteggiamento e lo condanna senza alcuna pietà. Il secondo comportamento è invece quello della vedova povera che, agli occhi degli uomini, compie un gesto irrisorio, ma, per lei, carico di conseguenze, in quanto si priva di ciò di cui ha assolutamente bisogno. Gesù loda questo atteggiamento e lo indica come esempio ai suoi discepoli per la sua impressionante autenticità. Non è quanto gli uomini notano che ha valore agli occhi di Dio, perché Dio non giudica dall’apparenza, ma guarda il cuore (1Sam 16,7). Gesù vuole che guardiamo in noi stessi. La salvezza non è una questione di successo, e ancor meno di parvenze. La salvezza esige che l’uomo conformi le azioni alle sue convinzioni. In tutto ciò che fa, specialmente nella sua vita religiosa, l’uomo dovrebbe sempre stare attento a non prendersi gioco di Dio. Scrive san Paolo: “Non vi fate illusioni; non ci si può prendere gioco di Dio. Ciascuno raccoglierà quello che avrà seminato” (Gal 6,7). Il Signore chiede che si abbia un cuore puro, una fede autentica, una fiducia totale. Questa donna non ha nulla. È vedova, e dunque senza appoggio e senza risorse. È povera, senza entrate e senza garanzie. Eppure dà quello che le sarebbe necessario per vivere, affidandosi a Dio per non morire. Quando la fede arriva a tal punto, il cuore di Cristo si commuove, poiché sa che Dio è amato, e amato per se stesso. L’avvenire della Chiesa, il nostro avvenire, per i quali le apparenze contano tanto, è nelle mani di questi veri credenti.

Prima lettura
1Re 17,10-16
La vedova fece con la sua farina una piccola focaccia e la portò a Elia.

Dal primo libro dei Re
In quei giorni, il profeta Elia si alzò e andò a Sarèpta. Arrivato alla porta della città, ecco una vedova che raccoglieva legna. La chiamò e le disse: «Prendimi un po’ d’acqua in un vaso, perché io possa bere». Mentre quella andava a prenderla, le gridò: «Per favore, prendimi anche un pezzo di pane». Quella rispose: «Per la vita del Signore, tuo Dio, non ho nulla di cotto, ma solo un pugno di farina nella giara e un po’ d’olio nell’orcio; ora raccolgo due pezzi di legna, dopo andrò a prepararla per me e per mio figlio: la mangeremo e poi moriremo». Elia le disse: «Non temere; va’ a fare come hai detto. Prima però prepara una piccola focaccia per me e portamela; quindi ne preparerai per te e per tuo figlio, poiché così dice il Signore, Dio d’Israele: “La farina della giara non si esaurirà e l’orcio dell’olio non diminuirà fino al giorno in cui il Signore manderà la pioggia sulla faccia della terra”». Quella andò e fece come aveva detto Elia; poi mangiarono lei, lui e la casa di lei per diversi giorni. La farina della giara non venne meno e l’orcio dell’olio non diminuì, secondo la parola che il Signore aveva pronunciato per mezzo di Elia.
Parola di Dio

Salmo responsoriale
Sal 145

Loda il Signore, anima mia.
Il Signore rimane fedele per semprerende giustizia agli oppressi,dà il pane agli affamati.Il Signore libera i prigionieri.
Il Signore ridona la vista ai ciechi,il Signore rialza chi è caduto,il Signore ama i giusti,il Signore protegge i forestieri.
Egli sostiene l’orfano e la vedova,ma sconvolge le vie dei malvagi.Il Signore regna per sempre,il tuo Dio, o Sion, di generazione in generazione.

Seconda lettura
Eb 9,24-28
Cristo si è offerto una volta per tutte per togliere i peccati di molti.

Dalla lettera agli Ebrei
Cristo non è entrato in un santuario fatto da mani d’uomo, figura di quello vero, ma nel cielo stesso, per comparire ora al cospetto di Dio in nostro favore. E non deve offrire se stesso più volte, come il sommo sacerdote che entra nel santuario ogni anno con sangue altrui: in questo caso egli, fin dalla fondazione del mondo, avrebbe dovuto soffrire molte volte. Invece ora, una volta sola, nella pienezza dei tempi, egli è apparso per annullare il peccato mediante il sacrificio di se stesso. E come per gli uomini è stabilito che muoiano una sola volta, dopo di che viene il giudizio, così Cristo, dopo essersi offerto una sola volta per togliere il peccato di molti, apparirà una seconda volta, senza alcuna relazione con il peccato, a coloro che l’aspettano per la loro salvezza.
Parola di Dio

Vangelo
Mc 12,38-44
Questa vedova, nella sua povertà, ha dato tutto quello che aveva.

+ Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, Gesù [nel tempio] diceva alla folla nel suo insegnamento: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa».Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo. Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».
Parola del Signore.
Forma breve (Mc 12, 41-44):
Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, Gesù, seduto di fronte al tesoro [nel tempio], osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo. Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».
Parola del Signore
Fonte: www.lachiesa.it

Sabato 07 Novembre della XXXI settimana del Tempo Ordinario - Vangelo del Giorno

Vangelo
Lc 16,9-15
Se non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera?

+ Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli: «Fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne.Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».I farisei, che erano attaccati al denaro, ascoltavano tutte queste cose e si facevano beffe di lui. Egli disse loro: «Voi siete quelli che si ritengono giusti davanti agli uomini, ma Dio conosce i vostri cuori: ciò che fra gli uomini viene esaltato, davanti a Dio è cosa abominevole».
Parola del Signore

Venerdì 06 Novembre della XXXI settimana del Tempo Ordinario - Vangelo del Giorno

Vangelo
Lc 16,1-8I
figli di questo mondo verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce.

+ Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli: «Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”. L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”. Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”. Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce».
Parola del Signore

giovedì 5 novembre 2009

Giovedì 05 Novembre della XXXI settimana del Tempo Ordinario - Vangelo del Giorno

Vangelo
Lc 15,1-10
Vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte.

+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».
Parola del Signore

lunedì 2 novembre 2009

Martedì della XXXI settimana del Tempo Ordinario - Vangelo del Giorno

Vangelo
Lc 14,15-24
Esci per le strade e lungo le siepi e costringili ad entrare, perché la mia casa si riempia.

+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, uno dei commensali, avendo udito questo, disse a Gesù: «Beato chi prenderà cibo nel regno di Dio!». Gli rispose: «Un uomo diede una grande cena e fece molti inviti. All’ora della cena, mandò il suo servo a dire agli invitati: “Venite, è pronto”. Ma tutti, uno dopo l’altro, cominciarono a scusarsi. Il primo gli disse: “Ho comprato un campo e devo andare a vederlo; ti prego di scusarmi”. Un altro disse: “Ho comprato cinque paia di buoi e vado a provarli; ti prego di scusarmi”. Un altro disse: “Mi sono appena sposato e perciò non posso venire”. Al suo ritorno il servo riferì tutto questo al suo padrone. Allora il padrone di casa, adirato, disse al servo: “Esci subito per le piazze e per le vie della città e conduci qui i poveri, gli storpi, i ciechi e gli zoppi”. Il servo disse: “Signore, è stato fatto come hai ordinato, ma c’è ancora posto”. Il padrone allora disse al servo: “Esci per le strade e lungo le siepi e costringili ad entrare, perché la mia casa si riempia. Perché io vi dico: nessuno di quelli che erano stati invitati gusterà la mia cena”».
Parola del Signore

2 Novembre:Commemorazione di tutti i fedeli defunti

Fino a quando il Signore Gesù verrà nella gloria, e distrutta la morte gli saranno sottomesse tutte le cose, alcuni suoi discepoli sono pellegrini sulla terra, altri che sono passati da questa vita stanno purificandosi, altri infine godono della gloria contemplando Dio. Tutti però comunichiamo nella stessa carità di Dio. L’unione quindi di coloro che sono in cammino con i fratelli morti non è minimamente spezzata, anzi è conservata dalla comunione dei beni spirituali. La Chiesa fin dai primi tempi ha coltivato con grande pietà la la memoria dei defunti e ha offerto per loro i suoi suffragi. Nei riti funebri la chiesa celebra con fede il mistero pasquale, nella certezza che quanti sono diventati con il Battesimo membri del Cristo crocifisso e risorto, attraverso la morte, passano con lui alla vita senza fine. Si iniziò a celebrare la Commemorazione di tutti i fedeli defunti, anche a Roma, dal sec. XIV. (Mess. Rom.)
Martirologio Romano: Commemorazione di tutti i fedeli defunti, nella quale la santa Madre Chiesa, già sollecita nel celebrare con le dovute lodi tutti i suoi figli che si allietano in cielo, si dà cura di intercedere presso Dio per le anime di tutti coloro che ci hanno preceduti nel segno della fede e si sono addormentati nella speranza della resurrezione e per tutti coloro di cui, dall’inizio del mondo, solo Dio ha conosciuto la fede, perché purificati da ogni macchia di peccato, entrati nella comunione della vita celeste, godano della visione della beatitudine eterna.
A quanti sono morti "nel segno della fede" la Chiesa riserva un posto importante nella liturgia: vi è il ricordo quotidiano nella Messa, con il "memento" dei morti, e nell'Ufficio divino con la breve preghiera "Fidelium animae", e vi è soprattutto la celebrazione odierna nella quale ogni sacerdote può celebrare tre Messe in suffragio delle anime dei defunti. La commemorazione dei defunti, dovuta all'iniziativa dell'abate di Cluny, S. Odilone, nel 998, non era del tutto nuova nella Chiesa, poiché, ovunque si celebrava la festa di tutti i Santi, il giorno successivo era dedicato alla memoria di tutti i defunti. Ma il fatto che un migliaio di monasteri benedettini dipendessero da Cluny ha favorito l'ampio diffondersi della commemorazione in molte parti dell'Europa settentrionale. Poi anche a Roma, nel 1311, venne sancita ufficialmente la memoria dei defunti.Il privilegio delle tre Messe al 2 novembre, accordato alla sola Spagna nel 1748, fu esteso alla Chiesa universale da Benedetto XV nel 1915. Si è voluta così sottolineare una grande verità, che ha il suo fondamento nella Rivelazione: l'esistenza della Chiesa della purificazione, posta in uno stato intermedio tra la Chiesa trionfante e quella militante. Stato intermedio ma temporaneo, "dove l'umano spirito si purga e di salire al ciel diventa degno", secondo l'efficace immagine dantesca. Nella prima lettera ai Corinti S. Paolo usa l'immagine di un edificio in costruzione.
Scopo della commemorazione di tuttii defunti in passato era quello disuffragare i morti; di qui le Messe, la novena,l’ottavario, le preghiere al cimitero.Questo scopo naturalmente rimane;ma oggi ne avvertiamo un altro altrettantourgente: creare nel corso dell’announ’occasione per pensare religiosamente,cioè con fede e speranza, allapropria morte. Spezzare la congiura delsilenzio riguardo a essa.Quando nasce un uomo, diceva sant’Agostino,si possono fare tutte le ipotesi:forse sarà bello, forse sarà brutto;forse sarà ricco, forse sarà povero, forsevivrà a lungo, forse no. Ma di nessunosi dice: forse morirà, forse non morirà.Questa è l’unica cosa assolutamentecerta della vita. Quando sentiamo chequalcuno è malato di idropisia (al tempodel santo, questa era la malattia incurabile),diciamo: "Poveretto, devemorire; è condannato, non c’è rimedio!". Ma non dovremmo, aggiunge, direla stessa cosa di ogni uomo che nasce:"Poveretto, deve morire, non c’è rimedio"? Un poeta spagnolo dell’Ottocento,Gustavo Bécquer, paragona la vitaumana all’onda che il vento spingesul mare e che avanza vorticosamentesenza sapere su quale spiaggia andrà ainfrangersi; a una candela prossima aesaurirsi, che brilla in cerchi tremolanti,ignorando quale di essi per ultimobrillerà; e conclude: "Così sono io chemi aggiro per il mondo, senza pensare,da dove vengo, né dove i miei passi micondurranno". Questa percezione mesta, a voltetragica, della morte è comune a tutti,credenti e non, ma la fede cristiana hauna parola nuova e risolutiva, che oggidovrebbe risuonare nella Chiesa enei cuori, una cosa semplice e grandiosa:che la morte c’è, che è il più grandedei nostri problemi, ma che Cristo havinto la morte! La morte non è più lastessa di prima, un fatto decisivo è intervenuto.Essa ha perso il suo pungiglione,come un serpente il cui velenoè capace solo di addormentare la vittimaper qualche ora, ma non di ucciderla."La morte è stata ingoiata per la vittoria.Dov’è, o morte, la tua vittoria?Dov’è, o morte, il tuo pungiglione?"(1Cor 15,55). Il cristianesimo non si fa strada nellecoscienze con la paura della morte, macon la morte di Cristo. Gesù è venuto aliberare gli uomini dalla paura dellamorte (cfr. Eb 12,14), non ad accrescerla.Ai cristiani angustiati per la morte dialcuni cari, san Paolo scriveva: "Fratelli,non vogliamo lasciarvi nell’ignoranzacirca quelli che sono morti, perché noncontinuiate ad affliggervi come gli altriche non hanno speranza. Noi crediamoinfatti che Gesù è morto e risuscitato;così anche quelli che sono morti, Dio liradunerà per mezzo di Gesù insiemecon lui... Confortatevi, dunque, a vicendacon queste parole" (1Tes 4,13ss). Ma come ha vinto la morte Gesù?Non evitandola o ricacciandola indietro,come un nemico da sbaragliare. Masubendola, assaporandone tutta l’amarezza.Non abbiamo davvero un sommosacerdote che non sappia compatirela nostra paura della morte! Tre voltenei vangeli si legge che Gesù pianse e,di queste, due furono per un morto. NelGetsemani egli ha provato, come noi,“paura e angoscia” di fronte alla morte. Che cosa è successo, una volta cheGesù ha varcato la soglia della morte?L’uomo mortale nascondeva dentro disé il Verbo di Dio, che non può morire.Una breccia è stata aperta per sempre attraversoil muro della morte. Grazie aCristo, la morte non è più un muro davantial quale tutto si infrange; è un passaggio,cioè una Pasqua. È una specie di“ponte dei sospiri”, attraverso il quale sientra nella vita vera, quella che non conoscela morte. Confortiamoci a vicenda,anche noi, con queste parole.
Fonte:www.santiebeati.it